CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 10249 del 18 maggio 2016
LAVORO – SETTORE CREDITIZIO – CONCESSIONE DEL SERVIZIO DI RISCOSSIONE TRIBUTI – RISTRUTTURAZIONE DELLE ATTIVITA’ ESATTORIALI – DIRITTO DI OPZIONE
Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 7.2.13 la Corte d’appello di Torino rigettava il gravame di I. S. S.p.A. (già Banca Intesa S.p.A.) contro la sentenza con cui il Tribunale subalpino aveva riconosciuto il diritto dei controricorrenti di cui in epigrafe ad esercitare l’opzione prevista dall’Accordo del 25.5.2001 siglato con le organizzazioni sindacali dalla C. B. S.p.A., società controllante la G. S.p.A., poi divenuta G. L. S.p.A., società concessionaria del servizio nazionale di riscossione dei tributi della quale erano dipendenti gli attuali intimati. Tale accordo prevedeva che ove, per qualsiasi causa, fosse venuto meno in capo alla società C. B. S.p.A. il servizio di riscossione e il subentrante non fosse stato un soggetto controllato da uno o più gruppi creditizi, i dipendenti avrebbero potuto a loro richiesta essere assunti presso una società del gruppo C. appartenente all’area del credito. L’accordo era stato poi recepito e ratificato dalla San Paolo IMI S.p.A. allorché, a far tempo dal 1°.6.2002, la C. S.p.A. e la sua controllata G. S.p.A. (poi G. L. S.p.A.) erano passate sotto il suo controllo.
Successivamente, a decorrere dal 10.10.06, a seguito delle disposizioni di cui all’art. 3 d.l. 30.9.2005 n. 203, convertito nella legge n. 248/2005, era venuto meno il sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione, in quanto le relative funzioni erano state attribuite all’Agenzia delle Entrate, che le esercitava attraverso la società Riscossione S.p.A., che aveva costituito unitamente all’INPS.
Statuivano i giudici d’appello che si erano verificate le condizioni previste dal predetto accordo per l’esercizio del diritto d’opzione in esame, in quanto era venuta meno la concessione alla società G. S.p.A. (poi G. L. S.p.A.) e nel controllo di questa era subentrato un soggetto non appartenente all’area del credito, per cui poteva essere confermata la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il diritto dei dipendenti a richiedere l’assunzione presso una società del gruppo S. appartenente al settore creditizio.
Per la cassazione della sentenza ricorre I. S. S.p.A. (già Banca Intesa S.p.A.), in qualità di incorporante di S. I. S.p.A., affidandosi a due motivi.
Gli intimati resistono con controricorso, poi ulteriormente illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1 – Col primo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ., la ricorrente contesta la decisione impugnata nella parte in cui è stata respinta l’eccezione di carenza di interesse ad agire dei lavoratori. Tale eccezione era stata sollevata nel giudizio di merito al fine di evidenziare la mancanza del pregiudizio paventato dai medesimi lavoratori di dover rendere la loro prestazione, a seguito delle operazioni di avvicendamento societario, in favore di una compagine, quale era la concessionaria del servizio di riscossione dei tributi G. L. S.p.A., non controllata da un gruppo bancario. I lavoratori avevano sostenuto che l’appartenenza ad una società del settore creditizio avrebbe loro garantito una maggiore tutela lavorativa, ragione per la quale era stato loro riconosciuto, in sede di accordo sindacale, di poter optare per l’assunzione presso una società del Gruppo C. appartenente all’area del credito qualora fosse venuta meno in capo alla stessa società il servizio di riscossione dei tributi ed il subentrante non fosse stato un soggetto controllato da uno o più gruppi creditizi. Sostiene, invece, l’odierna ricorrente che la Corte territoriale abbia erroneamente rigettato la predetta eccezione, posto che agli attuali intimati non derivava alcun nocumento dal fatto di rendere la prestazione lavorativa in favore della G. L. S.p.A., società, questa, idonea a garantire la tutela reale, anche se non controllata da un gruppo bancario, così come nessun vantaggio i medesimi potevano ricavare dall’appartenenza ad un gruppo bancario.
Il motivo è infondato.
Invero, come questa Corte ha già avuto occasione di precisare più volte (cfr., da ultimo, Cass. n. 12893/15), in tema di azione di mero accertamento l’interesse ad agire postula che colui che agisce si qualifichi titolare di diritti o di rapporti giuridici e non anche l’attualità della lesione del diritto poiché è sufficiente uno stato di incertezza oggettiva sull’esistenza di un rapporto giuridico o sull’esatta portata dei diritti e degli obblighi da esso scaturenti, dovendosi ritenere che la rimozione di tale incertezza non rappresenti un interesse di mero fatto ma un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l’intervento del giudice.
Ne consegue che correttamente la Corte territoriale ha rilevato che nel caso di specie i lavoratori avevano dedotto di vantare, sulla base di un accordo sindacale, un diritto (quello di opzione di cui sopra) nei confronti della società oggi ricorrente, che lo aveva contestato, sicché non v’è dubbio che sussista in capo a loro l’interesse ex art. 100 c.p.c. a farlo valere anche a prescindere dall’esistenza di un pregiudizio attuale.
L’incertezza della situazione giuridica determinatasi in conseguenza del venir meno del sistema di affidamento in concessione del servizio di riscossione tributi, dovuto al fatto che le relative funzioni erano state attribuite all’Agenzia delle entrate che le esercitava tramite altra società di riscossione, e le contestazioni mosse dalla resistente al diritto reclamato dai lavoratori non potevano non comportare un interesse di questi ultimi ad agire in giudizio ai fini dell’invocato accertamento.
2 – Col secondo motivo la società ricorrente censura l’impugnata sentenza per violazione delle norme di cui agli artt. 1362 e segg. cod. civ. in quanto contesta la correttezza della decisione della Corte di merito che ha riconosciuto il diritto degli attuali intimati all’esercizio dell’opzione prevista dall’Accordo del 25.5.2001. Sostiene al riguardo Intesa Sanpaolo S.p.A. che le finalità di tale accordo erano quelle di fornire una tutela nell’ipotesi in cui il venir meno della concessione avesse comportato una crisi occupazionale, ipotesi, questa, che nella fattispecie non si era verificata. Quindi, prosegue la ricorrente, l’ipotesi di Accordo del 25.5.2001 perseguiva la finalità specifica di tutelare l’occupazione, garantendo nel contempo i lavoratori dalle conseguenze del processo di ristrutturazione delle attività esattoriali, anche nel caso del venir meno della concessione a seguito del trasferimento della stessa ad altro soggetto.
Anche tale motivo è infondato, dovendo questa Corte dare continuità alla propria giurisprudenza che di recente ha già avuto modo di pronunciarsi su controversie del tutto analoghe fra la stessa I. S. S.p.A. ed altri lavoratori, sempre in relazione al citato Accordo del 25.5.2001 (v. Cass. n. 76/16).
In primo luogo deve osservarsi che la censura contiene solo una generica riproposizione delle argomentazioni avanzate nella precedente fase di merito del giudizio in ordine alla lettura delle clausole dell’accordo in questione, senza un’indicazione specifica delle ragioni per le quali la Corte d’appello si sarebbe discostata dai normali canoni legali ermeneutici di interpretazione delle stesse.
In secondo luogo, la Corte di merito – con motivazione immune da vizi logici o giuridici – ha dato risalto al significato letterale e logico delle espressioni adoperate nella prima parte della clausola 8.2.2 sulla quale si radica il diritto reclamato dai lavoratori, mentre le finalità occupazionali di cui parla la ricorrente attengono propriamente alla clausola 8.2.1 dell’ Accordo del 25.5.2001. Infatti, la clausola 8.2.2. di tale Accordo prevede che qualora il subentrante nella concessione ovvero nel controllo della società G. S.p.A. sia un soggetto non controllato da uno o più gruppi creditizi, fino al 31.12.2004, il personale di quest’ultima (in servizio con contratto di lavoro a tempo indeterminato alla data del 1°.1.2001), su richiesta, sarà assunto presso una società del gruppo C. appartenente all’area del credito. Nella restante parte della stessa clausola si specifica che dal 1°.1.2005 al 31.12.2010 la facoltà di cui sopra sarà subordinata alla condizione che non siano contestualmente in corso, nell’ambito del Gruppo C., procedure legali o contrattuali che prevedano riduzioni di organico, da realizzare in misura superiore al 4% dell’organico complessivo tempo per tempo in servizio con contratto a tempo indeterminato nel Gruppo stesso. Inoltre, la Corte di merito ha adeguatamente chiarito che l’ipotesi contemplata dal predetto Accordo del venir meno della concessione si era realmente verificata, in quanto nel controllo della società G. S.p.A. era subentrata la S.p.A. Riscossione, società costituita dall’Agenzia delle Entrate e dall’INPS che non era controllata da uno o più gruppi creditizi.
Orbene, il diritto di opzione reclamato dai lavoratori si radica sulla corretta lettura della portata della citata clausola 8.2.2., tesa a garantire ai medesimi una maggiore tutela rispetto alle conseguenze del processo di ristrutturazione delle attività esattoriali, nonché sulla situazione di fatto, prevista dal citato Accordo e realmente verificatasi, così come adeguatamente scrutinata dalla Corte di merito, per cui la sentenza impugnata non merita alcuna censura.
3 – In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura complessiva di € 7.000,00 per compensi professionali e di € 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater d.P.R. n. 115/2002, come modificato dall’art. 1 co. 17 legge 24.12.2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1 bis dello stesso articolo 13.
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