Corte di Cassazione sentenza n. 16689 depositata il 24 maggio 2022
costi per servizi infragruppo – deducibilità – onere della prova
Rilevato che:
nelle controversie originate dalle impugnazioni da parte della B.I. s.r .l. di avvisi di accertamento, relativi a IRES e a IRAP degli anni di imposta 2009, 2010, 2011 e 2012 (con i quali erano stati ripresi a tassazione, perché non inerenti, costi derivanti dall’applicazione delle percentuali da riconoscere al fornitore infragruppo a titolo di commissioni per l’acquisto dei prodotti, e contestata, solo per gli anni 2011 e 2012, la sottofatturazione di ricavi), la Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, e previa riunione degli appelli proposti avverso le distinte decisioni di primo grado, le riformava, dichiarando la legittimità degli avvisi di accertamento limitatamente alle riprese dei costi non inerenti.
Il Giudice di appello, premesso che era passato in giudicato l’annullamento del rilievo concernente le sottofatturazioni, in quanto non oggetto di specifico motivo di impugnazione, nel resto, confermava l’accertamento, nel merito, ritenendo di non potere addivenire alla tesi della contribuente in quanto non conforme ai principi fissati dal codice civile in materia di bilancio.
Riteneva, infine, di non potere affrontare le questioni relative alle sanzioni in quanto la contribuente non aveva indicato quale sarebbe stata la minore somma erogabile se l’Ufficio avesse applicato l’istituto della continuazione.
Avverso la sentenza la B.I. s.r.l. ha proposto ricorso articolato in cinque motivi.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale su due motivi , cui replica la società con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis-1 cod.proc.civ.
Considerato che:
1. con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente non essendo evincibile il percorso logico giuridico seguito per giungere alla conclusione di ritenere antieconomico il comportamento della
1.1 La censura è infondata. La motivazione della sentenza impugnata, pur nella sua stringatezza, esplicita le ragioni poste a base del convincimento del Giudice di appello.
2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art.360, primo comma, num. 5 cod .civ., l’omesso esame di un fatto, decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti, costituito dall’accordo stipulato tra la P. S.p.A. e la B.B. service B.V. da cui si evinceva che il prezzo praticato per la vendita di prodotti a società estranea al Gruppo Bakker era mediamente superiore del 25% rispetto a quello applicato a B.I. srl.
3. Con il terzo motivo si deduce la violazione degli 109, comma 5, del TUIR e 2697 cod.civ.
Secondo la prospettazione difensiva la C.T.R. nel ritenere legittimo il disconoscimento dei costi sostenuti dalla Società nel suo rapporto con il socio olandese, ai sensi dell’art,109, quinto comma, del TUIR aveva erroneamente interpretato e applicato detta norma e, in particolare, il concetto di inerenza.
4. Le censure possono trattarsi congiuntamente in quanto connesse e sono infondate. Appare utile rammentare, in fatto, che, per come risulta incontestato in atti, la ripresa a tassazione concerne dei costi ritenuti indeducibili dall’Amministrazione Nello specifico, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto antieconomico il comportamento della contribuente la quale, in virtù di una clausola contenuta nel contratto (Exclusive co-operation Agreement) stipulato tra la stessa e la Baker Hillegom B.V. (società di diritto olandese socia ricorrente e, come questa, controllata dalla Holdingmij voor de Tuin B.V.) corrispondeva, alla seconda, commissioni pari ad una percentuale sul fatturato e, quindi, anche sull’importo delle spese di trasporto dei prodotti che la B.I. sosteneva in proprio e riversava sui clienti finali e ciò malgrado i risultati economici di esercizio fossero tali da consentire solo di sopperire ai costi.
4.1 Secondo un’impostazione ampiamente condivisa (ben illustrata da Cass.8.3.2021 n.19373) da questa Corte, in materia di costi c. d. infragruppo, laddove la società capofila di un gruppo di imprese decida di fornire servizi o curare direttamente le attività di interesse comune alle società del gruppo, ripartendone i costi tra di esse, al fine di coordinare le scelte operative delle aziende formalmente autonome e ridurre i costi di gestione, l’onere della prova in ordine all’esistenza e all’inerenza dei costi sopportati grava sulla società che affermi di aver ricevuto il servizio, occorrendo, affinché il corrispettivo riconosciuto alla capogruppo sia deducibile e detraibile, che la controllata tragga dal servizio remunerato un’effettiva utilità e che quest’ultima sia obiettivamente determinabile ed adeguatamente documentata (Cass. Sez. 5, 14/12/2018, n. 32422; Cass. Sez. 5, 23/11/2015, n. 23027).
La deducibilità è, pertanto, subordinata all’effettività e inerenza della spesa in ordine all’attività di impresa esercitata dalla controllata e al reale vantaggio che ne sia derivato a quest’ultima sulla quale grava l’onere di specifica allegazione degli elementi necessari per determinare l’utilità effettiva o potenziale dei costi sostenuti per ottenere i servizi prestati dalla controllante (Cass. Sez. 5, 4 marzo 2020, n. 6820; Cass., Sez. 5, 4/10/2017 n. 23164).
Alla stregua di tale premessa, questa Corte ha ritenuto che ove, come nel caso di specie, i costi della cui deducibilità si controverte scaturiscano da accordi (cast sharing agreements), non può ritenersi sufficiente l’esibizione del contratto riguardante le prestazioni di servizi forniti dalla controllante alle controllate e la fatturazione dei corrispettivi, richiedendosi, al contrario, la specifica allegazione di quegli elementi necessari per determinare l’utilità effettiva o potenziale conseguita dalla consociata che riceve il servizio (Cass., Sez. 5, 18/7/2014, n. 16480; in termini analoghi v. anche Cass. Sez. 5, 28/6/2019, n. 17535).
In generale, poi, Cass. Sez. 5 05/12/2018 n. 31405, in tema di onere probatorio, ha statuito che < <con riferimento ai costi infragruppo, qualora la società capofila, al fine di coordinare le scelte operative delle imprese formalmente autonome e di ridurre i costi di gestione attraverso economie di scala, fornisca servizi o curi direttamente attività di interesse comune alle società affiliate, ripartendo i costi tra queste ultime, l’onere della prova in ordine all’esistenza e all’inerenza dei costi sopportati incombe sulla società che affermi di avere ricevuto il servizio, occorrendo, affinché il corrispettivo riconosciuto alla capogruppo sia deducibile, che la controllata tragga dal servizio remunerato un’effettiva utilità e che quest’ultima sia obiettivamente determinabile e adeguatamente documentata>>.
Infine, in ordine al concetto di inerenza, ma sempre in fattispecie relativa a operazioni infragruppo, Cass.Sez. 5 30/05/2018 n. 13588 ha specificato che < <in tema di deducibilità dei costi, l’inerenza, desumibile dall’art. 109, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986 (in precedenza, art.75, comma 5, del detto decreto), deve essere riferita all’oggetto sociale dell’impresa, in quanto non integra un nesso di tipo utilitaristico tra costo e ricavo, bensì una correlazione tra costo ed attività di impresa, anche solo potenzialmente capace di produrre reddito imponibile, ma – a differenza di quanto avviene ai fini della detrazione dell’IVA, rispetto alla quale il concetto ha valenza esclusivamente qualitativa – nelle imposte dirette l’antieconomicità di una spesa, ossia la sproporzione sul piano quantitativo, può costituire significativo sintomo della non inerenza della stessa.
4.2 Alla luce dei principi illustrati dei quali la C.T.R. ha fatto corretta applicazione, ravvisando il difetto di inerenza nel comportamento antieconomico tenuto dalla Società non altrimenti giustificabile, la contribuente non ha fornito idonea prova contraria, tale non potendosi ritenere, per l’estraneità all’oggetto della presente controversia, la comparazione dei prezzi praticati a società esterna al Ne consegue, l’infondatezza anche del secondo motivo di ricorso non ravvisandosi la decisività del fatto il cui esame sarebbe stato omesso dal Giudice di appello.
4.Con il quarto motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art.112 cod.proc.civ. nonché del principio di diritto vivente circa la natutra di “impugnazione.merito” ascrivibile al processo tributario Omessa pronuncia sulle questioni ed eccezioni, riproposte con le controdeduzioni in appello, circa l’istituto della continuazione e delle sanzioni amministrative nelle nuove percentuali rimodulate dal dlgs. 1587/2015 in virtù degli artt.3, comma 3 e 12, comma 5, d.lgs.18.12.1997 n.472 e del principio generale del favor rei.
5 In subordine, al mancato accoglimento del precedente motivo, con il quinto mezzo di impugnazione la ricorrente deduce le medesime doglianze di cui al quarto sotto il profilo della violazione di legge.
6.II quarto motivo di ricorso è fondato con assorbimento del quinto. Sul punto, in tema di sanzioni, la C.T.R., pur in presenza di domanda della contribuente, avanzata sin dal ricorso introduttivo e ribadita in appello ha sostanzialmente statuito un no liquet, venendo meno all’obbligo di pronunciare nel merito della domanda come impostogli dalla natura di impugnazione-merito del processo tributario (cfr., tra le altre, di recente, ordinanza n. 29364 del 23/12/2020; id. n.39660 del 13/12/2021).
7. Il ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate.
7.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale l’Agenzia delle entrate deduce la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art.360, primo comma, num.4 cod .proc. civ., per avere la C.T.R. rilevato che sull’annullamento del rilievo, disposto dal primo Giudice, concernente le sottofatturazioni fosse intervenuto il giudicato in mancanza di specifica impugnazione, sul punto, da parte dell’Agenzia delle entrate con l’atto di appello.
7.2 Con il secondo motivo si deduce, con riguardo allo stesso capo di sentenza, la nullità per motivazione meramente apparente.
7.3 Il ricorso incidentale è Dagli atti del giudizio (sentenza della Commissione di primo grado, appello dell’Agenzia delle entrate), debitamente riportati in controricorso, emerge che l’impugnazione dell’Agenzia delle entrate investiva integralmente la decisione di primo grado, censurando l’unica ratio decidendi sulla quale la stessa era fondata e si concludeva chiedendo, a integrale riforma della sentenza impugnata, la conferma integrale degli avvisi di accertamento.
7.4 La sentenza impugnata che, sul punto, ha ritenuto essere intervenuto il giudicato per mancanza di motivo di appello specifico appare, pertanto, errata onde merita la cassazione .
8. I n conclusione, in accoglimento del solo quarto motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.T.R. della Lombardia-Milano, in diversa composizione, cui si demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo del ricorso principale e il ricorso incidentale;
cassa la sentenza impugnata, nei limiti dei motivi accolti, e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, Sez.Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
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