CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 giugno 2020, n. 13085
Tributi – Costi infragruppo – Spese di regia – Deducibilità – Condizioni
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso affidato a due motivi contro la R. s.r.l. e l’A. s.r.l. per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 80/27/12, pronunciata il 2.12.2011 e depositata il 29.6.2012, concernente l’impugnativa da parte delle anzidetta società degli avvisi di accertamento relativi ai redditi recuperati a tassazione per l’anno 2004, per IVA, IRPEG ed IRAP notificati loro dall’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Gallarate.
2. Con la sentenza impugnata, la C.T.R. anzidetta aveva confermato la decisione con cui la C.T.P. di Varese aveva accolto il ricorso delle contribuenti, disattendendo i rilievi dell’Ufficio che aveva contestato la deducibilità di costi per complessivi 457.470,00 euro, ritenuti non documentanti e/o non inerenti.
3. Entrambe le società resistono con controricorso.
4. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio dell’8 novembre 2019, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod.proc.civ.
Motivi della decisione
1. Con due distinti motivi l’Agenzia deduce un medesimo vizio di “motivazione insufficiente su fatto decisivo e controverso in relazione all’art. 360, comma 1, numero 5), cod. proc. civ.”.
1.1 Con il primo motivo lamenta che la C.T.R. avrebbe trascurato di analizzare le prestazioni concretamente fatturate e, soprattutto, la rilevanza delle prove documentali, omettendo di motivare adeguatamente sulle ragioni della fondatezza e della rilevanza delle prove sull’inerenza dei costi dedotti da R. s.r.l., confermando e non contestando invece l’astratta ammissibilità del criterio di riparto dei costi infragruppo basato sul fatturato di ciascuna società e la concreta applicazione del medesimo criterio.
1.3. Con il secondo motivo lamenta la carenza motivazionale in ordine alla indeducibilità dei costi addebitati a R. s.r.l. per manutenzione software, rilevando che la C.T.R., pur tenendo conto dell’effettività del pagamento dei costi da parte della capogruppo, avrebbe omesso di analizzare i benefici per i quali R. s.r.l. sosteneva costi notevoli oltre a quelli di manutenzione già a suo carico.
3. Entrambi i motivi, suscettibili di esame congiunto per evidente connessione, appaiono meritevoli di accoglimento.
3.1. Va preliminarmente evidenziato che nella specie l’ufficio finanziario aveva contestato la deducibilità dei costi sostenuti dalla soc. R. per€ 398.000,00 relativi a prestazioni di servizio rese e/o acquisite presso terzi dalla capogruppo A.F. (già A. S.A.) e fatturate e/o riaddebitate alla società italiana. Detti servizi, forniti o acquisiti nell’interesse complessivo del gruppo, risultavano ripartiti tra le varie consociate in proporzione del fatturato di ciascuna di esse, ma dalla documentazione esibita della società non era possibile evincere né quali fossero state, in concreto, le prestazioni, né l’effettiva inerenza di esse rispetto all’attività esercitata dell’impresa italiana.
3.2. La C.T.R. ha ritenuto viceversa che dalla lettura del contratto, dai reports mensili di sintesi delle attività svolte, dalle schede di rendiconto dei costi complessivi ripartiti tra le società partecipanti emergeva che le società del gruppo, pur non avendo autonome strutture amministrative, producevano ricavi e risultavano attive, talché le società appellanti avevano assolto all’onere di documentare la misura dell’inerenza dei costi, con riferimento all’attività svolta. La C.T.R. ha poi ritenuto che risultavano indicati i criteri di ripartizione dei costi generali riaddebitati e che comunque detti costi avevano comportato un vantaggio o un beneficio non occasionale in capo alla collegata, così che gli adempimenti indicati nel contratto risultavano correlati e necessari all’esercizio dell’attività della società e, pertanto, deducibili in quanto costi effettivamente dovuti in base al contratto. I giudici di appello hanno in sostanza ritenuto che detti costi presentavano i requisiti dell’inerenza, della certezza e della determinabilità, avendo la contribuente prodotto le fatture della società di manutenzione ed allegato il criterio di ripartizione.
3.3. Orbene, costituisce ius receptum il principio secondo cui – qualora la società capofila di un gruppo d’imprese, al fine di coordinare le scelte operative delle aziende formalmente autonome e di ridurre i costi di gestione attraverso economie di scala, fornisca servizi e curi direttamente le attività di interesse comune alle società del gruppo ripartendone i costi fra le affiliate – l’onere della prova in ordine all’esistenza ed all’inerenza dei costi sopportati incombe sulla società che affermi di aver ricevuto il servizio e, affinché il corrispettivo riconosciuto alla capogruppo sia deducibile ai fini delle imposte dirette e l’IVA contestualmente assolta sia detraibile, occorre che la controllata tragga dal servizio remunerato un’effettiva utilità e che quest’ultima sia obiettivamente determinabile e adeguatamente documentata (cfr. Cass. n. n. 31405/18; n. 23164/17; n. 16480/14; n. 26851/09).
1.4. In quest’ottica, è possibile affermare che spetta al contribuente, secondo i criteri generali, fornire tutti gli elementi atti a supportare la deducibilità dei costi sostenuti per ottenere i servizi prestati dalla controllante, tra i quali l’effettiva utilità dei costi stessi per la controllata, anche se a quei costi non corrispondano direttamente ricavi in senso stretto (cfr. Cass. n. 32422/18; n. 23164/17; n. 8808/12; n. 14016/99).
1.5. Va precisato che ciò che rileva al riguardo non è tanto la forfetizzazione percentuale dei costi riaddebitati dalla capogruppo alle controllate, ma il metodo di imputazione tra costi e servizi che qualora risulti poco chiaro può rendere difficile la valutazione del beneficio ottenuto.
1.6. Ne deriva la legittimità della prassi amministrativa (Circ.Mef. n.32/9/2267 del 22 settembre 1980) che fondatamente subordina la deducibilità dei costi derivanti accordi contrattuali sui servizi prestati dalla controllante (cosi sharing agreements) all’effettività e all’inerenza della , spesa all’attività d’impresa esercitata dalla controllata e al reale vantaggio che deriva a quest’ultima, senza che rilevino in proposito quelle esigenze di controllo della capogruppo, peculiari della sua funzione di shareholder (Cass. n. 31405/18).
1.7. In siffatta prospettiva non è sufficiente l’esibizione del contratto riguardante le prestazioni di servizi fornite dalla controllante alle controllate e la fatturazione dei corrispettivi, dovendo emergere specificamente quegli elementi necessari per determinare l’utilità effettiva o potenziale conseguita dalla consociata che riceve il servizio.
1.8. Nella specie, con riguardo ai servizi concretamente forniti alla società contribuente dalla consociata estera, manca una specifica selezione e disamina dei documenti prodotti dalla contribuente, ritenuti rilevanti ai fini del decidere, essendosi limitata, la C.T.R. ad attribuire rilevanza al solo contratto relativo ai servizi infragruppo ed alla documentazione che sarebbe stata prodotta dalla contribuente, senza alcun approfondimento al riguardo idoneo a superare la genericità delle fatture, non indicanti specificamente la prestazione dei servizi a fronte dei quali la erogazione sarebbe avvenuta.
1.9. La C.T.R. non ha quindi dato corretta applicazione ai principi dianzi illustrati, poiché non ha indicato gli elementi probatori, che dovevano essere forniti dalla contribuente, a dimostrazione dell’inerenza e della utilità economica dei costi in contestazione, limitandosi a considerazioni, del tutto sganciate dai complessi criteri di valutazione che le contestazioni sui «costi infragruppo». Inoltre, avendo riconosciuto la deducibilità dei suddetti costi sulla base della sola documentazione del contratto infra-gruppo (quanto mai generico), senza alcuna valutazione del reale vantaggio conseguito dalla controllata dell’effettiva utilità tratta dalla medesima oltre che in assenza di adeguata documentazione o di informazioni complementari fornite dalla contribuente, non si è dunque conformata ai principi dianzi illustrati (cfr. Cass. 21446/14 e n. 22940/18).
Il ricorso va pertanto accolto; la sentenza impugnata va cassata con rinvio degli atti al giudice a quo, in diversa composizione, per nuovo esame della vicenda e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia gli atti alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di giudizio.
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