CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 10812 depositata il 25 maggio 2016
TRIBUTI – TARSU – ESENZIONE DALLA TASSA
FATTO
Con sentenza n. 70/02/12, depositata il 21.8.2012 la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo accoglieva l’appello proposto dalla società S. S. C. s.p.a., avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di L’Aquila n. 102/03/2010, annullando l’avviso di accertamento relativa alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) per l’anno di imposta 2008, emesso dal Comune di Canistro.
Il Comune propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo i seguenti motivi;
a) nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. per omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità dell’appello della società, per mancanza di specifici motivi di impugnazione, sollevata dal Comune di Canistro;
b) violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. , 40 D.lgs 507/93, 11 lett. b) del regolamento Tarsu del Comune di Canistro per avere ritenuto sufficiente la documentazione di parte (MUD o 740 ecologico) e i relativi registri di carico e scarico al fine di escludere la debenza della tassa, ritenendo accertata la produzione di rifiuti speciali superiori a quella prevista dal regolamento comunale ai fini della equiparazione dei rifiuti speciali a quelli urbani;
c) vizio di motivazione in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. non avendo la CTR chiarito le ragioni per le quali abbia attribuito al modello MUD e ai registri di carico e scarico valenza probatoria.
La società intimata si è costituita con controricorso.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 19.5.2016, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con riferimento al primo motivo di ricorso va evidenziato che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, il che non si verifica quando la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti il rigetto di tale pretesa anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (Sez. 1, Sentenza n. 10696 del 10/05/2007 (Rv. 596362) Sez. 5, Sentenza n. 4972 del 01/04/2003 (Rv. 561684).
Tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti, comunque, la reiezione anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia. (Sez. 2, Sentenza n. 20311 del 04/10/2011 (Rv. 619134).
Nel caso di specie, essendosi la CTR pronunciata in ordine ai motivi di impugnazione li ha, implicitamente, ritenuti non aspecifici.
2. Gli ulteriori motivi, logicamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente.
La questione controversa concerne l’esenzione dalla Tarsu, per l’anno 2007 della società intimata, dovendosi accertare se la predetta azienda, in base al regolamento comunale, produceva rifiuti speciali assimilabili agli urbani, quindi tassabili, oppure rifiuti speciali che, per qualità e quantità, non ne consentivano la tassazione.
Ulteriore tematica concerne la possibilità, nel primo caso, di sottrarsi alla privativa comunale, ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, per i produttori di rifiuti assimilati che dimostrino di aver avviato al recupero i rifiuti stessi e di usufruire di eventuali riduzioni o esenzioni nel caso in cui il servizio di raccolta, sebbene istituito ed attivato, non venga svolto nella zona ove è ubicato l’immobile aziendale,ovvero sia stato effettuato in modo irregolare.
Va premesso che l’art. 11, lett. b) del Regolamento del Comune di Canistro prevede l’assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi agli urbani se la “la loro produzione annua riferita alla superficie complessivamente utilizzata non superi Ì 10 kg/mq , ovvero 01 ,mc/mq”.
La CTR ha ritenuto che tali parametri fossero superati in forza della produzione del MUD 2008 e dei registri di carico e scarico ritenuti insufficienti a fornire la relativa prova dalla CTP in quanto documenti di parte e valutati, invece, documenti idonei a fornire la relativa prova dalla CTR, in forza della presunta rilevanza penale di tale documentazione.
Questa Corte ha già statuito, al riguardo, che per effetto dell’art. 17, comma terzo, della legge 24 aprile 1998, n. 128, che ha abrogato l’art. 39 della legge 26 febbraio 1994, n. 146, è venuta meno l’assimilazione “ope legis” ai rifiuti urbani di quelli provenienti dalle attività artigianali, commerciali e di servizi, purché aventi una composizione merceologica analoga a quella urbana, secondo i dettagli tecnici contenuti nella deliberazione CIPE del 27 luglio 1984, con la conseguenza che è divenuto pienamente operante l’art. 21, comma 2, lettera g), del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, che ha attribuito ai Comuni la facoltà di assimilare o meno ai rifiuti urbani quelli derivanti dalle attività economiche Pertanto, con riferimento alle annualità di imposta dal 1997 in poi, assumono decisivo rilievo le indicazioni proprie dai regolamenti comunali circa l’assimilazione dei rifiuti provenienti dalle attività economiche ai rifiuti urbani ordinari (Cass.Sez. 5, Sentenza n. 21342 del 07/08/2008; Cass Sez. 5, Sentenza n. 14816 del 18/06/2010).
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e quindi a partire da tale annualità d’imposta, era stato restituito ai comuni (Cass. nn. 18303/2004, 18382/2004) il potere di assimilare ai rifiuti urbani ordinari alcune categorie di rifiuti speciali, fra cui quelli prodotti da ditte commerciali, anche “per qualità e quantità” (art. 21, comma 2, lett. g).
A Tal fine sia il MUD che i registri di carico e scarico possono anche essere ritenuti elementi comprovanti il superamento della soglia stabilita dal Comune, in mancanza di specifica contestazione al riguardo, ai fini della esclusione dalla assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi agli urbani, ma tale circostanza, da sola, non è sufficiente ai fini della esclusione dalla tassazione, dovendo la società fornire la prova non solo della produzione di rifiuti speciali in misura superiore ai valori stabiliti dal Comune, ma anche di avere provveduto al loro effettivo smaltimento mediante ditte specializzate, producendo copia dei relativi contratti e/o delle relative fatture, in quanto ratio della esclusione della imposta, in tale caso, è di evitare una indebita duplicazione di costi in capo ai soggetti che producono tali rifiuti e che sono tenute a pagare ditte specializzate per il loro smaltimento in quantità maggiori di quelle previste dalla deliberazione comunale.
Il capo 3A del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, istituisce la tassa per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, svolto in regime di privativa dai comuni (art. 58);
L’art. 49 D.Lgs. n. 22 del 1997, ha istituito la “tariffa per la gestione dei rifiuti urbani” (usualmente denominata TIA, “tariffa di igiene ambientale”), in sostituzione della soppressa TARSU, prevedendo, in particolare, nella modulazione della tariffa, agevolazioni per la raccolta differenziata, “ad eccezione della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, che resta a carico dei produttori e degli utilizzatoli” (comma 10), e disponendo altresì che “sulla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua” detta attività (comma 14).
A maggior ragione tale documentazione deve ritenersi necessaria nel caso in cui la società richieda l’esenzione totale dalla Tarsu per il superamento dei limiti quantitativi, previsti dal Comune, ai fini dell’assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi a quelli urbani.
Va poi ricordato che i termini del regime transitorio per la soppressione della TARSU e l’operatività della TIA – regime introdotto dal D.P.R. n. 158 del 1999, modificato dalla L. n. 488 del 1999, art. 33, salva la possibilità per i comuni di introdurre in via sperimentale la TIA – hanno subito varie proroghe e che, infine, il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238 (recante “Norme in materia ambientale”) ha soppresso tale tariffa, sostituendola con una nuova – “tariffa integrata ambientale”, come definita dal D,L. n. 208 del 2008, convertito nella L. n. 13 del 2009, cd. TIA 2 -, e l’art. 264 ha abrogato l’intero D.Lgs. n. 22 del 1997 (sia pur prevedendo anche in questo caso una disciplina transitoria).
Per quanto interessa in questa sede, non è chiaro se il Comune di Canistro , almeno per l’anno in contestazione, abbia introdotto la “tariffa Ronchi” o abbia continuato ad applicare la TARSU.
Ed al riguardo va ribadito che, sia nel caso di TIA che di TARSU incombe all’impresa contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi alla documentazione relativa alle imprese specializzate incaricate di provvedere allo smaltimento dei rifiuti.
Tale prova, in base alle risultanze emerse, non è stata fornita dalla società che non può, quindi beneficiare né della esenzione della Tarsu, ne della sua riduzione nel diverso caso di assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani, essendo presupposto imprescindibile in entrambi i casi al fine di poter usufruire delle relative agevolazioni.
Va, conseguentemente rigettato il primo motivo di ricorso, accolti gli altri, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo.
La particolarità della questione costituisce giusto motivo per la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie gli altri, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio.
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