CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 11966 depositata il 10 giugno 2016
TRIBUTI – TARSU – IMMOBILI ADIBITI AD ALBERGHI – DELIBERA COMUNALE DI APPROVAZIONE DI TARIFFE NOTEVOLMENTE PIU’ ELEVATE RISPETTO A QUELLE PER CIVILE ABITAZIONE – LEGITTIMITA’
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Comune di Cefalù aveva notificato alla società E. di G.D.G. di P.D.G. s.a.s. un avviso di pagamento relativo alla Tarsu dovuta per l’anno 2009 chiedendo il pagamento della somma complessiva di € 82.520,00.
La società contribuente impugnò l’avviso di pagamento davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Palermo, la quale respinse il ricorso.
La società E. di G.D.G. di P.D.G. s.a.s. propose appello avverso la sentenza davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia la quale, pur ritenendo pienamente ammissibile la diversificazione delle tariffe tra esercizi alberghieri e locali adibiti a uso abitazione, riformava la sentenza di primo grado ed annullava l’avviso di pagamento in quanto il disposto aumento tariffario era illegittimo per eccesso di potere sotto il profilo della carenza di motivazione.
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Cefalù con un motivo e la società contribuente ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso il Comune di Cefalù lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 68 comma 2 D.L.gs 507 del 1993 in riferimento all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc perché il giudice di appello ha ritenuto illegittima l’applicazione di tariffe differenziate agli immobili adibiti ad alberghi rispetto a quelli adibiti a civile abitazione in assenza di motivazione.
A tal riguardo il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, comma 8 sancisce che la tariffa è determinata dagli enti locali.
Ne deriva che appare legittimo per un Comune introdurre una tariffa differenziata per fasce di utenza quella domestica e quella non domestica.
Sul punto si è espressa questa Corte con Sez. 5, Sentenza n. 5722 del 12/03/2007 per cui: “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime: la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce infatti un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore; i rapporti tra le tariffe, indicati dall’art. 69, comma secondo, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera, non vanno d’altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica (più recentemente vedi 6-5, Ordinanza n. 12859 del 23/07/2012).
In ordine al profilo dell’obbligo di motivazione della delibera comunale dell’ente locale che prevede una differenziazione tra civile abitazione ed esercizio alberghiero questa Corte ha affermato che (Sez. 5, Sentenza n. 7044 del 26/03/2014): “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui all’art. 65 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile “ex post”, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili”. (Sul punto anche si è pronunciata anche Cass. n. 22804 del 2006, ord. n. 26132 del 2011).
Per quanto sopra il ricorso deve essere accolto.
La sentenza deve essere cassata senza rinvio e la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cpc non richiedendo ulteriori accertamenti in punto di fatto, con rigetto del ricorso introduttivo.
Ricorrono giusti motivi per compensare fra le parti le spese dei gradi del giudizio di merito, stante l’evolversi della vicenda processuale, mentre le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della controricorrente stante la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo. Compensa le spese dei gradi di merito e condanna la società E. di G.D.G. di P.D.G. s.a.s. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 7.200,00 complessivamente oltre spese accessorie come per legge.
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