CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 17813 depositata il 19 luglio 2017
Fatti rilevanti e ragioni della decisione.
§ 1. Il Consorzio A.P.M. propone quattro motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 2/26/11 del 3 gennaio 2011 con la quale la commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. staccata di Messina, ha ritenuto legittimi (salvo che in punto sanzioni per omessa dichiarazione 2000-2002, già ritenute non dovute dal giudice di primo grado) gli avvisi di accertamento Ici notificatigli dal Comune di San Filippo del Mela a seguito di omessa, ovvero infedele, dichiarazione di immobili imponibili. La commissione tributaria regionale, pronunciando sui ricorsi riuniti, ha rilevato che: – quanto al presupposto oggettivo dell’imposizione, il Consorzio aveva in effetti omesso di dichiarare il possesso di immobili imponibili di cui aveva pacificamente la disponibilità: sia di quelli che aveva concesso in locazione finanziaria con contratti pluriennali risalenti al periodo ’92/’96, sia di quelli dedotti in una procedura di espropriazione per pubblica utilità ancora in corso; – quanto al presupposto soggettivo dell’imposizione, il Consorzio non aveva fornito la prova, posta a suo carico, dell’effettivo esercizio di attività non commerciale (articolo 7, 1^ comma, lett.i) d.lgs. 504/92). Resiste con controricorso il Comune di San Filippo del Mela.
§ 2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art.360, 1^ co. n. 3 cod.proc.civ. – violazione degli articoli 3, primo comma, e 1, secondo comma, d.lgs. 504/92; per avere la commissione tributaria regionale ritenuto dovuta l’Ici sugli immobili in oggetto, nonostante che essi non fossero in proprietà né in possesso del Consorzio; in quanto assoggettati ad una procedura espropriativa di urgenza non ancora addivenuta al decreto di trasferimento. Questa censura – concernente gli immobili indicati negli avvisi di accertamento come terreni ed aree fabbricabili, pacificamente dedotti in procedure di espropriazione per pubblica utilità – è fondata. La commissione tributaria regionale ha affermato l’imponibilità Ici dei medesimi sul presupposto che il Consorzio ne avesse la piena disponibilità e, anzi, il possesso (“mai messo in discussione anche se ancora non si era completata la procedura di esproprio”: sent. pag.7). Diversamente da quanto così ritenuto, difettava nella specie il presupposto oggettivo dell’imposizione, costituito dal possesso dell’immobile da parte di chi ne sia il proprietario, ovvero eserciti sul medesimo un diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie (art.3, 1^ co., d.lgs. 504/92). Nel caso in esame tale requisito non sussisteva, trattandosi di immobili ancora nella proprietà e nel possesso – nelle annualità di riferimento – degli originari titolari assoggettati a procedura di esproprio che il giudice di merito ha descritto come ancora in corso. Né l’imponibilità Ici degli immobili in questione poteva derivare dal fatto che il Consorzio ne avesse la detenzione in forza di occupazione temporanea d’urgenza; dal momento che quest’ultima condizione, quand’anche appurata: – non comportava l’acquisizione del ‘possesso’ dell’area da parte del Consorzio occupante; – non incideva sull’assetto reale del bene, che continuava a rimanere nella sfera patrimoniale del soggetto espropriando. Doveva dunque il giudice di appello fare applicazione dell’opposto principio di diritto, più volte affermato da questa corte di legittimità, in base al quale: “in tema di espropriazione, l’occupazione di urgenza, per il suo carattere coattivo, non priva il proprietario del possesso dell’immobile in quanto il bene, finché non interviene il decreto di esproprio o comunque l’ablazione, continua ad appartenere a lui – tanto che per tal motivo gli si riconosce un’indennità per l’occupazione – mentre nell’occupante, che riconosce la proprietà in capo all’espropriando, manca l”animus rem sibi ha bendi’, onde lo stesso è un mero detentore. Ne consegue che il proprietario é soggetto passivo dell’ICI ed è, quindi, obbligato a presentare la relativa dichiarazione, anche se l’immobile è detenuto da terzi” (Cass. nn. 21433/07; 4753/10; 19041/16; 21157/16).
§ 3. Con il secondo motivo di ricorso il Consorzio lamenta violazione del secondo comma dell’articolo 3 d.lgs. 504/92, come sostituito dall’articolo 58, primo comma, lettera a) d.lgs. 446/97; per avere la commissione tributaria regionale ritenuto dovuta l’Ici sugli immobili in oggetto, nonostante che essi fossero stati dal Consorzio concessi in locazione finanziaria, nell’ambito dei propri fini istituzionali, in forza di contratti debitamente registrati e trascritti tra il ’92 e il ’96 (con conseguente legittimazione impositiva passiva dei locatari). Anche questa censura, relativa ai fabbricati concessi in leasing dal Consorzio, è fondata. La commissione tributaria regionale ha ritenuto dovuta l’Ici sugli immobili in oggetto pur dopo aver dato atto che si trattava effettivamente di immobili concessi dal Consorzio in locazione finanziaria, quali beni strumentali destinati ad attività imprenditoriale; e ciò “con rituale atto pubblico e conseguente trascrizione”. Posto tale pacifico accertamento fattuale, doveva il giudice di appello fare applicazione di quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 3 d.lgs. 504/92, come risultante dalla modificazione di cui all’articolo 58 I. 446/97 cit. (entrata in vigore, il 1^ gennaio 1998, prima delle annualità di imposta fatte oggetto di accertamento), secondo cui: “Per gli immobili concessi in locazione finanziaria soggetto passivo e’ il locatario”. In quanto soggetti passivi Ici, erano pertanto i locatari – e non il concedente – a dover effettuare le dichiarazioni ed i versamenti di legge. Quanto all’addebito di mancata dichiarazione della variazione (concessione dell’immobile in locazione finanziaria) ex art.10, 4^ co., d.lgs. 504/92, il giudice di merito doveva ritenere fondata l’eccezione di decadenza opposta dal Consorzio; vertendosi di contestazione mossa dal Comune nel 2005 e, dunque, ben oltre il termine quinquennale di cui al quinto comma dell’articolo 14 d.lgs. 504/92, relativo alle violazioni non collegate all’ammontare del tributo; nella specie interamente dovuto, nelle annualità oggetto di verifica, da un soggetto diverso dal Consorzio.
§ 4. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione degli articoli 7, primo comma, lettera a) d.lgs. 504/92 e 31, comma 18, I. 289/02. Per non avere la commissione tributaria regionale considerato che il Consorzio aveva natura di ente pubblico non economico sottoposto alla vigilanza della Regione Sicilia, di cui costituiva organo strumentale; e che gli immobili in questione erano da esso utilizzati per lo svolgimento di compiti istituzionali (promozione dell’insediamento e dello sviluppo della piccola e media impresa industriale) affidatigli direttamente dalla Regione. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta – ex art.360, 1^ co. n. 5 cod.proc.civ. – insufficiente motivazione e mancata disamina dei motivi di appello proposti dal Consorzio in ordine alla carenza, nella specie, dei presupposti oggettivi e soggettivi di imposizione Ici. Si tratta di motivi di natura subordinata (v.conclusioni in ricorso, pagg.11, 12) che risultano assorbiti dalla ritenuta insussistenza – sulla base di quanto stabilito in accoglimento del primo del secondo motivo di ricorso – degli altri presupposti dell’imposizione Ici.
§ 5. Ne segue, in definitiva, la cassazione della sentenza impugnata. Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, né sono state dedotte altre questioni controverse, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art.384 cod.proc.civ., mediante accoglimento dei ricorsi introduttivi riuniti del Consorzio, di cui alla sentenza cassata. Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, vengono poste a carico del Comune di San Filippo del Mela in ragione di soccombenza. Le spese del giudizio di merito vengono invece compensate, anche in considerazione del consolidarsi soltanto in corso di causa del su riportato orientamento di legittimità.
Pqm
La Corte – accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; – cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie i ricorsi introduttivi riuniti del Consorzio A.P.M.; – pone le spese del presente giudizio di legittimità a carico del Comune di San Filippo del Mela, che liquida in euro 6.000,00, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge; compensa le spese del giudizio di merito.
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