CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 19761 depositata il 3 ottobre 2016
RICORSO – MANCANZA DI SOTTOSCRIZIONE DEL RUOLO
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.
1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 12, 4° comma, del D.P.R. n, 602/1973 in relazione all’art. 360, comma 1, punto 3) e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360, comma 1, punto 5) c.p.c., con riguardo al rigetto della “eccezione della mancanza di sottoscrizione del ruolo n° 2010/595 prevista dall’art. 12, 4° comma, del D.P.R. n. 602/73”.
2. Il motivo non è meritevole di accoglimento.
2.1. In primo luogo, vengono proposti cumulativamente due mezzi di impugnazione eterogenei (violazione di legge e vizio motivazionale), in contrasto con la tassatività dei motivi di ricorso ed il consolidato orientamento per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure, (ex plurimis, Cass. 5471/08, 9470/08, 19443/11, 21611/13, 19959/14, 22404/14, 25982/14, 26018/14, 5964/15, 6735/16, 7656/16,12926/16, 13729/16, 14257/16).
2.2. In secondo luogo, il vizio motivazionale viene dedotto secondo la vecchia formulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., mentre per le sentenze pubblicate dall’11 settembre 2012 (come quella impugnata) si applica l’attuale versione della norma, il cui presupposto è promesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.
2.3. In terzo luogo, è illogico censurare contemporaneamente la “omessa, insufficiente e contraddittona motivazione”, posto che l’insufficienza o contraddittorietà della motivazione postulano che essa non sia stata omessa.
2.4. Inoltre, la censura di violazione degli artt. 2697 c.c. e 12, comma 4, d.P.R. n. 602/73 non investe la ratio decidendi della sentenza, con cui la C.T.R. ha dichiarati) inammissibile l’appello quanto ad inefficacia (“per vari motivi”) della sottoscrizione del ruolo, in quanto “motivo nuovo” rispetto alla originaria contestazione della sua inesistenza (di qui il formarsi di un giudicato interno).
2.5. Anche volendo ritenere rituale la contestazione della suddetta statuizione incidentalmente svolta a pag. 6 del ricorso (che avrebbe dovuto integrare un autonomo motivo ex art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c.) – se ne rileva, per un verso, il difetto di autosufficienza (non risultando trascritta la memoria del 24.1.2012 depositata nel corso del giudizio di primo grado, ove veniva dedotto che: “non era individuato il titolare dell’Ufficio; il ruolo non risultava formato dal titolare dell’Ufficio; la firma di delega non era accompagnata dal deposito della delega stessa; la qualifica funzionale della Carmela perone non era indicata al fine della sua idoneità a ricevere la delega”), e per altro verso l’incongruenza, poiché nello sviluppo del motivo si continua a tare riferimento solo alla “inesistenza della sottoscrizione” (v. pag. 7 e 9).
3. Nel merito, il ricorso è comunque infondato.
4. Secondo l’art. 12, comma 4, D.P.R. n. 602/73, “il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell’ufficio o da un suo delegato”, e con la sottoscrizione “diviene esecutivo” (cioè costituisce titolo esecutivo); tuttavia, l’art. 1, comma 5-ter, lett. e), del D.L. n. 106/05, introdotto dalla legge di conversione n. 156/05, ha previsto che le disposizioni contenute nell’art. 12 cit., primo e quarto comma, “si interpretano nel senso che i ruoli, pur se non tributari, si intendono formati e resi esecutivi anche mediante la validazione dei dati in essi contenuti, eseguita, anche in via centralizzata, dal sistema informativo dell’amministrazione creditrice” (cfr. Cass. 23550/15, per cui l’innovazione ha portata retroattiva, trattandosi di legge interpretativa).
4.1. Mediante la suddetta “validazione”, il legislatore ha previsto quindi una procedura informatica che conferisce garanzia di autenticità del ruolo formato dall’Ufficio impositore, al termine del quale esso assume le caratteristiche di atto di provenienza certa dal titolare dell’Ufficio o da un suo delegato.
5. Secondo il costante insegnamento di questa Corte, il difetto di sottoscrizione del molo da parte del capo dell’ufficio non incide in alcun modo sulla validità dell’iscrizione a ruolo del tributo, poiché si tratta di atto interno e privo di autonomo rilievo esterno, trasfuso nella cartella da notificare al contribuente (Cass. 26053/15, 6199/15, 6610/13); del resto, anche la mancata sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto “quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacché l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge” (Cass. 4555/15, 25773/14, 1425/13, 11458/12, 13461/12, 6616/11, 4283/10, 4757/09 14894/08, 4923/07, 9779/03, 2390/00; cfr. Corte Cost. n. 117/00).
6. Inoltre, costituisce ius receptum il principio per cui, in mancanza di una sanzione espressa (e quindi diversamente dall’avviso di accertamento, che a norma degli artt. 42, d.P.R. n. 600/73 e 56, d.P.R. n. 633/72, è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato), opera la presunzione generale di riferibilità dell’atto amministrativo all’organo da cui promana, sicché, atteso il principio di tassatività delle nullità, tale sanzione non può trovare applicazione (Cass. 24492/15), come è stato specificamente affermato, oltre che per la cartella esattoriale (Cass. 13461/12), il diniego dì condono (Cass. 11458/12 e 220/14), l’avviso di mora (Cass. 4283/10) e l’attribuzione di rendita (Cass. n. 8248/06), anche per la omessa sottoscrizione del ruolo (Cass. 24322/14), non rinvenendosi alcuna sanzione di nullità nell’art. 12, ult.co., d.P.R. n. 602/73.
7. Anche sotto il profilo dell’onere probatorio è stato precisato che, a fronte di un atto che si presume riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, l’onere della prova diretta a vincere tale presunzione di legittimità grava sul contribuente (Cass. 24322/14), che non può limitarsi ad una generica contestazione della insussistenza del potere e/o della provenienza dell’atto, ma deve allegare elementi specifici e concreti (Cass. 6616/11), tenuto conto anche della “natura vincolata” degli atti meramente esecutivi, quali il ruolo e la cartella di pagamento, che non presentano in fase di formazione e redazione margini di discrezionalità amministrativa, con la conseguenza che va applicati) il generale principio di irrilevanza dei vizi di invalidità del provvedimento, ai sensi dell’art. 21-octies, L. n.241/1990, il quale impedisce l’annullabilità del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, il suo contenuto dispositivo non avrebbe comunque potuto essere diverso da quello in concreto adottato (Cass. 2365/13, che in una fattispecie di contestazione della legittimità dell’iscrizione a ruolo relativa ad lei, ha ritenuto irrilevanti i vizi denunziati di omesso deposito del provvedimento di nomina sindacale del funzionario che aveva sottoscritto il ruolo e di omessa documentazione dei requisiti professionali dello stesso).
8. In conclusione, il ricorso va respinto e, non avendo gli intimati svolto difese, non vi è necessità di statuizione sulle spese del presente giudizio, le quali restano a carico della parte soccombente che le ha anticipate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
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