CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 4275 del 4 marzo 21016

LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – PREVIDENZA – OMESSO VERSAMENTO – ENTE PUBBLICO – GESTIONE PREVIDENZIALE PUBBLICA – CONTRIBUTI MINORI ALL’INPS – SOCIETA’ PER AZIONI A PREVALENTE CAPITALE PUBBLICO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

1. Con sentenza depositata il 5.7.12 la Corte d’appello di Firenze rigettava il gravame dell’INPS contro la sentenza del Tribunale di Grosseto che aveva accolto l’opposizione della E.P.Grossetana S.p.A. (di seguito, più brvemente, EPG S.p.A.) a ruoli esattoriali aventi ad oggetto l’omesso versamento di contribuzioni c.d. minori (TFR, malattia, disoccupazione, maternità etc.) e relative somme aggiuntive relative al personale ex ATER transitato alle dipendenze della predetta società.

2. L’accoglimento dell’opposizione veniva motivato nei gradi di merito in base alla natura pubblicistica della società opponente, costituita fra 28 comuni della provincia di Grosseto a norma della legge regionale n. 77/98 e destinata al perseguimento dell’interesse pubblico relativo alla gestione dell’edilizia pubblica residenziale, vale a dire una funzione già espletata da enti pubblici (gli Istituti autonomi case popolari e, poi, dalle Aziende territoriali per l’edilizia residenziale pubblica) e trasferite alle regioni e ai comuni. La Corte d’appello affermava che al personale delle disciolte Aziende territoriali per l’edilizia residenziale (ATER), trasferito a EPG S.p.A., che aveva optato per il mantenimento dell’iscrizione all’INPDAP, dovevano applicarsi gli istituti propri della gestione previdenziale pubblica e che, pertanto, EPG non era tenuta al pagamento dei contributi oggetto del contendere.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre l’INPS unitamente a SCCI S.p.A. sulla base di un solo articolato motivo. EPG S.p.A. resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Con unico articolato motivo l’INPS a la SCCI s.p.a. deducono violazione e falsa applicazione di svariate norme di legge, nonché vizio di motivazione, censurando la sentenza per aver accolto la tesi di EPG S.p.A. basata sulla sua natura di ente di diritto pubblico per essere il suo capitale interamente in mano pubblica e per il perseguire finalità pubblicistiche erogando servizi di utilità pubblica. Secondo l’impostazione accolta dalla sentenza impugnata la natura di ente pubblico di EPG S.p.A. determina l’assoggettamento al regime previdenziale pubblico, al quale restano estranei i c.d. contributi minori (per malattia, maternità, trattamento di fine rapporto, disoccupazione etc.), il cui versamento pretende, invece, l’INPS in relazione ai dipendenti ex ATER transitati alla società e che avevano optato – in base all’art. 5 legge n. 274/91 – per il mantenimento dell’iscrizione all’INPDAP. A ciò i ricorrenti obiettano: che la classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali e assistenziali, disposta ai sensi dell’art. 49 legge n. 88/89, riguarda tutti i datori di lavoro sia pubblici che privati e che l’inquadramento è effettuato in base alla concreta attività esercitata dalla società; che, con riferimento ai contributi di malattia, la dizione generica di datori di lavoro e lavoratori consente di escludere qualsiasi esonero contributivo per i datori di lavoro pubblici; che con riferimento ai contributi per maternità il T.U. delle disposizioni legislative in materia di sostegno della maternità fa riferimento ai rapporti di lavoro subordinato privato e che tali sono i rapporti dei dipendenti dell’ATER transitati alla EPG; che con riferimento ai contributi per il fondo di garanzia di cui all’art. 2 legge n. 297/82, l’espressione utilizzata dalla legge, senza distinzioni tra datori di lavoro privati e pubblici, non consente l’esclusione della EPG dall’obbligo di pagamento; che, riguardo agli assegni familiari, l’art. 79 del relativo T.U. prevede una deroga all’obbligo di contribuzione relativo ai dipendenti di province, comuni, IPAB e di altri enti pubblici purché il trattamento di famiglia sia assicurato da legge, regolamento od atto amministrativo (circostanza non emersa nel caso in oggetto). Contestano specificamente, poi, le argomentazioni della Corte territoriale poste a fondamento dell’asserita natura pubblica di EPG S.p.A.

3 – Il ricorso è fondato, dovendosi confermare l’orientamento in materia già espresso da questa S.C. (v., fra le altre, Cass. n. 9204/14).

4. Ai fini dell’accertamento dell’obbligo contributivo per cui è causa deve muoversi dall’esame della L.r. n. 77/98, con la quale la Regione Toscana ha provveduto a riorganizzare la materia dell’edilizia residenziale. Detta legge, dopo aver disciplinato funzioni e compiti della regione e dei comuni, ha stabilito lo scioglimento e la liquidazione delle ATER (Agenzie Regionali Territoriali per l’Edilizia) e ha previsto, all’art. 5 cc. 1°, che “Le finzioni attinenti al recupero, alla manutenzione e alla gestione amministrativa del patrimonio destinato all’ERP (Edilizia residenziale pubblica) già in proprietà dei comuni e del patrimonio loro attribuito ai sensi dell’art. 3. comma 1. nonché quelle attinenti a nuove realizzazioni sono esercitate dai Comuni stessi in forma associata nei livelli ottimali di esercizio, individuati con la procedura di cui al presente articolo. I Comuni gestiscono le altre funzioni di cui all’art. 4, preferibilmente in firma associata, nel rispetto del principio di economicità e dei criteri di efficienza ed efficacia”.

Ai sensi del successivo art. 6 i comuni stabiliscono, mediante apposita conferenza, l’esercizio in forma associata delle funzioni di cui al precedente art. 5, provvedendo altresì alla costituzione del soggetto cui affidare l’esercizio delle funzioni.

L’art. 7 stessa L.r. prevede l’assegnazione del personale ATER ai soggetti individuati per l’esercizio delle suddette funzioni e stabilisce che il rapporto di lavoro è disciplinato dal CCNL degli addetti al settore.

Detta normativa, al pari di altre leggi regionali emanate nella seconda metà degli anni ’90, si inserisce nel processo di riforma del settore, che ha comportato la trasformazione degli enti di edilizia residenziale pubblica in enti economici o l’istituzione di una molteplicità di enti riformati, cui sono state attribuite svariate denominazioni (Aziende, Agenzie etc.) tutte dirette a porre in risalto il nuovo ruolo imprenditoriale loro attribuito. Quanto all’assetto istituzionale, in un primo momento le scelte non si sono discostate troppo dalla forma tradizionale propria dei vecchi IACP: natura di ente pubblico dotato di organizzazione, amministrazione e contabilità autonome, ruolo strumentale dell’ente rispetto alla regione che ne esercita il controllo. Molte leggi regionali, per effetto della disposta trasformazione dei suddetti enti in enti pubblici economici, prevedono la loro possibile partecipazione a consorzi, società miste e altre forme di raggruppamento temporaneo, a volte anche per fini non istituzionali (cfr. Cass. n. 2756/14).

Nel caso in esame, EPG S.p.A. è stata costituita tra 28 comuni della provincia di Grosseto, in applicazione della disposizione della legge regionale secondo cui le funzioni attinenti al recupero, alla manutenzione e alla gestione amministrativa del patrimonio destinato all’ERP (Edilizia residenziale pubblica), già in proprietà dei comuni e del patrimonio loro attribuito ai sensi dell’art. 3 della citata L.r. n. 77/98, nonché quelle attinenti a nuove realizzazioni, sono esercitate dai comuni stessi in forma associata.

Ciò premesso, secondo la sentenza impugnata EPG S.p.A., società per azioni a capitale pubblico, è ente pubblico sottratto alla normativa previdenziale in relazione ai c.d. contributi minori con riferimento al personale proveniente dalle disciolte ATER che abbia optato per il mantenimento dell’iscrizione all’INPDAP. Tale conclusione non può condividersi.

EPG S.p.A. è una società costituita dagli enti locali per la gestione dell’edilizia residenziale pubblica. La forma prescelta per io svolgimento di detta gestione è quella della società per azioni in cui l’amministrazione pubblica esercita il controllo unicamente attraverso gli strumenti di diritto privato, dovendosi escludere, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, che la mera partecipazione da parte dell’ente pubblico sia idonea a determinare la natura dell’organismo attraverso il quale la gestione del servizio pubblico viene attuata.

Come già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 2756/2014, cit.), dal punto di vista previdenziale e pensionistico il personale degli IACP (in coerenza con la natura degli enti, confermata anche dall’art. 1 co. 20 d.lgs. n. 165/01, che comprende gli IACP tra le amministrazioni pubbliche) è stato iscritto all’INPDAP, gestione ex CPDEL (che poi è confluito nell’INPS a decorrere dal 1°.1.12 ai sensi del d.l. n. 201/11 convertito in legge n. 214/11), mentre, via via che venivano disposte le suddette trasformazioni, i dipendenti degli enti e delle strutture sostitutive degli IACP sono stati iscritti all’INPS per l’assicurazione IVS (c.d. previdenza maggiore).

Fino a quando gli IACP sono rimasti pubbliche amministrazioni, le prestazioni relative alla c.d. previdenza minore (per malattia degli operai e per maternità) sono state regolate dal regime proprio di tali amministrazioni, secondo il quale il relativo trattamento economico viene corrisposto direttamente dalle amministrazioni o enti di appartenenza. Nulla è stato espressamente disposto riguardo alle suddette prestazioni di cd. previdenza minore in riferimento ai dipendenti degli enti e delle strutture sostitutive degli IACP.

Nondimeno, è regola generale per gli iscritti all’INPS per l’assicurazione IVS che è sempre l’INPS medesimo a provvedere anche alle prestazioni della c.d. previdenza minore, sulla base dei contributi versati dai datori di lavoro. Ne consegue che, nel silenzio della legge, non può che farsi riferimento a tale regola generale, che corrisponde anche all’esigenza di applicare a tutti i dipendenti dei suddetti enti – comunque denominati e configurati – la medesima disciplina anche previdenziale.

La Corte territoriale ha richiamato, al fine di individuare quali siano le caratteristiche sostanziali dell’ente pubblico, la normativa comunitaria e la nozione di organismo pubblico all’interno della disciplina degli appalti sul presupposto che detta normativa fornisca una nozione unitaria di organismo pubblico.

Ma il consistere in un servizio pubblico locale l’attività esercitata mediante una società di diritto privato e la partecipazione pubblica alla stessa hanno rilievo a fini diversi da quelli previdenziali, preoccupandosi il legislatore comunitario e quello nazionale che non vengano lese le dinamiche della concorrenza nel mercato, all’uopo introducendo misure antitrust e misure legislative di promozione che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l’apertura, eliminando barriere all’entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione. Pertanto, la finalizzazione della società di capitali alla gestione in house di un servizio pubblico – il che accade ove la pubblica amministrazione provveda in proprio al perseguimento di scopi pubblici attribuendo l’appalto o il servizio ad altra entità mediante il sistema dell’affidamento diretto, c.d. in house providing, cioè senza gara – non muta la natura giuridica privata della società riguardo alle ricadute previdenziali dei rapporti di lavoro, assumendo rilievo nell’ordinamento nazionale e comunitario solo riguardo al mercato e alla tutela della concorrenza.

A maggior ragione ciò valga rispetto a EPG S.p.A., che non può neppure definirsi, stricto sensu, come società in house per difetto di uno dei tre requisiti cumulativamente necessari a tal fine (cfr. Cass. S.U. n. 5491/14 e Cass. S.U. n. 26283/13), vale a dire l’avere non solo un capitale sociale interamente detenuto da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, ma anche il prevedere in via statutaria il divieto di cessione delle partecipazioni a privati (gli altri requisiti sono che la società esplichi statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo che l’eventuale attività accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale e che la gestione sia, per statuto, assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici, con modalità e intensità di comando non riconducibili alle facoltà spettanti al socio ai sensi del codice civile): nel caso di specie, a pag. 11 del controricorso è la stessa EPG a riconoscere che il proprio statuto ammette la possibilità di successivo ingresso anche di privati con quote complessivamente inferiori al 50% del capitale sociale.

A ciò si aggiunga che Cass. S.U. n. 28606/09, nello statuire che spetta al giudice ordinario la giurisdizione in tema di azione di risarcimento dei danni subiti da una società a partecipazione pubblica per effetto di condotte illecite degli amministratori o dei dipendenti, ha affermato che non è configurabile, avuto riguardo all’autonoma personalità giuridica della società, né un rapporto di servizio tra l’agente e l’ente pubblico titolare della partecipazione né un danno direttamente arrecato allo Stato o ad altro ente pubblico, idonei a radicare la giurisdizione della Corte dei conti. Tale principio è stato adottato da tutta la giurisprudenza successiva delle Sezioni Unite anche in relazione a società per azioni a partecipazione pubblica maggioritaria o totalitaria, anche se sottoposte a penetranti poteri di controllo dell’ente pubblico e anche ove la S.p.A. gestisca un servizio pubblico essenziale (cfr. Cass. S.U. n. 20940/11; Cass. S.U. n. 14957/11; Cass. S.U. n, 14655/11). In altre parole, non costituiscono indici della natura pubblica dell’ente né il controllo della Corte dei Conti (considerato il denaro pubblico utilizzato) né i vincoli di finanza pubblica (atteso che l’impegno di capitale pubblico impone comunque il rispetto dei principi di imparzialità, di economicità e di buon andamento della pubblica amministrazione). In breve, la giurisprudenza di questa S.C., anche a livello di S.U., ha ripetutamente affermato che le disposizioni del codice civile sulle società per azioni a partecipazione pubblica non valgono a configurare uno statuto speciale delle stesse e che la scelta della pubblica amministrazione di acquisire partecipazioni in società private implica l’assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta.

Ancora, deve richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte che, con riferimento ai cosiddetti contributi minori, ha confermato l’obbligo, in capo alle società con partecipazione maggioritaria dell’ente locale, della loro corresponsione all’INPS.

Si veda il consolidato orientamento di questa Corte in tema di contribuzione previdenziale (cfr., ex aliis, Cass. n. 19761/15; Cass. n. 18455/2014; Cass. n. 24524/13; Cass. n. 20818/2013; Cass. n. 22318/13), secondo il quale le società a capitale misto, in particolare le società per azioni a prevalente capitale pubblico aventi ad oggetto l’esercizio di attività industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non potendo trovare applicazione l’esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di società di natura essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione – pur maggioritaria, ma non totalitaria – da parte dell’ente pubblico. La forma societaria di diritto privato è, per l’ente locale, la modalità di gestione degli impianti consentita dalla legge e prescelta dall’ente stesso in ragione della duttilità dello strumento giuridico, in cui il perseguimento dell’obiettivo pubblico è caratterizzato dall’accettazione delle regole del diritto privato. D’altronde, giova ribadire, la finalità perseguita dai legislatori nazionale e comunitario nella promozione di strumenti non autoritativi per la gestione dei servizi pubblici locali è specificamente quella di non ledere le dinamiche della concorrenza, assumendo rilevanza determinante, in ordine all’obbligo contributivo, il passaggio del personale addetto alla gestione del servizio dal regime pubblicistico a quello privatistico (cfr. Cass. n. 27513/13; Cass. n. 20818/13).

Quanto all’obbligo contributivo relativo alla disoccupazione involontaria, si ricordi altresì che dalla coordinata lettura dall’art. 40 r.d.l. n. 1827/35 e dell’art. 36 d.P.R. n. 818/57 si evince che, anche in relazione ai dipendenti delle aziende esercenti pubblici servizi, l’esenzione dall’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria opera soltanto ove ai medesimi sia garantita la stabilità d’impiego. Detta stabilità d’impiego, ove non risultante da norme regolanti lo stato giuridico e il trattamento economico, deve essere accertata dal Ministero competente su domanda del datore di lavoro, con decorrenza dalla data di tale domanda. In difetto di disposizioni di legge o regolamentari specificamente riguardanti la tipologia d’impresa, diviene sostanzialmente irrilevante, ai fini de quibus, accertare se alla stessa debba o meno essere riconosciuta la qualifica di azienda esercente un pubblico servizio, posto che, anche in ipotesi affermativa, da ciò non potrebbe farsi derivare, de plano, l’esenzione contributiva (cfr., ex aliis, Cass. n. 18455/2014; Cass. n. 20818/2013; Cass. n. 18022/13;).

4 – In virtù delle considerazioni che precedono e in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, che dovrà pronunciarsi sulle singole obbligazioni contributive nonché sull’eventuale loro misura e decorrenza, provvedendo – infine – sulle spese, anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.