CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 luglio 2021, n. 19154
Inps – Cartella esattoriale – Contribuzione dovuta a titolo di CIGS, CIGO, mobilità e disoccupazione – Società per azioni a prevalente capitale pubblico – Accertamento dell’obbligo contributivo
Rilevato che
1. con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto da I. s.p.a. contro la sentenza del tribunale che aveva rigettato l’opposizione proposta dalla società contro opposizioni a ruoli in riferimento a cartelle di pagamento per crediti Inps per contribuzione dovuta a titolo di CIGS, CIGO, mobilità e disoccupazione e somme aggiuntive;
2. contro la sentenza la società propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, cui resiste con controricorso l’Inps, anche per conto della società di cartolarizzazione dei crediti;
Considerato che
3. con il primo motivo, la società ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art.36, comma 6, per avere la Corte di merito affermato la potestà dell’INPS di iscrivere a ruolo, nel 2005, i contributi oggetto della cartella e relativi all’anno 2002, e dunque oltre l’anno di cui all’art. 25 del d.lgs. n. 46 del 1999, da iscrivere a ruolo entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello del versamento o comunque entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui fosse stato notificato un verbale ispettivo, e nella specie, i contributi pretesi erano stati resi esecutivi soltanto in data 28 ottobre 2005;
4. con il secondo, denunciando la violazione di un complesso di norme (d.Igs.C.p.S. 12 agosto 1947, n. 869, art. 3, come successivamente modificato; L. n. 1115 del 1968, art. 2; L. n. 164 del 1975, art. 1; L. n. 223 del 1991, art. 16; art. 2093 c.c., L. n. 142 del 1990, art. 22), censura l’affermata obbligazione contributiva per CIGS e CIGO, nonostante rientrasse fra le «imprese industriali degli enti pubblici, anche se municipalizzate», esonerate, in base al disposto del D.C.P.S. n. 869 del 1947, art. 3 cit., dall’applicazione della normativa sull’integrazione dei guadagni degli operai dell’industria;
5. con il terzo si denuncia la violazione di plurimi contratti collettivi, per aver negato la stabilità d’impiego, e degli artt. 1362 e 1363 cod.civ.;
6. con il quarto, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 16, è censurata la sussistenza dell’obbligazione al contributo di mobilità, richiamando considerazioni già svolte in merito alla CIG e CIGS;
7. con il quinto motivo si denuncia violazione dell’art. 3, coma 8, legge n. 335 del 1995;
8. infine, con il sesto, si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 10 e 13 e comma 15, lett. a), nonché gli artt. 1175,1227 e 1375 c.c. e L. n. 241 del 1990, art. 1, assumendo la sussistenza dei presupposti per una riduzione delle sanzioni o delle somme aggiuntive;
9. il ricorso è da rigettare;
10. esaminati congiuntamente i motivi che investono, nell’an, l’obbligazione contributiva, per i titoli specificati nelle premesse, pretesa dall’INPS, è pacifico che la società ricorrente, società partecipate per una quota da soggetti pubblici, sia una società a capitale misto;
11. per la giurisprudenza consolidata di questa Corte, le società a capitale misto, in particolare le società per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l’esercizio di attività industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non potendo trovare applicazione l’esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di società di natura essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione – pur maggioritaria, ma non totalitaria – da parte dell’ente pubblico (cfr., fra le altre, Cass. 20 aprile 2016, n. 7981; Cass. 2 ottobre 2015, n. 19761; Cass. 29 agosto 2014, n. 18455; Cass. 30 ottobre 2013, n. 24524; Cass. 10 dicembre 2013, n. 27513; Cass. 11 settembre 2013, n. 20818; Cass. 10 marzo 2010, n. 5816; da ultimo, Cass. 4 aprile 2017, n. 8704 e Cass. 15 gennaio 2016, n. 600, nonché Cass. 25 settembre 2018, n. 22730);
12. le argomentazioni della parte ricorrente ripropongono questioni già esaminate e disattese dai precedenti giurisprudenziali richiamati ai quali, pertanto, va data continuità;
13. l’orientamento non può dirsi contraddetto dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali che aveva abrogato il D.L.C.P.S. 12 agosto 1947, n. 869, art. 3, come da precedenti decisioni di questa Corte (v. Cass. ord. 12 maggio 2016, n. 9816; Cass. 31 dicembre 2015, n. 26202; Cass., 29 dicembre 2015, n. 26016, e numerose altre);
14. va aggiunto che, con legge 29 dicembre 2015, n. 208, il legislatore, intervenendo proprio sull’articolo 46 del richiamato decreto legislativo n. 148 del 2015, ha previsto che l’abrogazione (già disposta alla lett. b) non opera con riguardo all’art. 3 del D.Lgs.C.p.S. n. 869 del 1947, con ciò ripristinando la norma medesima (in tal senso Cass. n. 8704 del 2017);
15. dagli interventi legislativi del 2015 non possono trarsi elementi che inducano ad un ripensamento della consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di obbligo contributivo per cassa integrazione guadagli ordinaria e straordinaria delle società il cui capitale sia parzialmente detenuto da un soggetto pubblico (v., fra le tante, Cass. n.15088 del 2017; Cass. n. 22730 del 2018);
16. da quanto detto del tutto inconferenti risultano i motivi incentrati sulla violazione dei contratti collettivi di settore e sulla violazione dell’art. 3, comma 8, della legge n.335 del 1995, disposizione, quest’ultima, in tema di variazione di inquadramento estranea alla soluzione della vessata questione dell’obbligazione contributiva contro la disoccupazione a inquadramento invariato;
17. infine, immune da censure è anche il capo della sentenza in tema di sanzioni e somme aggiuntive per essere conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte (v., fra le tante, Cass. nn. 16093 del 2014 e 15088 del 2017);
18. la riduzione delle sanzioni non può farsi discendere dall’art. 116, comma
10, legge n.388 del 2000, in mancanza dei «contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo», stante la consolidata giurisprudenza di segno contrario rispetto alle posizioni della società, e neppure dal medesimo rimborso forfetario del 15 per cento del richiamato art. 116, richiedendosi, a tal fine, l’integrale pagamento delle contribuzioni dovute, nel termine fissato dagli enti impositori (v. Cass. nn. 15897 del 2017 e 1560 del 2018);
19. segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo;
20. ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater,d.P.R.n. 115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13,co. 1, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 9.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge, rimborso forfetario del 15 per cento.
Ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13,co. 1, se dovuto.