Corte di Cassazione a Sezioni Unite sentenza n. 11184 depositata il 9 maggio 2018
Fondi pubblici – Responsabilità – Giudice competente
FATTI DI CAUSA
1. – Con sentenza depositata in data 7 novembre 2012, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Calabria, ha condannato in via solidale l’I. , nella persona del suo legale rappresentante, nonché GE, presidente dell’Istituto, e LM, direttore generale del medesimo ente, a risarcire alla Regione Calabria il danno di euro 626.740,60 oltre accessori, imputando detto danno, in considerazione della diversità dei ruoli rivestiti nella vicenda, a titolo di riparto interno ed ai soli fini del regresso, per il 50% all’Istituto, per il 30% al GE e per il restante 20% al LM. Il giudice contabile ha ritenuto sussistente la responsabilità amministrativa per avere l’Istituto e i suoi presidente e direttore genera- le distratto i fondi percepiti dal fine pubblico per il quale erano stati erogati, consistente nello svolgimento di corsi di formazione per ope- ratori di cali center finalizzati alla successiva assunzione dei partecipanti.
2. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in segreteria il 4 luglio 2016, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale centrale d’appello, ha respinto il gravame dell’Istituto, del GE e del LM.
In particolare, il giudice dell’appello ha confermato la propria giurisdizione, rilevando, per un verso, che il soggetto destinatario dei fondi concorre alla realizzazione del programma della pubblica amministrazione, di modo che tra questa ed il soggetto in questione si in- staura un rapporto di servizio e il beneficiario assume, ai fini della giurisdizione della Corte dei conti, la stessa posizione propria di un dipendente o amministratore della pubblica amministrazione, e, per l’altro verso, che qualora il soggetto fruitore dei fondi sia un ente, la responsabilità erariale attinge anche coloro che con la società abbiano intrattenuto un rapporto organico, ove dai comportamenti da loro te- nuti sia derivata la distrazione dei fondi in questione dal fine pubblico cui erano destinati.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte dei conti, sezione giurisdizionale centrale d’appello, l’I. e il LM hanno proposto ricorso, con atto notificato il 5 agosto 2016, sulla base di un motivo, illustrato con memoria.
Il Procuratore generale, rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei conti, ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – L’unico motivo, nel prospettare l’insussistenza della giurisdizione contabile, rileva che in realtà ai ricorrenti non è mai stato contestato di avere distolto le risorse pubbliche da loro gestite dalle finalità cui erano preordinate (con ciò impedendo il perseguimento degli obiettivi), essendo stata accertata solo una relativa e parziale irregolarità, che non avrebbe compromesso lo svolgimento del corso, né tanto meno impedito il raggiungimento degli obiettivi perseguiti, vale a dire la formazione di operatori di call center. La sentenza del giudice contabile d’appello riferisce infatti che il corso di formazione era stato avviato (seppure con lieve ritardo) e poi effettivamente svolto (con una irregolarità riguardante la sede legale dell’altra associazione che partecipava allo svolgimento del corso, la Ionitel). La stessa sentenza – proseguono i ricorrenti – afferma inoltre che l’irregolarità sostanziale addebitata agli incolpati consisteva nel fatto che gli allievi non erano impegnati in alcuna attività di formazione pratica ma in vere e proprie prestazioni lavorative, tese alla promozione di contratti commerciali. Proprio tale considerazione, ad avviso dei ricorrenti, avrebbe dovuto condurre la Corte dei conti ad escludere che il contributo pubblico fosse stato distolto dalla finalità per cui era stato concesso, e quindi avrebbe dovuto portare alla declinatoria della giurisdizione contabile. A sostegno del difetto di giurisdizione, i ricorrenti deducono che nella fase di verificazione e rendicontazione delle spese eseguita dall’amministrazione regionale non è stata sollevata alcuna contestazione in ordine vuoi al mancato svolgimento del corso, vuoi alla mancata formazione degli allievi partecipanti. Aggiungono poi che ai ricorrenti nemmeno è stato contestato di avere in ipotesi lucrato una utilità attraverso la malversazione del contributo pubblico, ma è stato addebitato solo di avere conseguito un preteso utile dal fatto che gli allievi sarebbero stati utilizzati in attività di cali center reali, in luogo di attività di cali center simulate ai fini della formazione. In definitiva, secondo i ricorrenti, la giurisdizione contabile avrebbe postulato l’esistenza di una diversa contestazione, appunto quella (che non vi è mai stata) di non aver realizzato la finalità del contributo, ovvero di essersi appropriati del contributo medesimo, laddove la contestazione di avere destinato gli allievi ad un’attività reale, anziché ad un’attività fittizia e simulata, farebbe venir meno la giurisdizione contabile.
2. – Il motivo è infondato.
Ai fini della sussistenza della giurisdizione contabile, tra la P.A. che eroga un contributo e il privato che lo riceve si instaura un rapporto di servizio, sicché il percettore del contributo o del finanziamento risponde per danno erariale innanzi alla Corte dei conti, qualora, disponendo della somma in modo diverso da quello programmato, frustri lo scopo perseguito dall’ente pubblico (Cass., Sez. U., 25 gen- naio 2013, n. 1775; Cass., Sez. U., 3 febbraio 2014, n. 2287; Cass., Sez. U., 13 febbraio 2014, n. 3310; Cass., Sez. U., 27 gennaio 2016, n. 1515; Cass., Sez. U., 14 settembre 2017, n. 21297; Cass., Sez. U., 29 novembre 2017, n. 28504).
Nel caso in esame, si tratta di fondi erogati per la formazione pro fessionale e la conseguente occupazione giovanile nella Regione Calabria.
La Corte dei conti ha accertato, nei due gradi di merito, che – mentre in base ai progetti finanziati l’I. avrebbe dovuto svolgere corsi di formazione per operatori di cali center finalizzati alla successiva assunzione dei partecipanti presso la Ionitel s.r.l. con sede operativa in Corigliano Calabro – in realtà l’attività di formazione si è svolta per una durata inferiore a quella programmata e senza la regolare tenuta dei registri di presenza; inoltre, gli allievi non sono stati impegnati in alcuna attività di formazione pratica, ma in vere e proprie prestazioni lavorative, tese alla promozione di contratti commerciali in favore delle società British Telecom e Fastweb. E’ inoltre emerso che il soggetto attuatore del programma e percettore della sovvenzione aveva accettato l’obbligo di assumere i partecipanti per un minimo di tre anni al termine del corso di formazione, laddove i corsisti assunti sono stati, per la maggior parte, licenziati per mancato superamento del periodo di prova.
In questo contesto, la Corte dei conti ha accertato la sussistenza del danno erariale, in ragione dello “sviamento dei contributi dalla destinazione … propria”, sottolineando come la fattispecie risulti connotata sia da “dolo contrattuale, inteso quale volontario inadempimento della obbligazione contrattuale con la previsione e la coscienza degli effetti contra legem da essa derivanti”, sia da “callidità della condotta tenuta …, finalizzata all’ottenimento del contributo a cui, solo a seguito di apposita ed approfondita istruttoria” svolta “da soggetti terzi alla amministrazione erogatrice del contributo” (Guardia di finanza e Procura regionale presso la Corte dei conti), è risultato i percettori “non avevano diritto”.
Ne discende che la giurisdizione contabile nei confronti dei ricorrenti è stata affermata in presenza dei presupposti ritenuti necessari da questa Corte regolatrice.
E’ inoltre priva di fondamento la tesi secondo cui la giurisdizione della Corte dei conti dovrebbe essere esclusa sul presupposto che da parte dell’amministrazione regionale non era stata sollevata alcuna contestazione, in sede di verificazione e rendicontazione delle spese, in ordine al mancato svolgimento del corso e alla mancata formazione degli allievi partecipanti. Per un verso, infatti, la funzione di controllo esercitata dalla Procura regionale presso la Corte dei conti non è sovrapponibile o assimilabile a quella intestata agli organi interni della pubblica amministrazione. Per l’altro verso, la circostanza che il controllo amministrativo si risolva con esito positivo pur quando risulti evidente che l’incasso dei fondi erogati si sia tradotto in una distrazione degli stessi dal fine pubblico per il quale erano stati erogati, può comportare l’assoggettamento al giudizio di responsabilità amministrativa anche degli stessi responsabili del controllo, ma non si traduce in una sottrazione alla giurisdizione contabile del privato assegnatario del contributo che, disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato o perpetrando la sua indebita omessa destinazione allo scopo, abbia frustrato lo scopo perseguito dalla pubblica amministrazione con la concessione del finanziamento.
3. – Il ricorso è rigettato.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, stante la natura di parte in senso soltanto formale del Pubblico Ministero presso la Corte dei conti (Cass., Sez. U., 20 marzo 2018, n. 6929).
4. – Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, che ha ag- giunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, in- serito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello do- vuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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