CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 20524 depositata il 17 luglio 2023
Tributi – Decreto ingiuntivo – IVA – Libero professionista – Rapporto contrattuale di diritto privato – Avviso di accertamento – Professioni sanitarie – Rigetto
Rilevato che
Il Tribunale di (…) rigettava l’opposizione proposta dall’Azienda Sanitaria Provinciale di (…) (in breve ASP) avverso il decreto ingiuntivo n. (…), con il quale era stato ingiunto all’opponente di pagare a F.G. la complessiva somma di Euro 3.874,42, di cui Euro 2.850,00 a titolo di rivalsa avente ad oggetto l’IVA non versata sui compensi per le prestazioni professionali veterinarie oggetto di sei fatture emesse dall’opposto nel corso dell’anno 2007, Euro 449,26 per interessi, Euro 570,00 per sanzioni ed Euro 5,16 per spese di notifica;
– con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Caltanissetta rigettava l’appello proposto dall’ASP rilevando che:
– il F. aveva svolto, in qualità di veterinario libero professionista la propria attività in favore dell’ASP, in forza di un rapporto contrattuale di diritto privato, nell’ambito dei piani di eradicazione della tubercolosi e della brucellosi, vista l’insufficienza di personale veterinario nell’organico dell’Ente;
– in relazione a dette prestazioni, che il professionista aveva considerato esenti da IVA, su indicazione della stessa ASP, l’Agenzia delle Entrate aveva notificato al F. un avviso di accertamento cui il medesimo aveva aderito, al fine di beneficiare della riduzione della sanzione e di esercitare il diritto di rivalsa nei confronti dell’ASP; – il Tribunale di (…) aveva rigettato l’opposizione osservando che l’art. 10, comma 1, n. 18, del d.p.r. n. 633 del 1972 escludeva dal campo dell’IVA le sole prestazioni sanitarie con finalità di cura della persona, non rilevando che il F. avesse agito come “veterinario ufficiale”, in quanto la prestazione era stata resa in qualità di soggetto privato, seppure in regime di convenzionamento con l’Ente pubblico;
– l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario andava disattesa, in quanto secondo la giurisprudenza di legittimità la cognizione della pretesa avente ad oggetto la rivalsa IVA apparteneva al giudice ordinario, trattandosi di rapporto privatistico che non riguardava il rapporto tributario;
– infondata era pure la censura relativa all’imponibilità ai fini IVA della prestazione professionale resa dal veterinario privato per conto dell’Azienda sanitaria, sia perché si trattava di attività che non rientrava fra quelle previste dall’art. 10, comma 1, n. 18, del d.p.r. n. 633 del 1972, non riguardando prestazioni mediche e paramediche rivolte alla “persona”, sia perché le prestazioni veterinarie non erano rese direttamente dai dipendenti dell’Ente e, quindi, nell’ambito “attività di pubblica autorità” ex art. 4 del d.p.r. n. 633 del 1972, ma da professionisti esterni;
– l’Azienda Sanitaria Provinciale di (…) impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;
– F.G. resisteva con controricorso.
Considerato che
– Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 112 c.p.c, 18 e 19 del d.p.r. n. 633 del 1972, in relazione al rigetto dell’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario;
– il motivo, che può essere esaminato ai sensi dell’art. 374 c.p.c., è infondato;
– ed invero, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, “In tema di IVA, spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla domanda proposta dal consumatore finale nei confronti del professionista o dell’imprenditore che abbia effettuato la cessione del bene o la prestazione del servizio per ottenere la restituzione delle maggiori somme addebitategli in via di rivalsa per effetto dell’applicazione di un’aliquota asseritamente superiore a quella prevista dalla legge: poiché, infatti, soggetto passivo dell’imposta è esclusivamente colui che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi, la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, ma un rapporto di natura privatistica tra soggetti privati, che comporta un mero accertamento incidentale in ordine all’ammontare dell’imposta applicata in misura contestata” (Cass., sez. un., n. 2064/2011, n. 2775/2007; n. 6632/2003, n. 1147/2000);
– il richiamato principio vale, ovviamente, anche quando, come nella specie, viene contestato totalmente il debito IVA, in quanto si tratta di controversa tra privati, alla quale resta estraneo l’esercizio del potere impositivo, sussumibili nello schema potestà – soggezione, proprio del rapporto tributario (Cass. Sez. U. n. 15031/2009), sebbene il giudice ordinario competente ha sempre il potere di sindacare in via incidentale la legittimità dell’atto impositivo presupposto ed eventualmente di disapplicarlo, ovvero di disporre la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in caso di contemporanea pendenza del giudizio tributario (Cass., sez. un., n. 15032/2009);
– pertanto, il fatto che l’odierna controversia abbia ad oggetto la legittimità del diritto di rivalsa esercitato da F.G. nei confronti dell’ASP e detto diritto sia previsto da una norma tributaria, non trasforma il rapporto tra soggetti privati in un rapporto tributario, di tipo pubblicistico, che implica, appunto, un rapporto sussumibile allo schema potestà – soggezione (Cass. Sez. U. n. 15031/2009 cit.); – con il secondo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 10, comma 18 del d.p.r. n. 633 del 1972, 74 (ex art. 88) del TUIR, 4, paragrafo 5, della VI direttiva CEE, n. 77/388 del 17 maggio 1997, D.A. Regione Siciliana del 4.06.20045, 112 c.p.c., 18 e 19 del d.p.r. n. 633 del 1972, nonché la carenza di presupposti, contraddittorietà, difetto di motivazione, eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità, per avere il giudice di appello erroneamente ritenuto che fossero soggette ad IVA le prestazioni sanitarie poste in essere dai veterinari incaricati dall’ASP di (…), sebbene si trattasse di attività esclusivamente istituzionali, effettuate in veste di pubblica autorità e finalizzate al raggiungimento degli obiettivi imposti dal Piano Nazionale di eradicazione nel territorio della Regione Siciliana, previsto dal D.A. n. 519/2002;
– con il terzo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della normativa IVA e degli artt. 6, comma 8, lett. b), del D.Lgs. n. 471 del 1997, l. n. 428 del 2018, 14 della l. n. 833 del 1978, per erroneità sui presupposti soggettivi di imposta e contraddittorietà, proponendo, sotto altro profilo, la stessa doglianza indicata nel secondo motivo ed evidenziando come l’attività svolta dai veterinari incaricati dall’Azienda sanitaria era indirettamente rivolta alla tutela della salute pubblica;
– i predetti motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e sono infondati;
– l’art. 10, comma 1, n. 18 del d.p.r. n. 633 del 1972 include, fra le prestazioni esenti dall’imposta sul valore aggiunto, le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. n. 1265 del 1934 e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze;
– l’art. 99 del R.D. n. 1265 del 1934, a sua volta, prevede che “è soggetto a vigilanza l’esercizio della medicina e chirurgia, della veterinaria, della farmacia e delle professioni sanitarie ausiliarie di levatrice, assistente sanitaria visitatrice e infermiera diplomata. E’ anche soggetto a vigilanza l’esercizio delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie. S’intendono designate con tale espressione le arti dell’odontotecnico, dell’ottico, del meccanico ortopedico ed ernista e dell’infermiere abilitato o autorizzato, compresi in quest’ultima categoria i capi bagnini degli stabilimenti idroterapici e i massaggiatori. Con decreto, su proposta del Ministro della sanità, sentiti il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica ed il Consiglio di Stato, possono essere sottoposte a vigilanza sanitaria altre arti, che comunque abbiano rapporto con l’esercizio delle professioni sanitarie, secondo le norme che sono determinate nel decreto medesimo”;
– ciò premesso, poiché l’esenzione prevista dall’art. 10, comma 1, n. 18 del d.p.r. n. 633 del 1972 costituisce una deroga al principio generale secondo il quale l’IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso dal soggetto passivo, la stessa deve essere interpretata in senso restrittivo, in conformità alla direttiva 77/388/CEE e alla giurisprudenza unionale (Cass. n. 11142/2021 e Corte di giustizia, 20 novembre 2003, C-212/01), con la conseguenza che deve intendersi riferita solo alle “prestazioni mediche”, ossia agli interventi diretti alla diagnosi, cura e guarigione delle malattie o dei problemi di salute, ovvero alla prevenzione della loro insorgenza (Cass. n. 22577 del 2012 e n. 25440 del 2018);
– l’art. 10, comma 1, n. 18 del d.p.r. n. 633 del 1972 richiede, ai fini dell’esenzione dell’imposta, che la prestazione sanitaria sia resa alla persona, sicché non può rientrarvi anche la diversa fattispecie riguardante la prestazione resa dal veterinario, seppure a fini di profilassi funzionale alla tutela della salute pubblica;
– l’attività non rientra neppure nell’ambito di previsione dell’art. 4, comma 5, del d.p.r. n. 633 del 1972, in quanto secondo la giurisprudenza unionale è soggetto passivo IVA chiunque eserciti in modo indipendente un’attività economica, a prescindere dagli scopi o dai risultati di quest’attività, e, quindi, anche chi eserciti attività pubblica quale concessionario d’infrastrutture stradali o svolga prestazioni di programmazione e gestione del servizio sanitario (sentenza 12 settembre 2000, in C-260/98, punto 24; più recentemente v. sentenza 25 marzo 2010, Commissione/Paesi Bassi, in C-79/09, punto 76; sentenza 29 ottobre 2015, S., in C174/14, punto 31 e 32, che precisa “qualsiasi attività di natura economica è, in via di principio, imponibile. Sono assoggettate all’IVA, in generale e conformemente all’art. 2, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, le prestazioni di servizi fornite a titolo oneroso, comprese quelle fornite dagli enti di diritto pubblico. Gli artt. 9 e 13 della stessa direttiva attribuiscono pertanto un ambito di applicazione molto ampio all’IVA… La possibilità di qualificare una prestazione di servizi come operazione a titolo oneroso presuppone unicamente l’esistenza di un nesso diretto tra tale prestazione e un corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo. Tale nesso diretto esiste qualora tra il prestatore e il destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni e il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario“);
– anche secondo la giurisprudenza di questa Corte il beneficio in tema di IVA può riguardare i soli enti pubblici e dipende da due condizioni, ossia che l’attività sia esercitata dall’ente medesimo e che da esso sia svolta in veste di pubblica autorità (Cass. n. 26208 del 28/09/2021; Cass. n. 11142 del 28/04/2021; Cass. n. 17795 del 6/07/2018; Cass. n. 3418 del 20/02/2015; Cass. n. 5947 del 25/03/2015; Cass. n. 21083 del 13/10/2011; Cass. n. 17871 del 3/09/2004);
nella specie, invece, è stato accertato che il F. aveva svolto la propria attività di veterinario per conto dell’Azienda sanitaria siciliana, quale professionista esterno, in forza di un contratto di prestazione d’opera di diritto privato;
– va pertanto affermato il seguente principio:
“in tema di IVA, sono soggetti passivi gli operatori economici privati anche se svolgono, in regime di convenzione, attività rientranti nelle finalità istituzionali di un ente pubblico, occorrendo, ai fini dell’esclusione dal campo dell’imposta, che l’attività sia espletata direttamente dall’ente pubblico, mediante i propri dipendenti, in veste di pubblica autorità“;
– in conclusione, il ricorso va rigettato e la parte ricorrente deve essere condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese relative al presente giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna la Azienda Sanitaria Provinciale di (…) al pagamento in favore di F.G. delle spese del giudizio, che liquida, in Euro 1.415,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge;
ai sensi del d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.