CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 marzo 2021, n. 5605
Tributi – Contenzioso tributario – Cancellazione della società – Effetto estintivo – Consegeunze – Inammissibilità del ricorso
Rilevato che
– con sentenza n. 442/48/13, depositata in data 27 novembre 2013, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Campania, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti di C. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., avverso la sentenza n. 178/08/2010, della Commissione tributaria provinciale di Napoli che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società avverso l’avviso di accertamento n. RE9030400263/08 con il quale l’Ufficio, previo p.v.c. redatto a seguito di una verifica fiscale nei confronti di A.P. s.a.s. fornitore della contribuente, aveva contestato nei confronti di quest’ultima maggiori ricavi, ai fini Irpeg, Irap e Iva, per l’anno 2001, in relazione ad operazioni inesistenti che si assumevano fittiziamente fatturate da A.P. s.a.s.;
– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo, cui hanno resistito, con controricorso, V.D.A., C.S., nella qualità di liquidatrici della C. s.r.l., già in liquidazione, cancellata dal registro delle imprese in data 12.3.2014.
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380-bis.l cod. proc. civ., introdotti dall’art. 1 – bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.
Considerato che
– preliminarmente – come, peraltro, anche eccepito in controricorso- va dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia nei confronti di C. s.r.l., già in liquidazione, e poi cancellata dal registro delle imprese in data 12.3.2014; ciò alla luce dell’attuale indirizzo della Corte sul tema degli effetti processuali dell’estinzione della società, compiutamente esposto in precedenti pronunce (cfr., ex multis, Cass. 28/05/2014, n. 23141; 30342 del 2018);
– è da premettere che, ai sensi dell’art. 2495 c.c. (nel testo risultante dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la cui entrata in vigore è fissata al 1 gennaio 2004), l’iscrizione della cancellazione di società di capitali nel registro delle imprese comporta l’estinzione della società, restando irrilevante l’eventuale esistenza di rapporti giuridici ancora pendenti; come noto, le Sezioni Unite hanno riconosciuto alla norma «effetto espansivo» anche alle società di persone, di modo che anche per esse si produce l’effetto estintivo conseguente alla cancellazione, sebbene per queste ultime la relativa pubblicità conservi natura dichiarativa. E ciò anche per le cancellazioni che abbiano avuto luogo anteriormente alla data di entrata in vigore della nuova formulazione della norma, con effetto però in tal caso da quest’ultima data: 1° gennaio 2004 (v. Cass. Sez. U. 22/02/2010, n. 4062);
– con riguardo all’effetto estintivo delle società (sia di persone che di capitali) derivante dalla cancellazione dal registro delle imprese occorre precisare che il “D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, in quanto recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa (neppure implicita) né efficacia retroattiva, sicché il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c.c., comma 2 – operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi – si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto D.Lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente” (Cass. sez. V, 6743/15, 7923/16, 8140/16; sez. VI – 5, 15648/15, 19142/16, 11100/17);
– in particolare, la Corte ha affermato che, con la sola eccezione della fictio iuris contemplata dall’art. 10 legge fall., siffatta cancellazione, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio, di talché, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo. Ne consegue, sul piano processuale, che, qualora esso non sia stato fatto constare nei modi di legge o si sia verificato quando il farlo constare non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo è occorso. (Cass. sez. un. 12/03/2013, n. 6070; Cass. 19/03/2014, n. 6468; Cass. 17/12/2013, n. 28187);
– nella specie, essendo la cancellazione della società contribuente dal registro delle imprese avvenuta in data 12.3.2014, prima della notifica del ricorso per cassazione (spedito per la notifica, a mezzo servizio postale, in data 3 aprile 2014), quest’ultimo avrebbe dovuto essere notificato, pena l’inammissibilità, nei confronti dei soci e non già – come avvenuto – nei confronti della società, in persona del legale rappresentante p.t.;
– in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile;
– le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna l’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, al pagamento in favore di V.D.A., C.S., nella qualità di liquidatrici della C. s.r.l., già in liquidazione, e cancellata in data 12.3.2014, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessive 7.800,00, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
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