CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 febbraio 2022, n. 3413
Lavoro – Rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto – Elementi tipici della subordinazione – Obbligo contributivo
Rilevato che
1. con sentenza n. 1096 del 2015, la Corte di Appello di L’Aquila ha confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato l’opposizione ad avviso di addebito per il pagamento di contributi omessi in riferimento a rapporti di lavoro fittiziamente formalizzati come rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto;
2. la Corte di merito ha ritenuto indimostrato, dall’attuale ricorrente, la sufficiente specificità del progetto o programma di lavoro e i relativi contenuti, contravvenendo all’obbligo di forma scritta ad probationem; i rapporti, in concreto, atteggiati in modo generico, con l’assegnazione di mansioni integranti l’attività d’impresa svolta dal datore di lavoro; emersi, dalle acquisizioni istruttorie, gli elementi tipici della subordinazione; e ha concluso nel senso dell’applicabilità della tutela prevista per il lavoro subordinato, a tempo indeterminato, sin dall’instaurazione dei rapporti controversi, con obbligo contributivo a carico dell’attuale ricorrente;
3. avverso tale sentenza C. A. ha proposto ricorso affidato a cinque motivi, ulteriormente illustrato con memoria, al quale ha opposto difese l’INPS, con controricorso, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a.;
Considerato che
4. preliminarmente, va esclusa qualsivoglia rilevanza, nel presente giudizio, al giudicato formatosi nel giudizio di opposizione a ordinanza ingiunzione della Direzione territoriale del lavoro – invocato, con la memoria illustrativa, dall’attuale ricorrente trattandosi del medesimo verbale ispettivo a fondamento della pretesa contributiva azionata dall’INPS – trattandosi di giudicato intervenuto nel giudizio, relativo all’illecito amministrativo, in cui l’INPS non è parte e che, dunque, non è opponibile all’ente previdenziale nei cui confronti, pertanto, non produce effetti;
5. tanto premesso, il primo motivo, con il quale, deducendo violazione dell’art. 416 cod.proc.civ., del principio della difesa e del contraddittorio, ai sensi dell’art. 360, n. 3 cod.proc.civ., e omesso esame di un fatto decisivo, la parte ricorrente si duole che la Corte di merito non abbia dichiarato la tardività della costituzione in giudizio dell’INPS nel giudizio di primo grado, e della relativa produzione documentale oltre il termine di dieci giorni prima dell’udienza fissata, è inammissibile per inadeguata deduzione dell’error in procedendo, da far valere, invece, ai sensi del 360, n.4 cod.proc.civ., e per la doglianza secondo il paradigma del vizio motivazionale non spendibile comunque in presenza di doppia sentenza conforme;
6. peraltro, pur volendo dare ingresso alla censura nei termini in cui è formulata nel ricorso all’esame, nessuna opposizione era stata avanzata, dal ricorrente, alla suddetta produzione nel corso della udienza del 5 novembre 2015, né successivamente in sede di giudizio di appello (si veda la sintesi dei motivi di impugnazione come riportata a pag. 2 della sentenza impugnata) e, in conseguenza, il giudice di appello ha legittimamente preso in considerazione, ai fini della decisione, la documentazione prodotta dall’INPS, da ritenersi, in assenza di tempestiva opposizione alla relativa produzione, regolarmente acquisita ed entrata a far parte del tema di indagine (cfr. Cass. n. 8924 del 2015 e n. 18605 del 2017);
7. il secondo motivo, con il quale si lamenta violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. e dell’art. 14 legge n.689 del 1981, e il terzo, di pari contenuto, oltre alla promiscua censura alla stregua dei commi 3 e 4 dell’art.360 cod.proc.civ., evocando, dunque, al contempo, e in modo tra loro inconciliabili, la violazione di legge e la nullità della sentenza, sono inconferenti giacchè muovono dall’assunto dell’erronea applicazione della disciplina dettata dalla legge n. 689 del 1981, inapplicabile in materia di omissione contributiva;
8. il terzo motivo, con il quale si richiede lo scrutinio per vizio motivazionale, è inapplicabile non essendo spendibile, ratione temporis, il predetto paradigma in presenza di doppia sentenza di merito conforme;
9. il quarto motivo, con il quale deducendo violazione degli artt. 115, 116 cod.proc.civ., 2697 cod.civ. e omesso esame di un fatto decisivo, si censura, in sostanza, l’erroneo apprezzamento delle risultanze processuali, è da rigettare;
10. la quinta doglianza, incentrata sulla specificità dei contratti a progetto, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, si risolve nell’inammissibile richiesta di una diversa valutazione dei progetti e della risultanze istruttorie per avere la Corte territoriale ritenuto i progetti, allegati ai contratti, generici e privi dell’indicazione di un risultato finale da raggiungere, e per avere disatteso il testimoniale acquisito in giudizio sulla genuinità dei rapporti di lavoro controversi;
11. invero, la Corte territoriale, con apprezzamento in fatto insindacabile in questa sede, ha escluso la specificità dei progetti perché meramente descrittivi, in modo peraltro generico, delle mansioni affidate ai collaboratori e integranti le singole fasi dell’attività d’impresa in cui si sostanzia l’oggetto sociale, ha ritenuto l’invalidità dei contratto a progetto per difetto della forma scritta, ha accertato che le mansioni alle quali erano assegnati gli addetti al progetto esaurivano, in sostanza, l’intera attività aziendale sicché, come emerso dalle risultanze documentali, i collaboratori hanno sostanzialmente eseguito il servizio offerto dalla società alla committenza nel quale si concretava l’oggetto dell’attività d’impresa;
12. la Corte di merito ha, inoltre, valorizzato le dichiarazioni rese in sede ispettiva in conformità con l’orientamento consolidato di legittimità secondo il quale i verbali ispettivi fanno piena prova fino a querela di falso, dei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, ivi compresa l’esistenza e provenienza delle dichiarazioni raccolte a verbale ma non anche delle valutazioni dell’ispettore o dei fatti non percepiti direttamente ma affermati dall’ispettore in base ad altri fatti (cfr., fra le tante, Cass. n.9632 del 2016) e che tale materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, il quale può anche considerarlo prova sufficiente, qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso di altri elementi renda superfluo l’espletamento di ulteriori mezzi istruttori (v., fra le tante, Cass. n. 11934 del 2019);
13. sul tema dell’omissione contributiva in riferimento a contratti a progetto non riconducibili a progetti specifici, questa Corte (v., da ultimo, Cass. n. 2854 del 2020) ha, più in particolare, affermato che in tema di lavoro a progetto, l’art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003 (ratione temporis applicabile, nella versione antecedente le modifiche di cui all’art. 1, comma 23, lett. f) della legge n. 92 del 2012), si interpreta nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso (si rinvia ai precedenti richiamati da Cass. n.2854 del 2020 cit.; v., inoltre, Cass. n. 24083 del 2021 ed ivi ulteriori precedenti);
14. si è precisato che: a) il primo comma dell’art.69, introduce una vera e propria disposizione sanzionatoria per il caso di mancata riconducibilità del rapporto coordinato e continuativo ad uno specifico progetto o programma, disponendo tout court che il rapporto «è considerato» di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall’origine, espressione tipica dei casi di c.d. «conversione» del rapporto ope legis (quali ad es. le fattispecie interpositorie o di illegittima apposizione del termine finale di durata al contratto di lavoro); b) una diversa interpretazione, volta a ritenere ammissibile la prova diretta a dimostrare l’insussistenza della subordinazione «presunta» finirebbe per legittimare la perpetuazione delle collaborazioni coordinate e continuative anche in assenza di uno specifico progetto e programma, ogni qualvolta il committente riuscisse a dimostrare il carattere autonomo del rapporto contrattuale, che è proprio l’effetto che il legislatore del 2003 intendeva scongiurare; c) questa opzione interpretativa spiega anche la differenza tra la previsione del comma 1 di cui all’art.69 rispetto al meccanismo sancito dal comma 2 di detta disposizione: benché, invero, entrambe siano sanzionate con l’applicazione della disciplina propria dei rapporti di lavoro subordinato, si tratta di fattispecie strutturalmente differenti, giacché nella prima rileva il dato formale della mancanza di uno specifico progetto a fronte di una prestazione lavorativa che, in punto di fatto, rientra nello schema generale del lavoro autonomo, laddove nella seconda rilevano le modalità di tipo subordinato con cui, nonostante l’esistenza di uno specifico progetto, è stata di fatto resa la prestazione lavorativa (vedi in tal senso, in motivazione Cass. n.9471 del 2016);
15. l’interpretazione della norma alla quale viene data continuità non induce dubbi di legittimità costituzionale, con riguardo sia agli artt. 3 e 38 Cost. che con riguardo agli artt. 101 e 104 Cost., in quanto la Corte costituzionale, con la sentenza n.399 del 2008, pervenendo alla declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art.86 d.lgs. n.276/2003, ha rimarcato come la novità introdotta dagli artt. 61 e seguenti del d.lgs. cit. risieda proprio nel divieto di instaurare rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che, pur avendo ad oggetto genuine prestazioni di lavoro autonomo, non siano riconducibili ad un progetto, divieto che risulta giustificato dalla contrarietà di detti rapporti alla norma imperativa che prescrive l’obbligo di utilizzare il nuovo tipo legale di contratto (ex art.1418 c.c.);
16. la conversione del contratto di lavoro autonomo continuativo, instaurato senza progetto, in rapporto di lavoro subordinato è, pertanto, la conseguenza della valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, attraverso la previsione dell’art. 69, comma 1°, d.lgs. n. 386/2003;
17. la tecnica usata è quella della nullità del contratto, che sia stato in concreto posto in essere senza progetto (o senza un progetto specifico), accompagnata dalla sua cd. conversione o trasformazione ope legis mediante la sostituzione di diritto delle clausole invalide con la disciplina inderogabile del rapporto, né si giustificano dubbi di legittimità costituzionale con riguardo alla regola dell’indisponibilità del tipo contrattuale (secondo i principi espressi dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 115 del 1994 e 121 del 1993) posto che la Corte costituzionale ha stabilito il principio secondo cui «spetta al legislatore stabilire la qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro, pur non essendo allo stesso consentito negare la qualifica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura»;
18. la definizione legale del contratto a progetto, fornita dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61 (abrogato dal d.lgs. n. 81 del 2015, art. 52), prevede, per la configurazione della fattispecie, oltre alla presenza di tutti i caratteri della già nota figura delle collaborazioni continuative e coordinate, anche la riconducibilità dell’attività “a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa”;
19. la norma in esame non richiede che il progetto specifico debba inerire ad una attività eccezionale, originale o del tutto diversa rispetto alla ordinaria e complessiva attività di impresa, tuttavia è necessaria la riconducibilità dell’attività “a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa”;
20. il risultato diventa così un fattore chiave che giustifica l’autonomia gestionale del progetto o del programma di lavoro, sia nei tempi sia nelle modalità di realizzazione, e ciò perchè l’interesse del creditore è relativo al perfezionamento del risultato convenuto che, pur non necessariamente identificandosi in uno specifico opus, deve in ogni caso assumere una sua precisa connotazione, differenziandosi dalla mera disponibilità, da parte del committente, di una prestazione di lavoro eterodiretta, tipica del rapporto di lavoro subordinato;
21. conseguentemente, al committente viene richiesto di esplicitare ex ante, in forma scritta (cfr. Cass. n. 7716 del 2016), l’obiettivo che il contratto si prefigge di raggiungere e il risultato della prestazione richiesta al collaboratore, che deve essere necessariamente rivolta a quell’obiettivo;
22. non viene, invece, richiesto che il progetto abbia ad oggetto un’attività altamente specialistica o di particolare contenuto professionale, e tanto meno che sia unica e irripetibile;
23. in questa chiave interpretativa, il requisito della specificità deve riguardare tanto il progetto quanto il programma (o la fase di lavoro), non ravvisandosi differenze concettuali tra i due termini; e la riprova che per il legislatore “programma” e “progetto” siano sostanzialmente sinonimi si rinviene nel successivo art. 62, che nel disciplinare la forma ed il contenuto del contratto dispone alla lett. b) che il contratto debba contenere la “indicazione del progetto o programma di lavoro, o fase di esso, individuata nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto”, così ponendo sullo stesso piano, indifferentemente, programmi e progetti i quali devono essere entrambi caratterizzati dalla esatta individuazione della prestazione richiesta al lavoratore e dalla relativa indicazione nell’atto scritto;
24. la “specificità del progetto, programma o fase” diviene dunque l’elemento caratterizzante un legittimo rapporto di lavoro a progetto;
25. in definitiva, la sentenza della Corte territoriale che, con congrua valutazione che involge anche apprezzamenti di merito, ha ritenuto inadeguata la specificazione del progetto nei contratti sottoposti al suo vaglio, con previsione di attività coincidente con la normale attività di impresa, non merita le censure che le sono mosse;
26. segue coerente la condanna alle spese di lite;
27. ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, co. 1, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, co. 1, se dovuto.
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