CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 26086 depositata il 7 settembre 2023
Lavoro – Mancata comunicazione dell’assunzione dei lavoratori – Verbali ispettivi – Valore probatorio precostituito in ordine alla provenienza dal pubblico ufficiale che li ha redatti ed ai fatti che quest’ultimo attesta che siano avvenuti in sua presenza o che siano stati da lui compiuti – Dichiarazioni rese dai lavoratori agli ispettori – Rigetto
Rilevato che
Con sentenza n. 542/2019, la Corte d’Appello di Catanzaro, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto l’opposizione di L.C., quale rappresentante della società S.E.A. s.n.c., alle ordinanza ingiunzione nn. 259 e 260 del 2008 emesse dalla Direzione Territoriale del Lavoro – DTL di Crotone per violazioni delle disposizioni concernenti alcuni rapporti di lavoro subordinati instaurati negli anni 2006 e 2007 (mancata comunicazione dell’assunzione dei lavoratori A.S., M.T.F., A.A.).
La Corte territoriale ha rilevato che, diversamente da quanto dichiarato da A.A., le dichiarazioni rilasciate agli ispettori da A.S. erano circostanziate e non apparivano scalfite dalle deduzioni della società, che si era limitata a circoscrivere il periodo di svolgimento del rapporto di lavoro (dall’1 all’8 agosto 2006 anziché, come riferito dal lavoratore, per tutto il mese di agosto 2006); del pari, le dichiarazioni rilasciate agli ispettori del lavoro dalla F. erano coerenti e complete e la società non aveva allegato elementi per dubitare dell’attendibilità.
Avverso tale sentenza ricorre la L.C., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della società S.E.A. s.n.c., con un motivo; la DTL di Crotone resiste con controricorso.
Considerato che
1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 2700 cod.civ. avendo, la Corte territoriale, erroneamente attribuito fede privilegiata ai verbali ispettivi ove erano trasfuse le dichiarazioni dei lavoratori rilasciate in sede di accesso ispettivo, assumendo una decisione fondata sulle sole dichiarazioni rese in sede amministrativa. 3. I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono inammissibili.
2. Il ricorso non merita accoglimento.
Questa Corte ha ripetutamente affermato i verbali redatti dall’Ispettorato del Lavoro o dai funzionari degli enti di previdenza ed assistenza, in tema di comunicazioni dell’instaurazione di rapporti di lavoro e di omesso versamento di contributi, fanno fede sino a querela di falso per quanto riguarda la provenienza dal pubblico ufficiale che li ha redatti ed i fatti che quest’ultimo attesta che siano avvenuti in sua presenza o che siano stati da lui compiuti (v., tra le molte, Cass. n. 20019 del 2018; in motiv., Cass. n. 8946 del 2020), mentre in ordine alle altre circostanze di fatto (id est: in ordine a circostanze diverse da quelle che i verbalizzanti attestano avvenute in loro presenza o da loro compiute) che i verbalizzanti segnalano di aver accertato nel corso dell’inchiesta per averle apprese o de relato o in seguito ad ispezione di documenti, la legge non attribuisce al verbale alcun valore probatorio precostituito e, in tal caso, il materiale raccolto dai verbalizzanti deve passare al vaglio del giudice, il quale, nel suo libero apprezzamento, può valutarne l’importanza e determinare quale sia “il conto da farne” ai fini della prova (Cass. n. 8946 del 2020 cit.), possedendo – detti verbali – un’attendibilità che può essere infirmata solo da una specifica prova contraria (Cass. S.U. n. n. 916 del 1996; conf. Cass. n. 14965 del 2012, Cass. n. n.28286 del 2019, in motivazione; Cass. n. 24388 del 2022).
3. La Corte territoriale si è conformata ai principi di diritto innanzi richiamati ed ha precisato, utilizzando il suo prudente apprezzamento, che le dichiarazioni rilasciate da due (dei tre) lavoratori (oggetto dell’illecito amministrativo) raccolte dagli ispettori erano circostanziate e complete e sostanzialmente non smentite dalle deduzioni illustrate dalla società in sede giudiziaria.
4. La valutazione della correttezza della motivazione rientra nel diverso paradigma impugnatorio previsto nel n. 5, dell’art. 360, primo comma, cod.proc.civ. (come sostituito dall’art. 54, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134) a norma del quale è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. S.U. n. 8053 del 2014), profili non denunciati nel caso di specie né presenti nella sentenza impugnata.
5. In conclusione, il ricorso va rigettato; le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.
6. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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