TRIBUNALE DI FOGGIA – Sentenza 01 febbraio 2022
Rapporto di lavoro – Obbligo contributivo preteso dall’Inps – Accertamento negativo – Onere della prova – Valore probatorio del verbale ispettivo
Motivi
Con ricorso depositato in data 23.11.2016 (…) si è rivolto all’intestato Tribunale chiedendo di accertare che l’orario di lavoro svolto dalle signore (…) e (…) fosse esclusivamente quello indicato nel Libro Unico e conseguentemente non fossero dovuti i contributi richiesti con missiva INPS del 27.4.2016 per la complessiva somma di € 23.126,00 (di cui € 14.335,00 per contributi, € 8.538,00 per somme aggiuntive ed €. 223,00 per interessi di mora) conseguenti all’accertamento ispettivo del 14.10.2014 in virtù del quale i rapporti di lavoro dal 1 luglio 2013 al 30 giugno 2014 con le predette lavoratrici, formalmente part-time, dovevano essere ritenuti a tempo pieno.
A sostegno della propria domanda, il ricorrente deduceva di aver assunto le lavoratrici con contratto di lavoro part time;
precisava che le signore (…) e (…) avevano sempre svolto l’orario di lavoro indicato nel contratto di assunzione salvo “poche ore di lavoro supplementare” remunerato in sede di conciliazione sindacale con la quale le singole lavoratrici dichiaravano di aver svolto l’orario di lavoro stabilito nei rispettivi contratti.
Si costituiva l’INPS assumendo la legittimità della pretesa fondata sul verbale ispettivo della DTL del 14.10.2014 e degli accertamenti svolti anche con l’ascolto delle lavoratrici “con dichiarazioni purtroppo non disponibili nonostante più volte richieste alla DTL di Foggia”;
Acquisiti su ordine del giudice le dichiarazioni rese dalle lavoratrici in sede ispettiva; ammessi ed escussi i testimoni; subentrata la scrivente nel ruolo del precedente giudice; fissata l’odierna udienza con trattazione scritta in virtù delle “Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti in materia di giustizia civile” ex art. 83 d.l. 17.3.2020 e succ. mod.; pervenute le note di trattazione scritta depositate dalle parti nei termini concessi; la causa viene decisa con la presente contestuale sentenza.
L’opposizione va accolta.
L’Istituto convenuto ha fondato la propria pretesa sul verbale unico di accertamento della DTL di Foggia del 14.10.2014, su quanto emerso dalla documentazione aziendale (libro unico), con annotazioni discordanti con quanto rappresentato dalle lavoratrici che avevano riferito di aver lavorato, per il periodo oggetto di accertamento, per 8 ore giornaliere e per 48 ore settimanali.
Tanto premesso si osserva che, nel giudizio promosso dal contribuente per l’accertamento negativo del credito previdenziale, incombe all’INPS di provare i fatti costitutivi della pretesa contributiva, che l’Istituto fondi su rapporto ispettivo.
L’onere di provare i fatti costitutivi del diritto, infatti, grava, ai sensi dell’art. 2697 c.c., su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché convenuto in giudizio di accertamento negativo; ne consegue che, nel giudizio promosso da una società per l’accertamento dell’insussistenza dell’obbligo contributivo preteso dall’INPS sulla base di verbale ispettivo, incombe sull’Istituto previdenziale la prova dei fatti costitutivi del credito preteso.
A tal fine, il rapporto ispettivo dei funzionari dell’ente previdenziale, pur non facendo piena prova fino a querela di falso, è attendibile fino a prova contraria, quando esprime gli elementi da cui trae origine (in particolare, mediante allegazione delle dichiarazioni rese da terzi), restando, comunque, liberamente valutabile dal giudice in concorso con gli altri elementi probatori (Cass. 2012 n. 14965).
Va detto, altresì, che il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, solo con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché in relazione alla provenienza del documento dallo stesso p.u. e delle dichiarazioni rese dalle parti, mentre non è necessario, in applicazione della disciplina di cui agli artt. 2699 e 2700 c.c., l’esperimento del rimedio della querela qualora la parte intenda limitarsi a contestare la verità sostanziale di tali dichiarazioni ovvero la fondatezza di apprezzamenti o valutazioni del verbalizzante cui non si estende la fede privilegiata del documento (Cass. Sez. un., 25 novembre 1992, n. 12545; 24 luglio 2009, n. 17355).
In applicazione del richiamato principio, è stato affermato che le dichiarazioni rilasciate dai lavoratori agli ispettori dell’autorità che espleta funzioni di vigilanza e controllo non hanno di per sé un valore probatorio precostituito ed il giudice non può porre il verbale a fondamento della decisione, considerandolo come fonte esclusiva del proprio convincimento.
Vanno, infatti, liberamente apprezzate dal giudice, nell’ambito di tutto il materiale raccolto, le circostanze che l’ispettore riferisce di aver appreso da dichiarazioni di terzi quali i lavoratori o che sono frutto di sue deduzioni (Cass. 23 giugno 2008, n. 17049; 17 febbraio 2000, n. 17869).
È infatti consolidato l’orientamento della S.C. secondo cui: “I verbali redatti da pubblico ufficiale incaricato di ispezioni circa l’adempimento degli obblighi contributivi, mentre fanno piena prova, fino a querela di falso, dei fatti che lo stesso pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti, non hanno invece alcun valore precostituito, neanche di presunzione semplice, riguardo alle altre circostanza in detti verbali indicate o riferite, sicché il materiale raccolto dal verbalizzante deve passare al vaglio del giudice, il quale non può esprimersi dalla valutazione complessiva di tutte le risultanze probatorie, offerte anche dai suddetti verbali, e può valutare nel suo libero e prudente apprezzamento (ex art. 116 cod. proc. Civ.) l’importanza da conferire a dette circostanze per determinare l’eventuale rilevanza delle stesse ai fini probatori, senza però potere attribuire ad esse il valore di un vero e proprio accertamento in punto di fatto, dal quale conseguirebbe, inammissibilmente, l’onere, a carico della parte che l’Ente previdenziale ritiene obbligata, di fornire la prova della insussistenza dei fatti a lei contestati. Ne consegue che ben può la valutazione del complesso delle risultanze probatorie operata direttamente dal giudice risultare in contrasto con quanto indicato nell’accertamento ispettivo” (sent. n. 17555 del 10/12/2002).
È pur vero che le lavoratrici interessate dall’accertamento ispettivo hanno dichiarato in sede ispettiva di aver lavorato osservando un orario di lavoro di otto ore al giorno per sei giorni alla settimana con “trasformazione del contratto da part time a full time” (cfr. dichiarazioni rese dalla (…)
Tuttavia parte ricorrente ha dedotto che la sig.ra (…) nel periodo intercorrente dal luglio 2013 al giugno 2014, ha svolto un numero di ore di lavoro settimanali pari a 18 ore, in conformità a quanto indicato nel contratto di assunzione, nonché nei prospetti paga la sig.ra (…) nel periodo intercorrente da luglio 2013 a giugno 2014, ha svolto un numero di ore di lavoro settimanali pari a 15 ore, in conformità a quanto indicato nel contratto di assunzione, nonché dei prospetti paga regolarmente conseguanti alla lavoratrice;
la sig.ra (…) ha espletato, nel periodo intercorrente da luglio 2013 a giugno 2014, un numero di ore di lavoro settimanali pari a 24 ore, in conformità a quanto indicato nel contratto di assunzione, nonché nei prospetti paga regolarmente consegnati alla lavoratrice.
A supporto di tale deduzioni ha prodotto dichiarazioni provenienti dalle stesse lavoratrici con le quali le signore (…) conciliata la lite innanzi alla DTL di Foggia, dichiarano di aver svolto l’orario di lavoro di cui ai prospetti paga.
Le dichiarazioni sono generiche, entrano in contrasto con quando dichiarato in sede ispettiva, e pertanto non sono idonee a superare il dato del maggior orario accertato con il verbale del 14.10.2014.
Tuttavia occorre valutare le risultanze istruttorie emerse nel corso del presente giudizio.
Su richiesta di parte ricorrente, infatti, sono state risentite le lavoratrici (…) e (…) interessate dagli accertamenti ispettivi.
Così (…) ha riferito: “conosco la sig.ra (…) posso confermare che anche ella ha lavorato nel periodo giugno 2013-luglio 2014, facendo 18 ore settimanali, distribuite per 6 giorni”.. “le abbiamo fatte lo stesso giorno che furono pagate a noi le poche ore di lavoro supplementare che abbiamo fatto in quel periodo di cui ho sopra riferito mediante un assegno consegnatoci in occasione della conciliazione all’Ispettorato del Lavoro”…”anche la sig.ra (…) faceva ventiquattro ore di lavoro, ricordo che lavorava per quattro ore al giorno per sei giorni e anche lei fece la conciliazione presso la Direzione del Lavoro” “io personalmente dal luglio 2013 a giugno 2014 facevo 15 ore alla settimana in quanto per tre giorni facevo tre ore al giorno, e agli altri tre giorni della settimana facevo due ore al giorno” (verbale di udienza del 1.10.2017).
Anche la teste (…) ha confermato gli orari di lavoro previsti in contratto affermando: “ho lavorato alle dipendenze della ditta di (…) dal 21 giugno 2013 al 31 luglio 2018, epoca in cui sono stata licenziata”, confermo inoltre che nel periodo luglio 2013 al 31 luglio 2018, epoca in cui sono stata licenziata”, confermo inoltre che nel periodo luglio 2013-giugno 2014, la sig.ra (…) ha espletato un orario di lavoro pari a 18 ore settimanali, articolato in 3 ore al giorno per 6 giorni”… “confermo che, nel periodo a luglio 2013-2014, la sig.ra (…), espletava un orario di lavoro pari a 15 ore settimanali, articolato in 3 ore al giorno per 5 giorni”, ed ancora: “io nel periodo giugno-luglio 2014, osservavo un orario di lavoro pari a 24 ore settimanali, articolato in 4 ore al giorno, per 6 giorni” (cfr. verbale di udienza del 10.9.2018).
Dal raffronto tra le fonti di prova assunte dinanzi agli organi ispettivi e quelle risultanti dall’istruttoria compiuta nel corso del presente giudizio emergono numerosi elementi tra loro contraddittori che suscitano notevoli perplessità in ordine al reale accadimento dei fatti.
In effetti è incontestato che le lavoratrici siano state assunte con contratto di lavoro part time.
Il maggior orario di lavoro è stato accertato in ragione di quanto dichiarato dalle uniche tre lavoratrici del B&B; tuttavia nel corso del presente giudizio sono state rilasciate, con l’impegno a dire la verità, deposizioni testimoniali dalle stesse lavoratrici (…) e (…) che smentiscono quanto concluso in sede ispettiva.
Se tale è il quadro fattuale, tenuto conto della valenza della prova testimoniale e delle implicanze di natura penale che da essa possono derivare, nonché della necessaria considerazione che deve essere riservata alle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori, in ragione della loro posizione di interesse, in base ai principi giurisprudenziali già richiamati, deve concludersi per la mancanza di una prova certa e rigorosa delle circostanze poste a fondamento della pretesa creditoria fondata su un maggior orario di lavoro in contrasto con quanto concordato dalle pari che convenivano, pacificamente, un contratto di lavoro part time.
In definitiva sulla scorta della valutazione autonoma e complessiva delle risultanze documentali e testimoniali deve ritenersi, per la contraddittorietà delle dichiarazioni rese dalle lavoratrici interessate, che non è stata acquisita la prova certa dei fatti costitutivi dell’obbligazione contributiva per la lacunosità del quadro probatorio posto a fondamento della pretesa.
Alla stregua delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere accolto.
La complessità del quadro istruttorio (basato essenzialmente sulle dichiarazioni dei lavoratori, già raccolte in sede ispettiva dall’INPS e meglio approfondite solo in sede di escussione testimoniale nel corso del presente giudizio), nonché il contrasto giurisprudenziale circa la valutazione delle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva risentite in sede testimoniale, giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa, così provvede:
– Accoglie il ricorso;
– Compensa le spese di lite.
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