CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 luglio 2018, n. 17362
Lavoro – Trattamento di fine rapporto – Ricalcolo – Inclusione della c.d. “indennità di ente” – Differenze retributive
Rilevato che
1. La Corte di appello di Roma ha rigettato l’appello proposto dall’Istituto nazionale per studi ed esperienze di architettura navale (INSEAN) avverso la sentenza del Giudice del lavoro del Tribunale di Roma che aveva accolto la domanda presentata dai lavoratori nominati in epigrafe volta ad ottenere il ricalcolo del trattamento di fine rapporto con inclusione della c.d. “indennità di ente” erogata mensilmente, con condanna dell’Ente convenuto a eseguire tale ricalcolo e a corrispondere le relative differenze.
1.1. Ha osservato che:
– l’indennità di ente in questione, nella misura fissa erogabile nel mese di giugno di ogni anno (art. 42 CCNL di settore) era stata pacificamente riconosciuta dall’Amministrazione come utile ai fini del calcolo del trattamento di quiescenza e quindi compresa nel trattamento economico fondamentale, con ciò riconoscendo implicitamente la sussistenza dei presupposti di fatto per un calcolo basato anche sull’utilizzazione degli emolumenti previsti in sede di contrattazione collettiva;
– di conseguenza, doveva essere calcolata anche la quota mensile che, ai sensi dell’articolo 44, comma 4, null’altro è che un incremento della stessa indennità annuale, avente la stessa natura e costituente solo una parte variabile, in quanto basata su parametri soggetti a mutamento e quindi da liquidare ogni mese.
2. Per la cassazione di tale sentenza il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), succeduto all’Istituto nazionale per studi e esperienze di architettura navale (INSEAN), propone ricorso affidato ad un motivo. I lavoratori resistono con controricorso.
Considerato che
1. Con unico motivo di ricorso il C.N.R. lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2 Legge n. 335 del 1995; dell’art. 38 D.P.R. n. 1032 del 1973; dell’art. 44, comma 4, CCNL 1994/1997 e dell’art. 71 CCNL 1998/2001 relativo al personale delle istituzioni e degli enti di ricerca e sperimentazione (art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.), sostenendo l’erroneità di una interpretazione della normativa contrattuale che, omettendo di considerare le regole dettate dal d.P.R. n. 1032 del 1973, porti ad espandere il novero degli emolumenti da includere nel trattamento di fine rapporto.
2. Il ricorso è fondato e va accolto, in quanto analoga questione è già stata trattata da questa Corte con le sentenze n. 19470 del 2015 e n. 24978 del 2016, che hanno rigettato il ricorso dei lavoratori, facendo applicazione anche di principi già oggetto di statuizione della giurisprudenza di legittimità, alla quale si intende dare continuità.
3. Si è affermato che:
– l’art. 44 del CCNL del 7 ottobre 1996 enti ricerca, ai commi 1 e 2, istituiva a decorrere dal 1° gennaio 1996 una indennità di ente, da corrispondere nel mese di giugno di ciascun anno, e al comma 4, istituiva una indennità erogata mensilmente per 12 mensilità;
– l’art. 7 del CCNL enti ricerca biennio economico 10 gennaio 1996-31 dicembre 1997, al comma 1, regolava le misure dell’indennità di ente annuale di cui al comma 2 dell’art. 44 del CCNL stipulato in data 7 ottobre 1996; al comma 3 stabiliva che la disposizione di cui al comma 4 dell’art. 44 del CCNL (indennità di ente mensile) continua ad applicarsi nel presente biennio;
– l’art. 71 del CCNL 1998-2001 enti ricerca, prevedeva, rispettivamente ai commi 1, 2 e 3: “Le risorse derivanti dalla rivalutazione in base ai tassi di inflazione programmata del biennio delle componenti variabili della retribuzione quantificate in misura pari allo 0,52% della massa salariale 1997, confluiscono, a decorrere dal 31.12.1999 ed a valere sull’anno 2000, nel Fondo per l’indennità di Ente previsto dall’art. 43, comma 2, lett. c) del CCNL 7 ottobre 1996”; “A decorrere dal 31.12.1999 l’indennità di ente di cui all’art. 7, comma 1, del CCNL 11 novembre 1996 è incrementata nelle misure annue lorde previste dall’allegata Tabella C”; “L’indennità di ente, atteso il suo carattere di stabilità, è considerata utile ai fini dell’indennità premio di fine servizio e del trattamento di fine rapporto”.
3.1. In particolare, questa Corte, con le suddette sentenze, ha affermato che il tenore dell’art. 71 del CCNL 1998-2001, che non richiama anche il terzo comma dell’ art. 7 del CCNL 1996, relativo all’indennità di ente mensile di cui all’art. 44, comma 4, del CCNL 1994-1997, ma solo l’art. 7, comma 1, relativo all’indennità di ente annuale cui all’art. 44, comma 2, fa ritenere che la prevista inclusione sia stabilita per la sola indennità di ente annuale, e, in tal caso, comunque per quella maturata dopo il 31 dicembre 1999, atteso che da tale data ne veniva disposto l’incremento. Ed infatti, il citato art. 71, comma 2, stabilisce che a decorrere dal 31 dicembre 1999 l’indennità di ente di cui all’art. 7, comma 1, del CCNL 1996/1997 è incrementata nelle misure annue lorde previste dall’allegata Tabella C, e, al già citato comma 3, che l’indennità di ente, atteso il suo carattere di stabilità, è considerata utile ai dell’indennità premio di fine servizio e del trattamento di fine rapporto.
4. Detti principi devono essere ribaditi, per le ragioni tutte indicate nella motivazione delle sentenze sopra richiamate, da intendersi qui trascritte ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ..
5. Conseguentemente la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originaria domanda.
6. Tenuto conto dell’esito diverso nel giudizio di merito, le spese di primo e di secondo grado vanno compensate tra le parti, mentre quelle del giudizio di legittimità sono regolate secondo soccombenza e liquidate nella misura indicata in dispositivo.
7. Tenuto conto dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; compensa le spese dei gradi di merito e condanna parte intimata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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