CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 maggio 2019, n. 11669
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Riscossione – Percezione di compensi in nero – Verifica ficale
Rilevato che
Con sentenza n. 31/24/2012, depositata il 17 febbraio 2012, non notificata, la CTR della Sicilia accolse l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del sig. D.D.N. avverso la sentenza della CTP di Agrigento, che aveva invece accolto il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento per IRPEF relativo all’anno 2002.
La ripresa a tassazione era stata giustificata dall’Ufficio in relazione alla contestazione della percezione da parte del D.N., dipendente della S.I.M.M.I. S.r.l., di compensi in nero, celati sotto forma d’indennità di trasferta, ciò a seguito di verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza presso la succitata società.
La sentenza della CTR della Sicilia, in riforma della pronuncia di primo grado, confermò la legittimità dell’atto tanto sul piano formale, ritenendo l’atto impositivo sufficientemente motivato in modo da consentire la piena estensione del diritto di difesa del contribuente, quanto nel merito in relazione alle risultanze dell’indagine svolta dalla Guardia di Finanza addotte dall’Amministrazione a fondamento della pretesa impositiva.
Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrato da duplice memoria, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate. Considerato che:
1. Con il primo motivo il contribuente violazione dell’art. 2909 cod. civ., (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) assumendo che nella fattispecie andrebbe rilevato, riguardo alla pretesa fatta valere dall’Amministrazione finanziaria, il giudicato esterno, in forza di altra pronuncia resa tra le parti dalla CTR della Sicilia, n. 94/35/13, depositata il 4 giugno 2013, notificata il 18 giugno 2013 e passata in giudicato il 18 giugno 2013 per omessa impugnazione nei termini che, quantunque avente ad oggetto diversa annualità d’imposta (anno 2001) aveva ad oggetto medesima imposta, IRPEF, essendo anche in detto giudizio, conclusosi con esito favorevole al contribuente, la ripresa a tassazione giustificata sui medesimi fatti quali emergenti dalla stessa indagine della Guardia di Finanza.
2. Con il secondo motivo il contribuente lamenta violazione dell’art. 7, comma 1, della l. n. 212/2000 e dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata omesso di pronunciarsi in ordine all’eccezione di nullità dell’atto impositivo per mancata allegazione degli atti ivi richiamati.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ancora insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto l’atto impositivo sufficientemente motivato.
4. Con il quarto motivo, infine il ricorrente lamenta error in procedendo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha dato per certa una circostanza di fatto mai addotta dalle parti, adducendo a fondamento della fondatezza dell’atto impositivo l’esito d’indagini della Guardia di Finanza, che si era limitata a trasmettere all’Amministrazione finanziaria una mera “segnalazione” in punto di esistenza di atti ispettivi compiuti nei confronti della società terza dall’INAIL e dall’INPS di Cagliari.
5. Va premesso che – venendo la causa all’esame del collegio da ordinanza interlocutoria della sesta sezione civile ai sensi dell’art. 380-bis, ultimo comma, cod. proc. civ. – detta circostanza non osta alla trattazione in sede camerale della controversia da parte della sezione ordinaria secondo l’art. 380-bis. l, laddove, come nella fattispecie in esame, non vi sia espresso riferimento nell’ordinanza di remissione alla sussistenza dei presupposti – come la particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale la Corte deve pronunciare – che, ai sensi dell’art. 375, comma 2, cod. proc. civ., giustifichino tale decisione (cfr. Cass. sez. 3, ord. 27 settembre 2017, n. 22462).
6. In primo luogo va esaminata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso del contribuente sollevata dalla difesa erariale per decadenza dall’impugnazione.
6.1. L’eccezione è fondata e va accolta.
Premesso che nella fattispecie in esame la controversia ha avuto inizio in primo grado in epoca anteriore all’entrata in vigore della l. n. 69/2009, trova applicazione il c.d. termine lungo per la proposizione del ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR il disposto dell’art. 327, comma 1, cod. proc. civ., nella sua originaria formulazione e dunque il termine di un anno dal deposito della sentenza, non notificata, cui va aggiunto il periodo di sospensione feriale di cui all’art. 1 della l. n. 742/1969 nella sua formulazione pure applicabile ratione temporis.
È incontroverso che detto termine di un anno dalla data del deposito della sentenza il 17 febbraio 2012 oltre i 46 giorni di sospensione feriale (periodo dal 1° agosto al 15 settembre 2012) era ormai decorso alla data del 24 ottobre 2013, di spedizione per la notifica del ricorso per cassazione.
6.2. Parte ricorrente ha tuttavia, a seguito della comunicazione della relazione finalizzata alla trattazione del ricorso in camera di consiglio secondo l’art. 380 bis cod. proc. civ. quale applicabile ratione temporis, addotto che nella fattispecie in esame dovrebbe trovare applicazione la sospensione dei termini per la proposizione del ricorso per cassazione in virtù del disposto dell’art. 6, comma 4, del d.l. 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, nella I. 1 agosto 2012, n. 122 e del successivo d.m. 1° giugno 2012.
6.3. La norma primaria succitata stabilisce che «Per i soggetti che alla data del 20 maggio 2012 erano residenti, avevano sede operativa o esercitavano la propria attività lavorativa, produttiva o di funzione nei comuni interessati dal sisma» (si tratta degli eventi sismici che avevano interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo il 20 ed il 29 maggio 2012), «il decorso dei termini perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione e eccezione, nonché dei termini per gli adempimenti contrattuali è sospeso dal 20 maggio 2012 al 31 dicembre 2012 e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine del periodo. Sono altresì sospesi, per lo stesso periodo e nei riguardi dei medesimi soggetti, i termini relativi alle procedure concorsuali, nonché i termini di notificazione dei processi verbali, di esecuzione del pagamento in misura ridotta, si svolgimento di attività difensiva e per la presentazione dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali».
6.4. Detta causa di sospensione nella fattispecie in esame sarebbe riferita non al ricorrente D.N., residente a Licata, provincia di Agrigento, ma al suo difensore avv. V.P., iscritto all’albo degli Avvocati di Mantova, con studio nel Comune di Virgilio, sito in detta provincia, alla (…), luogo dove quindi quest’ultimo svolge la propria attività lavorativa.
6.5. Ritiene la Corte che, di là dal contenuto chiaramente integrativo dell’originario ricorso riferibile alla precisazione in parte qua esposta nella memoria in relazione al rilievo d’inammissibilità del ricorso di cui all’originaria proposta del relatore per la definizione del ricorso in camera di consiglio ex art. 380 – bis cod. proc. civ., quand’anche si convenga che l’invocata causa di sospensione del termine di decadenza possa legittimamente essere riferita al difensore, nel caso
di specie debba in ogni caso escludersi che essa possa trovare applicazione.
6.5.1. Invero il Comune di Virgilio non è compreso nell’elenco dei Comuni di cui all’allegato 1 al succitato d.l. n. 74/2012 come convertito dalla l. n. 122/2012.
6.5.2. Né all’uopo può sopperire l’inclusione dell’anzidetto Comune di Virgilio nell’elenco di cui all’allegato 1 del decreto del Ministero dell’Economia e Finanze del 1° giugno 2012, in relazione a quanto disposto dall’art. 1 di detto decreto, che riguarda la sospensione per i soggetti aventi la propria residenza o sede operativa nel territorio dei Comuni delle province di Bologna, Ferrara, Modena, Reggio Emilia e Mantova compresi nell’elenco di cui all’allegato 1 al succitato decreto, essendo in tal caso la sospensione dei termini stabilita con riferimento ai «termini dei versamenti e degli adempimenti tributari, inclusi quelli derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, scadenti nel periodo compreso tra il 20 maggio 2012 ed il 30 settembre 2012».
6.6. Ne consegue che al momento della notifica del ricorso per cassazione era ormai decorso il termine di decadenza stabilito ai fini della proposizione del ricorso per cassazione avverso la sentenza impugnata.
7. Il ricorso deva essere pertanto dichiarato inammissibile, ciò precludendo l’esame dei motivi addotti a sostegno del medesimo, tra i quali l’eccepita violazione del giudicato esterno formatosi tra le stesse parti quantunque in relazione a diversa annualità d’imposta.
8. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.
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