CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 ottobre 2019, n. 24708
Tributi – Accise – Impresa di taxi – Aliquota ridotta sui carburanti consumati – Conversione del credito d’imposta in buono d’imposta – Determinazione
Rilevato che
La A. S. G. ricorre per cassazione avverso la sentenza d’appello in epigrafe, di accoglimento del gravame di merito proposto dall’Agenzia delle Dogane, che ne aveva accolto il ricorso contro il provvedimento di determinazione del buono d’imposta ex d.lgs. n. 504 del 1995, riconoscendo alla richiedente un ulteriore importo rispetto a quello ab initio riconosciutole.
Segnatamente, la soc. cooperativa, esercente l’attività di servizio taxi, in data 10 aprile 1998, aveva presentato, ai sensi degli artt. 5 e 5 bis D.M. Finanze 29 marzo 1994, istanza di conversione del credito d’imposta in buono d’imposta. Ottenuta, sulla base della dichiarazione dei redditi prodotta, la determinazione – con provvedimento del 10 novembre 1998 – dell’importo del buono in una misura inferiore a quella invocata, aveva proposto ricorso gerarchico, dichiarato irricevibile per intempestività dalla Direzione Compartimentale delle Dogane e delle imposte indirette. Il successivo ricorso al TAR nei confronti di detta declaratoria d’irricevibilità veniva dichiarato a sua volta inammissibile. Successivamente la soc. cooperativa proponeva ricorso innanzi alla CTP di Roma avverso il provvedimento del 10 novembre 1998 summenzionato, ricorso dichiarato inammissibile per omessa integrazione del contraddittorio nei riguardi dell’Agenzia delle Dogane. Infine, la soc. Cooperativa aveva ritenuto di presentare un nuovo ricorso, con cui aveva impugnato il medesimo provvedimento del 10 novembre 1998, lamentando che il predetto teneva conto della dichiarazione integrativa presentata in data 20 novembre 1995, che postulava un ammontare più cospicuo del buono d’imposta spettante alla richiedente.
La CTP di Roma accoglieva l’impugnazione promossa dalla soc. cooperativa. La CTR del Lazio, per converso, ha accolto l’appello erariale.
Il ricorso per cassazione della A. S. G. è affidato ad un solo motivo, articolato su due profili di censura.
L’Agenzia delle Dogane ha resistito con controricorso e spiegato, a sua volta, ricorso incidentale incentrato su tre motivi.
– La Autopubbliche ha depositato controricorso al ricorso incidentale.
Considerato che
Con il motivo di ricorso principale, la parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., la nullità della sentenza d’appello, e ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per avere la CTR trascurato che la dichiarazione dei redditi integrativa dalla quale scaturiva il buono d’imposta richiesto era stata portata a conoscenza dell’Autorità doganale, in quanto trasmessa mediante ricorso gerarchico.
Con il primo mezzo di ricorso incidentale, l’Agenzia censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 c.p.c. nonché la violazione del principio del “ne bis in idem” ai sensi dell’art. 360 c.p.c., in quanto, essendosi la soc. cooperativa sottratta all’onere di integrare il contraddittorio nei confronti dell’Agenzia Doganale nel contesto del primo giudizio intrapreso avverso la determinazione del buono ritenuta insoddisfacente, “la CTP sez 35, successivamente adita, avrebbe … dovuto dichiarare inammissibile il ricorso successivamente proposto”.
Con il secondo motivo, l’Agenzia denuncia la violazione dell’art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 50 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., non avendo la CTR rilevato l’inammissibilità, per evidente tardività, del secondo dei due ricorsi presentati dalla contribuente avverso l’originario provvedimento di determinazione del buono d’imposta.
Con il terzo motivo, l’Agenzia contesta la violazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, “non avendo parte ricorrente impugnato anche la decisione del Direttore del Dipartimento delle Dogane e imposte che aveva dichiarato irricevibile il ricorso gerarchico” avverso l’originario provvedimento di rilascio del buono d’imposta in una misura inferiore a quella invocata dalla contribuente.
Il motivo di ricorso principale è infondato avuto riguardo ad ambedue i profili di censura che lo articolano.
Nel caso di specie non risulta contestato – come messo in rilievo in motivazione dalla CTR – che con riferimento all’anno di imposta 2004, alla stregua della dichiarazione dei redditi originariamente depositata dall’ente, non ricorrevano i presupposti per la concessione del “buono d’imposta” nella misura invocata dal contribuente.
Il giudice d’appello ha, altresì, posto in evidenza come pacifica la circostanza del mancato inoltro alla Agenzia delle Dogane della dichiarazione integrativa che valeva a postulare, nella prospettiva della contribuente, la maggior misura di buono spettante.
Il collegio del gravame di merito ha, infine, sottolineato che l’omessa allegazione formale della dichiarazione integrativa – dalla quale soltanto emergeva la sussistenza dei presupposti per l’attribuzione di un buono un superiore importo, allineato alle richieste della contribuente – aveva impedito l’accertamento effettivo dell’ammontare del credito di imposta e, finito, conseguentemente, per precludere l’adozione di un provvedimento di accoglimento dell’istanza avanzata dalla contribuente.
Mette punto osservare che il beneficio spettante sui carburanti (benzina, gasolio, GPL, gas naturale) consumati per l’azionamento delle autovetture da noleggio da piazza (taxi ed ncc), previsto dai punti 12 e 13 della Tabella A allegata al Testo Unico delle accise, approvato con il d.lgs. n. 504 del 1995 e successive modifiche, viene concesso attraverso un credito di imposta (rimborso di accisa) commisurato alla differenza tra l’aliquota di accisa stabilita per quanto riguarda la benzina, il gasolio, il metano, il gpl e quella ridotta in relazione ai medesimi prodotti in base alla tabella di riferimento, c allegata al d.lgs. or ora evocato.
Per fruire dell’agevolazione devono indefettibilmente essere osservate le disposizioni dettate dal D.M. 29 marzo 1994, ove sono accluse le “Modalità di applicazione dell’aliquota ridotta di accisa sui carburanti per l’azionamento delle autovetture pubbliche su piazza”.
L’art. 5 bis del citato D.M. prevede che per utilizzare l’eccedenza correlata al credito di imposta maturato ad appannaggio del contribuente, costui deve curarsi di presentare alla competente circoscrizione doganale istanza contenente talune essenziali informazioni (generalità, domicilio, codice fiscale dell’istante, specie del servizio prestato, estremi della licenza, dati identificativi dell’autovettura, dichiarazione relativa ai giorni di effettivo servizio prestato) nonché ad allegarvi copia della dichiarazione dei redditi dalla quale risulti il credito residuo.
La predetta istanza, preventivamente vistata dalla competente Autorità comunale, segue la procedura regolamentare disciplinata dal D.M. del 1994, essendo questa imprescindibilmente funzionale per un verso, a consentire la conversione del credito in parola in un buono d’imposta, favorendo il monitoraggio erariale sulla correlazione fra il credito e l’anno fiscale di riferimento; per altro verso, a permettere l’utilizzo tempestivo dell’eccedenza nel termine di trenta giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di riferimento (art. 5 bis). E d’altronde, solo disponendo della dichiarazione dei redditi corredata, se del caso, delle integrazioni alla stessa normativamente consentite, la circoscrizione doganale può appurare l’effettività del credito residuo e specularmente il mancato, precedente utilizzo del credito d’imposta. Sulla base di detto computo, l’Autorità doganale può, dunque, emettere un apposito provvedimento formale determinativo dell’importo reale dell’accisa rimborsabile e pertanto idoneo a costituire il buono d’imposta spendibile.
È pacifico che all’istanza di conversione del credito d’imposta non veniva allegata ab origine la dichiarazione dei redditi “integrativa” afferente al periodo di riferimento e alla quale vengono in astratto correlati i presupposti di maturazione del credito d’imposta. Detta circostanza, valorizzata dalla CTR, assume valore dirimente, per essere la procedura intrapresa dal contribuente divaricata rispetto alle previsioni di legge che ne scandiscono rigorosamente gli adempimenti e il corso.
La ricorrente in via principale, pur riconoscendolo, ritiene che il deficit allegatorio debba ritenersi sostanzialmente colmato dalla presentazione della dichiarazione integrativa unitamente ad un ricorso gerarchico avverso l’originario provvedimento di conversione del buono di imposta, in misura stimata incongrua in quanto postulata da una dichiarazione reddituale successivamente integrata.
Senonché detto ricorso, come acclarato sentenza, veniva dichiarato irricevibile per tardività, il che escludeva in radice l’esercizio di qualsiasi vaglio di merito da parte dell’Autorità Doganale. La sanzione della irricevibilità del ricorso impediva in nuce l’esame stesso dei profili di merito concernenti i requisiti per la conversione del credito d’imposta, sicché del ricorso e dei suoi allegati l’Autorità doganale non assumeva cognizione alcuna se non al fine di rilevarne l’irritualità. Né l’erario era onerato, all’evidenza, di “archiviare” o di travasare il contenuto del ricorso e degli allegati in una sede altra e distinta, qual è quella entro cui si è successivamente innestato un nuovo e diverso ricorso teso ad ottenere il riconoscimento del beneficio fiscale di che trattasi.
Il ricorso principale va, dunque, rigettato, con l’affermazione del seguente principio di diritto: “Il credito di imposta relativo alle accise sui carburanti consumati nell’attività delle autovetture su piazza (taxi) viene riconosciuto dall’Amministrazione Doganale, anche mediante il rilascio di buoni di imposta da utilizzare presso il “deposito fiscale” della compagnia petrolifera prescelta dal contribuente, purché sia preventivamente e indefettibilmente inoltrata la dichiarazione dei redditi anche integrativa afferente al periodo di imposta di riferimento e idonea a documentare il credito non utilizzato“.
I tre motivi di ricorso incidentale sono avvinti da un minimo comune denominatore d’inammissibilità.
Giova evidenziare che la sentenza della CTR accoglieva integralmente l’appello dell’Agenzia delle Dogane e condannava la contribuente al rimborso delle spese di lite.
Va, pertanto, prestata adesione alla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui l’interesse all’impugnazione, quale manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire e la cui assenza è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento (v. Cass. n. 3330 del 2002; Cass. n. 7365 del 2006), deve essere individuato in un interesse giuridicamente tutelato, identificabile nella possibilità di conseguire una concreta utilità o un risultato giuridicamente apprezzabile, attraverso la rimozione della statuizione censurata, non prospettandosi, perciò, sufficiente al riguardo la configurabilità di un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica non suscettibile di produrre riflessi pratici sulla soluzione adottata (ex plurimis Cass. n. 24434 del 20077; Cass. n. 13593 del 2006).
L’attuale ricorrente in via incidentale ha conseguito, in esito al giudizio d’appello, il risultato che con il mezzo di impugnazione si prefiggeva. Nessuna utilità concreta potrebbe derivarle dall’accoglimento dei motivi di gravame proposti in questa sede.
Il ricorso va, pertanto, respinto. Si da atto dell’applicazione dell’art. 13 c. 1 quater DPR 115/2002.
– Le spese del giudizio vanno compensate avuto riguardo al rigetto sia del ricorso principale che di quello incidentale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale; rigetta, altresì, il ricorso incidentale; compensa le spese del giudizio.
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