CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 marzo 2019, n. 6219
Imposte indirette – IVA – Credito – Rimborso – Diniego – Ricorso per Cassazione – Contenzioso tributario
Fatti e ragioni della decisione
La B. srl ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, contro l’Agenzia delle entrate, impugnando la sentenza resa dalla CTR Lombardia indicata in epigrafe che, confermando la pronunzia di primo grado, ha rigettato il ricorso proposto contro il diniego di rimborso di credito IVA relativo all’anno 2009. Secondo la CTR il contegno dell’amministrazione era stato corretto, in assenza della compilazione del nuovo modello VR dal quale sarebbe dovuto risultare il maggior credito IVA spettante al contribuente o di riporto del credito nella dichiarazione relativa all’anno successivo.
L’Agenzia delle entrate non si è costituita.
La ricorrente deduce la violazione degli artt. 21, c. 2 d. Igs. n. 546/1992, 30 e 38 bis d.P.R. n. 633/1972.
Il ricorso è fondato.
Giova ricordare che anche in materia di IVA è valido il principio, già affermato con riferimento alle imposte sui redditi, secondo il quale la dichiarazione del contribuente, affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, è – in linea di principio – emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico, atteso che la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti; che essa costituisce un momento dell’ <<iter>> procedimentale volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria; e che i principi della capacità contributiva e di buona amministrazione rendono intollerabile un sistema legislativo che impedisca al contribuente di dimostrare, entro un ragionevole lasso di tempo, l’inesistenza di fatti giustificativi. Ne consegue che detta emendabilità non può ritenersi sottoposta al limite temporale di cui all’art. 37, commi quinto e sesto, del d.P.R. n. 633 del 1972, il quale riguarda la rimozione di omissioni o la eliminazione di errori suscettibili di comportare un pregiudizio per l’erario, ma non la rettifica di dichiarazioni oggettivamente errate e quindi idonee a pregiudicare il dichiarante, anche in ragione del fatto che la negazione del diritto al rimborso determinerebbe un indebito incameramento del credito da parte dell’erario. (In applicazione di tale principio, la Corte ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione finanziaria contro la sentenza di merito che aveva riconosciuto il diritto della società contribuente ad ottenere il rimborso dell’IVA indebitamente pagata e condannato l’Amministrazione Finanziaria al suo pagamento) – cfr. Cass. n. 3904/2004, confr. Cass. n. 20119/2018.
Questa Corte è poi ferma nel ritenere che la domanda di rimborso non rientrante tra quelle previste dall’art. 30 del d.P.R. n. 633/1972, nel testo vigente all’epoca dei fatti, e perciò non contemplata da disposizioni specifiche, va proposta a norma dell’art. 21, 2° co., del d.lgs. n. 546/1992, secondo il quale «la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto della restituzione» (Cass. 8461/2005; 12433/2011; da ultimo Cass. n. 5014/2015, Cass. n. 21674/2015).
Inoltre, Cass. n. 17151/2018 ha precisato che ai fini, del rimborso dell’eccedenza d’imposta IVA, è sufficiente che il contribuente manifesti la propria volontà di esercitare il relativo diritto mediante l’esposizione del credito di imposta nella dichiarazione annuale che, da tale momento, è anche esigibile, in quanto l’eventuale presentazione del modello “VR” ha la sola funzione di sollecitare l’attività di verifica dell’Amministrazione in ordine alla correttezza dei dati riportati nella dichiarazione e di rendere possibile l’avvio del relativo procedimento di esecuzione.
Orbene, a tali principi non si è attenuto il giudice di merito che ha escluso in favore della contribuente la possibilità di avanzare istanza di rimborso in relazione ad un errore relativo alla dichiarazione IVA per l’anno 2009 che la stessa aveva evidenziato presentando, in data 26.9.2011, istanza di rimborso ex art. 21, c. 2 d. Igs. n. 546/1992.
Ha dunque errato la CTR nel condizionare la proponibilità della domanda di rimborso alla presentazione di un nuovo modello VR.
Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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