CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 marzo 2020, n. 6092
Contributi previdenziali – Riscossione – Rapporti interni tra il concessionario alla riscossione e l’ente creditore – Diritto del concessionario di essere manlevato dalle spese processuali del giudizio di opposizione – Nozione di “spese esecutive” – Spese del giudizio di opposizione – Inclusione
Rileva che
EQUITALIA SUD S.p.a. (avente causa dalla S. S.p.a., poi trasformatasi in Equitalia Lecce S.p.a. e infine incorporata per fusione nella società odierna ricorrente) con atto notificato il 4 ottobre 2006 conveniva in giudizio l’INAIL (ente impositore) al fine di sentirlo dichiarare obbligato al pagamento in suo favore della somma di euro 29.147,67 a titolo di rimborso spese processuali, per aver dovuto corrispondere onorari e competenze professionali ai legali che l’avevano assistita in diversi processi di opposizione a cartelle esattoriali; giudizi in esito ai quali era stata accertata l’irregolarità degli atti emessi dall’Istituto per motivi attinenti al merito e non per vizi inerenti all’attività di riscossione. Il Tribunale di Lecce rigettava la domanda con sentenza del 18 gennaio 2010, confermata poi dalla locale Corte d’Appello con la pronuncia n. 501 del 6 / 28 giugno 2013 mediante rigetto del gravame interposto da EQUITALIA Lecce.
Avverso quest’ultima decisione, Equitalia Sud S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 10 gennaio 2014, allegando cinque motivi, cui ha resistito l’INAIL – Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, con controricorso in data 18 – 19 febbraio 2014, in seguito illustrato da memoria depositata in vista dell’adunanza fissata per il 29 maggio 2019;
in relazione a detta adunanza, inoltre, è stata depositata anche memoria difensiva di costituzione per l’AGENZIA delle ENTRATE e RISCOSSIONE (“alla quale sono state trasmesse, a decorrere dal 1° luglio 2017 con D.C.P.M. del 5 giugno 2017, pubblicato in G.U. n. 150 del 29 giugno 2017, tutte le funzioni di EQUITALIA Servizi di Riscossione S.p.a., nella quale si era fusa per incorporazione EQUITALIA Sud S.p.a., giusta l’atto per notar. M.D.L. di Roma del 17 giugno 2016 rep. 41564 – racc. 234000”), con gli avv.ti A. e A.P., domicilio eletto in Roma presso lo studio dell’avv. F.F., in virtù di “mandato in calce” allo stesso atto, con relativa autentica della firma del mandante (in persona dell’avv. A.D.G., quale procuratore speciale di AGENZIA delle ENTRATE-RISCOSSIONE – giusta procura conferita dal presidente p.t. della stessa AGENZIA in data 3.12.2018 a mezzo notar M. D.L.), autenticata dagli stessi difensori, con la quale sono state reiterate le difese e le richieste di cui al precedente ricorso per cassazione nell’interesse di QUITALIA SUD S.p.a.;
Considerato che
in via preliminare, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, sollevata dall’Istituto controricorrente per asserito difetto del requisito di specialità della procura in calce allo stesso ricorso, laddove proprio la collocazione dell’atto, riferibile evidentemente al ricorso medesimo, nonché il suo chiaro contenuto (delega agli avv.ti A. P. e F.F. a rappresentare e difendere EQUITALIA SUD S.p.a., già EQUITALIA ETR S.p.a. nel giudizio davanti alla Suprema Corte di Cassazione contro l’I.N.A.I.L.) soddisfano ampiamente la specificità occorrente in base alle regole dettate in materia dal codice di rito (v. peraltro Cass. sez. un. civ. n. 108 del 10/04/2000: nel caso in cui la procura non espliciti in modo chiaro la volontà di proporre ricorso in cassazione, mentre l’apposizione del mandato a margine del ricorso già redatto esclude di per sé ogni dubbio sulla volontà della parte di proporlo, quale che sia il tenore dei termini usati nella redazione dell’atto, la mancanza di una prova siffatta e la conseguente incertezza in ordine alla effettiva portata della volontà della parte, non può tradursi in una pronuncia di inammissibilità del ricorso per mancanza di procura speciale, ma va superata attribuendo alla parte la volontà che consenta all’atto di procura di produrre i suoi effetti, secondo il principio di conservazione dell’atto ex art. 1367 cod. civ., di cui è espressione, a proposito degli atti del processo, l’art. 159 cod. proc. civ.. In senso conforme, tra le varie, Cass. lav. n. 5763 del 20/04/2002, Cass. I civ. n. 4868 del 7/3/2006 e n. 14970 del 2/7/2007.
V. parimenti Cass. I civ. n. 5722 del 19/04/2002, secondo cui quando la procura al difensore è apposta in calce o a margine del ricorso per cassazione, il requisito della specialità resta assorbito dal contesto documentale unitario, derivando direttamente dalla relazione fisica tra la delega e il ricorso, nonostante la genericità del testo della prima.
Conformi Cass. n. 137 del 9/01/2003, n. 7637 del 16/05/2003, n. 15738 del 13/08/2004, n. 5953 del 18/03/2005, n. 14611 del 12/07/2005, n. 17768 del 5/9/2005);
pertanto, nel caso di procura apposta in calce o a margine del ricorso per cassazione, il requisito della specialità resta assorbito dal contesto documentale unitario, derivando direttamente dalla relazione fisica tra la delega, ancorché genericamente formulata, e il ricorso, nonostante la genericità del testo della prima;
deve rilevarsi, altresì, l’ammissibilità della suddetta comparsa d’intervento dell’AGENZIA delle ENTRATE – RISCOSSIONE, che è subentrata come per legge alla EQUITALIA SUD S.p.a., di modo che appare applicabile la formulazione dell’art. 83, comma III, c.p.c., previgente all’entrata in vigore dell’art. 45 della l. n. 69 del 2009, la quale in effetti già contemplava tra gli atti cui la procura speciale è riferibile anche la comparsa d’intervento, la cui nozione va quindi intesa in senso lato al fine di consentire l’esercizio della difesa in giudizio dei propri diritti, costituzionalmente tutelato, sicché in tale chiave di lettura non può negarsi al successore il diritto di far valere le sue ragioni, attraverso anche memorie illustrative, pure nel giudizio di legittimità, una volta venuto meno il proprio dante causa, non potendo intendersi la normativa processuale in materia in senso strettamente formalistico mediante una sua lettura eccessivamente restrittiva (cfr. d’altro canto anche Cass. V civ. n. 28741 del 09/11/2018, secondo cui l’estinzione “ope legis” delle società del gruppo Equitalia ai sensi dell’art. 1 del d.l. n. 193 del 2016, conv. in l. 225 del 2016, non determina l’interruzione del processo, trattandosi di una forma di successione nel diritto controverso, né la necessità di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate Riscossione: ne deriva che il nuovo ente, ove si limiti a subentrare negli effetti del rapporto processuale pendente al momento della sua istituzione, senza formale costituzione in giudizio, può validamente avvalersi dell’attività difensiva espletata dall’avvocato del libero foro già designato da Equitalia secondo la disciplina previgente.
Né, tuttavia, è possibile sottacere la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 4 – novies del d.l. 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla sopravvenuta legge 28 giugno 2019, n. 58, che così testualmente quale recita: «Il comma 8 dell’articolo 1 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, si interpreta nel senso che la disposizione dell’articolo 43, quarto comma, del testo unico di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, si applica esclusivamente nei casi in cui l’Agenzia delle entrate-Riscossione, per la propria rappresentanza e difesa in giudizio, intende non avvalersi dell’Avvocatura dello Stato nei giudizi a quest’ultima riservati su base convenzionale; la medesima disposizione non si applica nei casi di indisponibilità della stessa Avvocatura dello Stato ad assumere il patrocinio». Detta norma di interpretazione autentica non giustifica più l’applicazione dell’istituto del patrocinio c.d. autorizzato da parte dell’Avvocatura erariale nella sua impostazione tradizionale, fatta propria dalle pronunce della sezione tributaria di questa Corte, ma non sostenibile già in precedenza, alla stregua del tenore testuale della norma istitutiva dell’Agenzia e di una sua interpretazione sistematica, secondo quanto al riguardo chiarito dalle Sezioni Unite di questa S.C. con la sentenza n. 30008/22 ottobre – 19 novembre 2019, intervenuta nelle more della pubblicazione di questa pronuncia, di cui ovviamente non è possibile non tener conto, avendo la stessa enunciato i seguenti principi di diritto, ai sensi dell’art. 363, comma terzo, cod. proc. civ.: «impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, per la rappresentanza e la difesa in giudizio l’Agenzia delle Entrate – Riscossione si avvale:
– dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come ad essa riservati dalla convenzione con questa intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell’art. 43, comma 4, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, ovvero, in alternativa e senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dal richiamato art. 43, comma 4, r.d. cit.,
– di avvocati del libero foro – nel rispetto degli articoli 4 e 17 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del comma 5 del medesimo art. 1 d.l. 193 del 2016 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio», «quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità» : tanto premesso, con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., contestando la sussistenza del giudicato esterno, ostativo alle pretese azionate dalla società concessionaria del servizio di riscossione, per contro rilevato dalla Corte territoriale, secondo cui detto giudicato dipendeva dalla mancata impugnazione, da parte dell’interessata, delle sentenze pronunciate nei vari giudizi (nei quali la medesima concessionaria si era costituita), definiti con accoglimento delle opposizioni avverso le cartelle esattoriali per vizi di merito concernenti le richieste contribuzioni, estranei quindi all’operato della concessionaria, ma con la compensazione delle relative spese processuali; il motivo appare fondato alla stregua di quanto in un caso del tutto analogo a quello della fattispecie qui in esame è stata cassata, con rinvio, altra consimile pronuncia della Corte leccese (v. Cass. III civ. – sentenza n. 12612 del 22 marzo – 19 maggio 2007), laddove è stato affermato il seguente condivisibile principio di diritto: in tema di esecuzione c.d. esattoriale, quando l’opposizione proposta dal debitore è accolta in relazione a vizi del procedimento o di merito ascrivibili esclusivamente all’ente creditore, il diritto del concessionario del servizio di riscossione di essere manlevato dall’ente medesimo dal pagamento dei compensi professionali dei propri difensori può essere esercitato nell’ambito del medesimo giudizio ovvero in separata sede; nel primo caso, qualora il giudice non accolga la domanda di manleva o non provveda sulla stessa, il concessionario dovrà coltivare gli ordinari rimedi impugnatori, nell’altra ipotesi, invece, la disposta compensazione delle spese processuali fra l’opponente e oli opposti non determina alcun giudicato nei rapporti interni fra il concessionario e l’ente creditore: la Corte d’Appello ha rilevato d’ufficio l’intervenuta formazione del giudicato sulle statuizioni concernenti le spese processuali contenute nelle sentenze in cui l’ente impositore era risultato soccombente per questioni di merito attinenti alle richieste contribuzioni. Ha, infatti, ritenuto che la pretesa fatta valere dal concessionario dei servizi di riscossione derivi «direttamente dalla regolamentazione delle spese processuali disposta nelle sentenze rese da vari giudici nei giudizi di opposizione» e che pertanto, in ultima analisi, Equitalia Sud S.p.a. avrebbe dovuto impugnare quelle decisioni, piuttosto che introdurre per il medesimo titolo un nuovo ed autonomo giudizio. Ha aggiunto che la compensazione delle spese processuali «tra opponenti ed opposti» si estende anche ai rapporti fra questi ultimi (ossia fra l’ente impositore e l’agente di riscossione). Invero, le sentenze pronunciate su ogni singola opposizione fanno stato soltanto nei rapporti fra opponente e resistenti e non concernono affatto i rapporti “interni” di regresso e manleva fra questi ultimi. Equitalia Sud S.p.A. agisce per recuperare dall’INAIL le spese sostenute per la propria difesa nei giudizi de quibus, laddove si era costituita, non delle spese di lite rimborsate agli opponenti.
Quindi non sussiste alcun giudicato – neppure implicito – sul diritto dell’agente di riscossione di recuperare dall’ente impositore le spese legali sostenute per costituirsi in un giudizio, la cui instaurazione è stata determinata da errori dello stesso ente e non per vizi inerenti all’attività di riscossione. Questa Corte, in una precedente occasione, ha affermato che la disposta compensazione delle spese fra le parti dei giudizi di opposizione ad ordinanza – ingiunzione riguarda tutte le parti opponenti ed opposti; con la conseguenza che la ricorrente avrebbe dovuto censurare un tale provvedimento con gli ordinari rimedi impugnatori (Sez. 3, Sentenza 25/02/2016, n. 3697, non massimata). Ed inoltre ha ritenuto che l’agente di riscossione avrebbe potuto far valere in sede di impugnazione della sentenza l’eventuale omessa pronuncia sul capo delle spese relative ai rapporti fra ente impositore e concessionario della riscossione. Tale pronuncia, tuttavia, va raccordata a un altro recente arresto di questa Corte, secondo cui, poiché l’agente di riscossione ha un vero e proprio onere di chiamare in causa l’ente “creditore interessato” (art. 39 d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112), onde evitare di subire le conseguenze negative della lite, il medesimo agente ha la facoltà, altresì, di chiedere di essere manlevato dal chiamato, quando la contestazione ritenuta fondata non riguardi atti commessi dal medesimo agente, ma vizi di procedimento o di merito ascrivibili esclusivamente all’altro (Sez. 6-3, Ordinanza 07/02/2017, n. 3154, non massimata). Ne deriva che gli anzidetti precedenti involgono questioni che vanno coordinate fra di loro: a norma dell’art. 39 d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, il concessionario del servizio di riscossione dei tributi, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite. L’art. 17, comma 2, lett. b, del d.lgs. n. 112 del 1999 indica, fra gli “oneri di riscossione”, le spese esecutive; dette spese in parte sono poste a carico del debitore e in parte vengono rimborsate dell’ente creditore (art. 17, comma 3), ma restano interamente a carico di quest’ultimo in caso di definitiva inesigibilità (comma 4). Tali disposizioni ribadiscono la regola posta già dall’art. 61, comma 4, d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, secondo cui al concessionario spettava il rimborso delle spese delle procedure esecutive. Nel concetto di “spese esecutive” rientrano tanto le spese legali per l’azione esecutiva in senso stretto (con particolare riferimento all’ipotesi in cui il 6 concessionario, anziché operare come agente di riscossione, procede al recupero dei crediti secondo le ordinarie procedure civilistiche, a norma dell’art. 21 del d.lgs. n. 112 del 1999), quanto quelle occorrenti per resistere in giudizio alle opposizioni proposte dal debitore o da terzi. Dunque, il concessionario ha diritto ad essere manlevato dall’ente creditore dalle spese sostenute per la remunerazione dei propri legali. Il concessionario ha la facoltà, ma non l’onere, di esercitare tale diritto anche nello stesso giudizio di opposizione, in cui comunque deve chiamare in causa l’ente creditore interessato, perché altrimenti risponde delle conseguenze della lite (Sez. 6-3, Ordinanza 07/02/2017, n. 3154, cit.).
Qualora la domanda di manleva sia formulata nell’ambito del giudizio di opposizione e il giudice non l’accolga o non provveda sulla stessa, il concessionario quindi dovrà coltivare gli ordinari rimedi impugnatori (Sez. 3, Sentenza 25/02/2016, n. 3697, cit.). Tuttavia, se il concessionario non esercita la domanda di manleva in sede di opposizione all’esecuzione, egli non perde l’azione e potrà esercitarla in separata sede. Dunque, la Corte distrettuale ha errato affermando che «le spese processuali vennero compensate tra tutte le parti, sicché risulta arbitrario sostenere che tale statuizione non abbia riguardato il rapporto tra gli “opposti”». Il concetto di “parte del giudizio”, infatti, ha natura relazionale: l’agente di riscossione e l’ente impositore sono entrambi controparti dell’opponente, ma non sono controparti reciproche, a meno che l’uno non proponga domanda di manleva nei confronti dell’altro. La compensazione delle spese legali, pertanto, non si estende ai rapporti interni fra i due “opposti”, giacché gli stessi non sono posti fra loro in una posizione di vittorioso e soccombente o di soccombenti reciproci. Né varrebbe osservare – come sembra invece sottintendere la Corte d’Appello – che il giudicato copre il dedotto e il deducibile, perché il principio riguarda le eccezioni e le difese che si sarebbero potute dedurre in relazione al thema decidendum e non può essere esteso ad eventuali ulteriori pretese fra le parti di cui non si dibatte affatto nel giudico poiché estranee al petitum e alla causa petendi;
pertanto, alla stregua delle anzidette considerazioni, va anche nel caso di specie qui in esame ribadito il principio di diritto, secondo cui in tema di esecuzione c.d. esattoriale, quando l’opposizione proposta dal debitore è accolta in relazione a vizi del procedimento o di merito ascrivibili esclusivamente all’ente creditore, il diritto del concessionario del servizio di riscossione di essere manlevato dall’ente medesimo dal pagamento dei compensi professionali dei propri difensori può essere esercitato nell’ambito del medesimo giudizio ovvero in separata sede. Nel primo caso, qualora il giudice non accolga la domanda di manleva o non provveda sulla stessa, il concessionario dovrà coltivare gli ordinari rimedi impugnatori; nell’altra ipotesi, invece, la disposta compensazione delle spese processuali fra l’opponente e gli opposti non determina alcun giudicato nei rapporti interni fra il concessionario e l’ente creditore;
in conclusione, il primo motivo deve essere accolto, unitamente al terzo – con il quale parte ricorrente ha censurato l’affermazione della Corte distrettuale, secondo cui nella vicenda esaminata era irrilevante la normativa richiamata dall’allora appellante in relazione al d.m. 21 novembre 2000, in relazione alla disciplina di cui all’art. 17 del decreto legislativo n. 13 aprile 1999, n. 112 (riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337, in vigore dal primo luglio 1999, più volte in seguito modificato) in tema “remunerazione del servizio” (<<i. L’attività dei concessionari viene remunerata con un aggio sulle somme iscritte a ruolo riscosse; l’aggio è pari ad una percentuale di tali somme da determinarsi, per ogni biennio, con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre dell’anno precedente il biennio di riferimento, sulla base dei seguenti criteri: 2. L’aggio, al netto dell’eventuale ribasso, è aumentato, per i singoli concessionari, in misura pari ad una percentuale delle maggiori riscossioni conseguite rispetto alla media dell’ultimo biennio rilevabile per lo stesso ambito o, in caso esso sia variato, per ambito corrispondente. Tale percentuale è determinata, anche in modo differenziato per settori, sulla base di fasce di incremento degli importi riscossi nel decreto previsto dal comma 1. 3. L’aggio di cui al comma 1 è a carico del debitore in misura non superiore al 4,65 per cento della somma iscritta a ruolo; la restante parte dell’aggio è a carico dell’ente creditore. L’aggio a carico del debitore è dovuto soltanto in caso di mancato pagamento entro la scadenza della cartella di pagamento e la sua misura è determinata con il decreto previsto dal comma 1.
4. Per i ruoli emessi da uffici statali le modalità di erogazione dell’aggio previsto dal comma 1 vengono stabilite con decreto del Ministero delle finanze, di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Per gli altri ruoli l’aggio viene trattenuto dal concessionario all’atto del versamento all’ente impositore delle somme riscosse….
6. Al concessionario spetta il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, sulla base di una tabella approvata con decreto del Ministero delle finanze, con il quale sono altresì stabilite le modalità di erogazione del rimborso stesso. Tale rimborso è a carico: a) dell’ente creditore, se il ruolo viene annullato per effetto di provvedimenti di sgravio o se il concessionario ha trasmesso la comunicazione di inesigibilità di cui all’articolo 19, comma 1; b) del debitore, negli altri casi. 7. In caso di delega di riscossione, i compensi, corrisposti dall’ente creditore al delegante, sono ripartiti in via convenzionale fra il delegante ed il delegato in proporzione ai costi da ciascuno sostenuti>>.
Visto, inoltre, che il giudizio di merito risulta introdotto con citazione notificata il 4 ottobre 2006, possono nella specie rilevare, in particolare, le seguenti integrazioni:
1. DECRETO LEGISLATIVO 17 agosto 1999, n. 326 che con l’art. 3, comma 1, lettera a) introduceva il comma 5-bis <<Perla riscossione spontanea a mezzo ruolo delle entrate non erariali l’aggio del concessionario è stabilito, con il decreto di cui al comma 1, tenuto conto dei costi di svolgimento del relativo servizio e, in ogni caso, in misura inferiore a quella prevista per le altre forme di riscossione mediante ruolo>>;
2. con decorrenza 9-6-2001 il DECRETO LEGISLATIVO 27 aprile 2001, n. 193 con l’art. 3, comma 1, lettera b) introduceva i commi 7-bis e 7-ter all’art. 17 <<7-bis. In caso di emanazione di un provvedimento dell’ente creditore che riconosce, in tutto o in parte, non dovute le somme iscritte a ruolo, a! concessionario spetta un compenso per l’attività di esecuzione di tale provvedimento: la misura e le modalità di erogazione de! compenso sono stabilite con il decreto previsto dal comma 6. Sulle somme riscosse e riconosciute indebite non spetta l’aggio di cui ai commi 1 e 2.
7-ter. Le spese di notifica della cartella di pagamento sono a carico del debitore nella misura di lire seimila; tale importo può essere aggiornato con decreto del Ministero delle finanze>>.
Il testo – in vigore fin dal primo luglio 1999 – dell’art. 39, rubricato “Chiamata in causa dell’ente creditore” è rimasto, invece, inalterato nella seguente formulazione: <<il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite>>); pertanto, come pure ritenuto dalla succitata pronuncia di questa Corte n. 12612 del 22/03 – 19/05/2017, in base alla disciplina dettata in materia dal d.l.no n. 112/99, cui il d.m. 21 novembre 2000 dell’allora MINISTERO delle FINANZE (Fissazione della misura del rimborso delle spese relative alle procedure esecutive spettante ai concessionari del servizio nazionale della riscossione mediante ruolo, e relative modalità di erogazione ai sensi dell’art. 17, comma 6, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, in G. U. Serie Generale n. 30 del 06-02-2001) evidentemente si ricollega, non appare corretta una lettura restrittiva della nozione di “spese esecutive”, sicché vi rientrano non soltanto le spese per l’azione esecutiva in senso stretto (con particolare riferimento all’ipotesi in cui il concessionario, anziché operare come agente di riscossione, procede al recupero dei crediti secondo le ordinarie procedure civilistiche, a norma dell’art. 21 del d.lgs. n. 112 del 1999), ma anche quelle necessarie per resistere in giudizio alle opposizioni proposte dal debitore o da terzi, di guisa che il concessionario ha diritto ad essere manlevato dall’ente creditore dalle spese sostenute per la remunerazione dei propri legali, diritto esercitabile non esclusivamente nello stesso giudizio di opposizione, in cui comunque deve chiamare in causa l’ente creditore interessato, ma anche separatamente, sicché nella sola prima ipotesi, ossia qualora la domanda di manleva sia formulata nell’ambito del giudizio di opposizione, è possibile la formazione del giudicato preclusivo laddove la parte interessata ometta di impugnare la decisione giudiziale che rigetti la domanda ovvero non vi provveda; per contro, le altre censure mosse da parte ricorrente (2° motivo ex art. 360 n. 5 circa la costituzione dell’agente della riscossione nei giudizi di opposizione de quibus – 4° ex art. 360 n. 3 c.p.c. in ordine alla subordinata pretesa risarcitoria ex art. 2043 c.c. – 5° circa la dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. in ordine alla possibilità per il giudicante di qualificare giuridicamente la domanda in modo corretto, indipendentemente dai riferimenti sul punto della parte interessata, però sulla scorta delle medesime circostanze fattuali dedotte in giudizi, ai fini dell’invocato rimborso pure ex art. 1720 c.c.) devono ritenersi assorbite, sicché le relative connesse questioni andranno all’occorrenza esaminate nel conseguente giudizio di rinvio, in cui la Corte territoriale, in diversa composizione, tenuto conto dei principi di diritti sopra enunciati e valutate le acquisite processuali, espletata l’istruttoria del caso, dovrà pronunciarsi nelle merito sulla fondatezza o meno delle pretese azionate da parte attrice, provvedendo quindi all’esito sulle spese, ivi comprese quelle relative a questo giudizio di legittimità;
infine, atteso l’esito positivo dell’impugnazione qui proposta non ricorrono i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso; dichiara assorbiti gli altri motivi (2°, 4° e 5°); cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della NON sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
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