CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 giugno 2018, n. 14429
Contenzioso tributario – Irpef – Reddito di partecipazione – Avviso di accertamento
Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle entrate ricorre, con unico mezzo, per la cassazione della sentenza della C.T.R. del Piemonte, n. 695/1/16 dep. 25.5.16, che ha accolto l’appello del contribuente. Il contenzioso ha origine dalla impugnazione di avviso di accertamento – notificato 11/12/2012, utilizzando il raddoppio dei termini di cui all’art. 37 del d.l. 223/96, con contestuale invio di notizia di reato – per l’anno 2005 da parte della A.S.R. s.r.l. di cui P.G. è socio al 98%, e da successivo avviso di accertamento fondato sul primo – notificato 2.3.2013 – col quale si determinava ai fini Irpef il reddito di partecipazione.
Ciò in quanto l’Ufficio “nel redigere l’avviso di accertamento nei confronti della società era già a conoscenza di un procedimento penale nei confronti della stessa” e “analogamente lo era al momento della notifica dell’avviso a carico del contribuente”, per cui, essendovi già un processo incardinato, il raddoppio dei termini “da utilizzarsi solamente quando scatta l’obbligo di denuncia” non era consentito. L’intimato non resiste.
Il Collegio autorizza la redazione della motivazione in forma semplificata.
Considerato in diritto
1. Con l’unico motivo si deduce violazione di legge, art. 43 comma 3 d.P.R. 600/73, nella versione applicabile ratione temporis. La C.T.R. avrebbe erroneamente ritenuto che difettassero i presupposti per il “raddoppio dei termini”, con conseguente decadenza dal potere impositivo dell’Amministrazione, per essere l’Ufficio già a conoscenza della sussistenza di fattispecie penalmente rilevanti al momento dell’emissione dell’avviso di accertamento.
2. Il motivo è fondato, costituendo circostanza di fatto non contestata che vi erano state due diverse vicende a rilevanza penale, la prima a carico della società A.S.R. s.r.l., a seguito della quale l’Amministrazione aveva emesso l’avviso di accertamento nei confronti della stessa, e l’invio da parte dell’Amministrazione della notizia di reato ex art. 2 d.lgs. 74/2000, con la quale veniva segnalato il reato tributario a carico del socio Paolo, che aveva dato origine all’accertamento nei confronti dello stesso. Ricorrevano pertanto, contrariamente a quanto statuito dalla CTR, i presupposti per l’applicazione dell’istituto del “raddoppio dei termini” di cui all’art. 43 d.p.r. n. 600/73, come statuito dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 247/2011), e dalla giurisprudenza di questa Corte (v. fra le altre Cass. n. 9322 del 11/04/2017). La condizione per il raddoppio dei termini è stato infatti dalla giurisprudenza citata individuato nella sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, sicché “il raddoppio dei termini consegue dal mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale” ed “il giudice tributario dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora (cosiddetta “prognosi postuma”) circa la loro ricorrenza”.
Pertanto il raddoppio dei termini opera autonomamente, sul presupposto dell’esistenza di una violazione che comporta l’obbligo di denuncia, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. 74/2000 (nel caso di specie pacifico, trattandosi di contestazioni scaturenti dalle risultanze del procedimento penale indicato in atti), e determinando un ampliamento ex lege degli originari termini di accertamento.
La sentenza va conseguentemente cassata, avendo la CTR erroneamente affermato che non sussistesse l’obbligo di denuncia ai sensi della I. 74/2000, “in quanto vi era già un processo incardinato”, trattandosi di accertamento relativo a diversa situazione penalmente rilevante, con rinvio alla C.T.R. del Piemonte, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla C.T.R. del Piemonte, in diversa composizione.
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