CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 ottobre 2020, n. 21301
Eziologia professionale della malattia – Controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali derivanti da patologie dell’assicurato – Conclusioni del consulente tecnico di ufficio – Contestazione in sede di legittimità – Documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico-legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali – Mero dissenso diagnostico non deducibile in sede di legittimità
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 24.4.2014, la Corte d’appello dell’Aquila ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva escluso l’etiologia professionale della malattia denunciata da L. P. all’INAIL in data 12.11.2008, rigettando conseguentemente la sua domanda concernente le connesse prestazioni previdenziali;
che avverso tale pronuncia L. P. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un unico articolato motivo di censura, illustrato con memoria;
che l’INAIL ha resistito con controricorso;
Considerato in diritto
che, con l’unico motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., 2697 c.c., 112, 115, 196 c.p.c., 149 disp. att. c.p.c., 3, 79 e 84, T.U. n. 1124/1965, 13, comma 2, lett. A) e B), d.lgs. n. 38/2000, e 3 e 38 Cost., per avere la Corte di merito «accolto acriticamente le conclusioni peritali nonostante la loro manifesta illogicità e lacunosità laddove esclud[ono] la natura professionale delle protrusioni discali, discopatie ed ernie discali multiple riscontrate […] in virtù della […] natura multifattoriale e [del]la diffusione nella popolazione nazionale di pari età, ritenendo assenti o comunque insufficienti altri elementi utili per definire di natura tecnopatica la rachipatia accertata» (così il ricorso per cassazione, pag. 11);
che, al riguardo, costituisce orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui, nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali derivanti da patologie dell’assicurato, le conclusioni del consulente tecnico di ufficio sulle quali si fonda la sentenza impugnata possono essere contestate in sede di legittimità solo ex art. 360 n. 5 c.p.c. e nella misura in cui si denunci una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico-legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali, risolvendosi altrimenti in un mero dissenso diagnostico non deducibile in sede di legittimità (cfr., fra le tante, Cass. nn. 8654 del 2008, 22707 del 2010, 1652 del 2012 e, tra le più recenti, Cass. nn. 23093 del 2016 e 27807 del 2017);
che, ciò posto, il motivo è all’evidenza inammissibile, proponendosi di veicolare – ad onta del riferimento a presunte violazioni di legge sostanziale e processuale – una richiesta di riesame del giudizio di fatto in base al quale la Corte territoriale ha escluso la ricorrenza in specie dell’etiologia professionale della malattia denunciata in fattispecie di doppia conforme di merito, in relazione alla quale la denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo non è punto ammessa, giusta la previsione dell’art. 348-ter, ult. co ., c.p.c.;
che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidandole in € 3.200,00, di cui € 3.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 1 5 % e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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