CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 febbraio 2019, n. 3657

Lavoro – Illegittimità del primo contratto per difetto di specificità del progetto – Genericità della causale appositiva del termine – Licenziamento verbale – Accertamento della natura subordinata del rapporto

Rilevato

1. Che N.D., premesso di avere lavorato per S. s.p.a. dal 1.2.2008 al 28.2.2009 in forza di un contratto di collaborazione a progetto (ex art. 61 d. Igs 10.9.2003 n. 276) e dal 2.3.2009 al 3.6.2010 in forza di un successivo contratto di lavoro a tempo determinato e poi, di fatto, sino al 7.3.2011 data del licenziamento verbale, dedotta la illegittimità del primo contratto per difetto di specificità del progetto, del secondo contratto per genericità della causale appositiva del termine, la illegittimità, per mancanza di forma scritta, della relativa proroga, allegata la estrinsecazione del rapporto, anche in relazione al primo contratto, secondo le modalità tipiche del lavoro dipendente, ha chiesto l’accertamento della natura subordinata del rapporto intercorso con la società e la condanna della stessa al relativo ripristino ed al risarcimento del danno;

2. che il giudice di primo grado ha respinto la originaria domanda con sentenza confermata dalla Corte di appello di Roma;

3. che la conferma della sentenza di primo grado è stata fondata: a) sulla valutazione di specificità del progetto indicato nel primo contratto; b) sulla valutazione di specificità della causale apposta al successivo contratto a tempo determinato; c) sulla esclusione, in dichiarata adesione a Cass. 1058/2016, della necessità della forma scritta per la legittimità della proroga del contratto a termine; d) sulla effettiva sussistenza, alla stregua della espletata istruttoria, delle ragioni poste alla base dell’apposizione del termine; e) sulla carenza di prova in ordine alle asserite modalità, tipiche della subordinazione, che avrebbero connotato il concreto lo svolgimento del rapporto, a partire dal 1.12.2008;

4. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso N.D. sulla base di cinque motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso;

5. che il PG ha depositato requisitoria scritta con la quale ha concluso per l’accoglimento del primo motivo ed il rigetto degli altri;

Considerato

1. Che con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione degli artt. 1 e 4 d. Igs 06/09/2001 n. 368 e degli artt. 1350, 1351, 2721, 2722 cod. civ. nonché dell’art. 2697 cod. civ., censurando la sentenza impugnata per avere escluso la necessità di forma scritta in relazione alla proroga del contratto a termine. Premesso che costituiva onere di controparte dimostrare che, secondo quanto eccepito, il contratto si era prorogato oltre la sua naturale scadenza, deduce che non era stata offerta prova del momento nel quale era stato raggiunto l’accordo di proroga, del relativo periodo, delle relative ragioni e condizioni. Richiamate con rinvio per relationem le censure formulate alle lettere a), b) e c) del secondo motivo di appello assume che le stesse non sono state affrontate dal giudice di seconde cure, con implicita condivisione – sostiene – della sentenza di primo grado sul punto. In questa prospettiva contesta il valore indiziario della esistenza di un accordo di proroga connesso alla richiesta di ferie e alla ricezione della busta paga da parte della lavoratrice;

2. che con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 1 d. Igs n. 368/2001 cit., degli artt. 2697 cod. civ., dell’art. 1343 cod. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuta legittima l’apposizione del termine sulla base di cause giustificative che assume essere inidonee, simulate ed inesistenti analogamente alle esigenze che avrebbero giustificato la proroga.

Contesta, in particolare, la valutazione di non genericità della causale del termine di cui al secondo contratto inter partes e l’accertamento di effettività delle esigenze indicate in contratto a giustificazione dello stesso, accertamento che assume frutto della errata interpretazione della deposizione della teste R.. Assume, inoltre, che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità e comunitaria, le fluttuazioni di mercato non possono farsi rientrare nel novero delle cause giustificative dell’assunzione a tempo determinato;

3. che con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 61 e 69 d. Igs n. 276/2003 cit., dell’art. 2697 cod. civ., della legge n. 92/2012, censurando la valutazione di validità del progetto che assume privo di specificità ed, in definitiva, coincidente con l’oggetto sociale della società. Lamenta la mancata considerazione del fatto che non era stata prodotta alcuna bozza o relazione relativa al progetto realizzato;

4. che con il quarto motivo deduce violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’art. 2729 cod. civ.. Censura la sentenza impugnata per non avere considerato che la fattispecie andava inquadrata in un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dissimulato con una serie di contratti la cui stipula aveva la esclusiva finalità per la società di riservarsi la possibilità di licenziamento ad nutum della lavoratrice;

5. che con il quinto motivo deduce violazione degli artt. 115, 116 e 416 cod. proc. civ. nonché vizio di motivazione in relazione all’omesso (scorretto) esame della testimonianza di B. R.;

6. che preliminarmente vanno esaminate le eccezioni con le quali la controricorrente ha dedotto: a) nullità della notificazione del ricorso per cassazione ai sensi della Legge n. 53/1994; b) nullità della procura ad litem per mancata indicazione del procedimento di riferimento;

6.1. che le eccezioni sono entrambe infondate. Quanto alla prima trova, infatti, applicazione il principio affermato da Cass. Sez. Un. 24/09/2018 n. 22438 secondo il quale In tema di giudizio per cassazione, in caso di ricorso predisposto in originale in forma di documento informatico e notificato in via telematica, l’atto nativo digitale notificato deve essere ritualmente sottoscritto con firma digitale, potendo la mancata sottoscrizione determinare la nullità dell’atto stesso, fatta salva la possibilità di ascriverne comunque la paternità certa, in applicazione del principio del raggiungimento dello scopo. Nel caso di specie la tempestività del controricorso assorbe ogni considerazione sull’effettivo raggiungimento dello scopo in relazione al procedimento notificatorio del ricorso per cassazione. La seconda eccezione, argomentata sul rilievo che la procura scritta a margine del ricorso per cassazione non sarebbe una procura speciale ma configurerebbe un mero mandato ad litem secondo quanto desumibile dal contenuto della delega nella quale si legge <<delego a rappresentarmi e difendermi ai fini del presente giudizio, in ogni fase e grado…>>, si rivela anch’essa infondata alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale in capo al difensore iscritto nell’apposito albo, è essenziale che la procura sia conferita in epoca anteriore alla notificazione del ricorso, che investa il difensore espressamente del potere di proporre quest’ultimo e che sia rilasciata in epoca successiva alla sentenza oggetto dell’impugnazione; ove sia apposta a margine del ricorso, tali requisiti possono desumersi, rispettivamente, quanto al primo, dall’essere stata la procura trascritta nella copia notificata del ricorso, e, quanto agli altri due, dalla menzione della sentenza gravata risultante dall’atto a margine del quale essa è apposta, restando, invece, irrilevante che la procura sia stata conferita in data anteriore a quella della redazione del ricorso e che non sia stata indicata la data del suo rilascio, non essendo tale requisito previsto a pena di nullità (Cass. 17/03/2017 n. 7014);

7. che il primo motivo di ricorso per cassazione è inammissibile incorrendo nella violazione del principio di autosufficienza, che risulta ora tradotto nelle puntuali e definitive disposizioni contenute negli artt. 366, comma 1, n.6 e 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ.. Parte ricorrente omette, infatti, di trascrivere o riprodurre negli esatti termini il contenuto degli atti difensivi delle parti con riferimento alla questione della proroga, adempimento questo indispensabile al fine di consentire al Collegio, sulla base della sola lettura del ricorso per cassazione di verificare la fondatezza del motivo formulato, come prescritto (Cass. 31/07/2017 n. 19018; Cass. 02/08/2016 n. 6103; Cass. 03/02/2015 n. 1926).

La questione della necessità di prova di un accordo di proroga non è stata specificamente affrontata dalla sentenza impugnata la quale ha dimostrato di ritenere che l’unico profilo investito da censura con l’impugnazione di secondo grado concerneva il difetto di consenso scritto della lavoratrice (v. sent. pag. 2, penultimo capoverso). In assenza di puntuale censura di tale affermazione da parte del ricorrente che si limita al mero rinvio per relationem al contenuto del ricorso in appello, trova applicazione il principio secondo il quale, qualora una determinata questione giuridica – che implichi accertamenti di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.” (Cass. 09/08/2018 n. 20694; Cass. 28/01/2013 n. 1435; Cass. 28/07/2008 n. 20518; Cass. 20/10/2006 n. 22540);

7.1. che, per completezza, stante il rilievo dirimente delle superiori argomentazioni, può osservarsi che la sentenza in punto di esclusione della necessità di atto scritto con riferimento alla proroga è corretta in quanto conforme alla giurisprudenza di questa Corte – non inficiata dalle argomentazioni sollevate dalla ricorrente (Cass. 21/01/2016 n. 1058);

8. che il secondo motivo di ricorso è inammissibile per una pluralità di profili. In primo luogo, parte ricorrente, nel denunziare l’omessa trattazione delle contestazioni da essa svolte in merito alle esigenze poste a base dell’apposizione del termine non chiarisce, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il contenuto di tali contestazioni rispetto alle quali denunzia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., così incorrendo nel difetto di autosufficienza del ricorso per cassazione ;

8.1. che la valutazione relativa alla specificità della clausola del termine ove, come nel caso di specie, sorretta da congrua e logica motivazione, si sottrae al sindacato di legittimità dovendo ulteriormente osservarsi che la contestazione relativa a tale valutazione risulta affidata ad affermazioni del tutto apodittiche e non argomentate. La Corte di merito ha, infatti, ritenuto che le ragioni alla base del termine, ravvisabili, secondo quanto riportato in sentenza <<nell’ampliamento e nella ricerca di nuovi mercati Europei nel settore International…ed all’aumento dei progetti relativi all’area inerente che si stanno sviluppando in questo periodo. La nostra società con il carico di lavoro sta riorganizzando l’attività interna che ne consegue per gli addetti al settore internazionale, una implementazione strutturale organizzativa capace di sopperire alle richieste di mercato> risultavano sufficientemente determinate tenuto conto dell’attività di consulenza e prestazione di servizi a società nazionali ed estere svolta dalla società;

8.2. che non sussiste il prospettato contrasto con la giurisprudenza di legittimità e comunitaria in quanto le ragioni alla base del termine apposto al secondo contratto, quali sopra indicate, non appaiono concettualmente riconducibili, come, invece, assertivamente, opina la ricorrente all’ambito delle “fluttuazioni di mercato” rappresentando, invece, la proiezione di una volontà espansiva in ambito nazionale ed estero;

8.3. che le deduzioni intese a contestare l’accertamento relativo alla effettività del ricorrere di tali ragioni giustificative, risultano inammissibili in quanto non conformi alla struttura dell’art. 360 comma 1, n. 5 cod. proc. civ. nel testo attualmente vigente, applicabile ratione temporis, il quale richiede la deduzione di omesso esame di un fatto storico di rilevanza decisiva, oggetto di discussione tra le parti, omissione neppure eppure dedotta dall’odierna ricorrente (Cass. Sez. Un. 07/04/2014 n. 8053).

9. che il terzo motivo di ricorso è inammissibile per la dirimente considerazione che non risulta la integrale trascrizione o esposizione, negli esatti termini, del contenuto del contratto di collaborazione e del progetto, come, invece, onere della parte ricorrente alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, ai sensi dell’ art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., il duplice onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (Cass. 11/01/2016 n. 195; Cass. 12/12/2014 n. 26174; Cass. 24/10/2014 n. 22607);

9.1. che in relazione alla questione della prova della effettiva redazione del progetto al quale era finalizzata la collaborazione, questione non trattata dalla sentenza impugnata, occorreva, secondo quanto più sopra chiarito (v. sub. paragrafo 7) l’allegazione dell’avvenuta rituale deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, onere questo non assolto dalla odierna ricorrente ;

10. che il quarto motivo di ricorso è inammissibile in quanto privo di specificità. Parte ricorrente si limita a svolgere una generale contestazione dell’accertamento operato dal giudice di merito denunziando, in sintesi, una mancata visione di insieme dell’intero rapporto inter partes laddove la ricostruzione di fatto alla base del decisum poteva essere inficiata solo dalla deduzione di omesso esame di un fatto storico decisivo oggetto di discussione tra le parti, in conformità all’attuale configurazione del vizio motivazionale (Cass. Sez. Un, n. 8053/2014 cit.);

11. che il quinto motivo di ricorso è anch’esso inammissibile sia in quanto inteso a sollecitare direttamente un diverso apprezzamento di fatto del materiale probatorio, apprezzamento precluso al giudice di legittimità (Cass. 4/11/2013 n. 24679, Cass. 16/12/2011 n. 2197, Cass. 21/9/2006 n. 20455, Cass. 4/4/2006 n. 7846, Cass. 7/2/2004 n. 2357), sia perché, in violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., non risulta riprodotto il contenuto degli atti e documenti invocati a fondamento del motivo; analogamente in relazione alla doglianza relativa alla mancata ammissione delle istanze istruttorie, neppure riprodotte come, invece, prescritto (Cass. 10/08/2017 n. 19985; Cass. 30/07/2010 n. 17915);

12. che all’inammissibilità del ricorso consegue il regolamento delle spese di lite secondo soccombenza;

13. che sussistono i presupposti per l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.