CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 febbraio 2022, n. 3868
Tributi – Imposta unica sulle scommesse – Soggetto passivo – Bookmaker estero
Osservato che
L’Agenzia delle Dogane provvide a riprese nei confronti della G. S. GMBH (d’ora in avanti, breviter, “G.”), società di diritto austriaco, relative agli anni di imposta 2011, 2012 e 2013, quale coobbligata solidale con la DITTA C. DI R. S. (centro di trasmissione dati), per mancato pagamento dell’imposta unica sulla raccolta delle scommesse a quota fissa;
che la contribuente impugnò l’avviso di accertamento innanzi alla C.T.P. di Napoli la quale, con sentenza 5791/2016, rigettò il ricorso;
che tale decisione fu appellata dalla contribuente innanzi alla C.T.R. della Campania, la quale, con sentenza n. 4280/2017, depositata il 12.5.2017, rigettò il gravame affermando – per quanto in questa sede ancora interessa – la legittimità della ripresa operata dall’Ufficio, alla luce di quanto disposto dall’art. 1, comma 66, della l. n. 220 del 2010, di interpretazione autentica dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998, nonché dell’art. 1 del medesimo d. Igs. n. 504;
che avverso tale sentenza la G. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati da memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.;
si è costituita, con controricorso, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;
Considerato che
con il primo motivo la difesa della contribuente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 66, della l. n. 220 del 2010 e dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998, per avere la C.T.R. erroneamente ritenuto il centro di trasmissione dati (cd. CTD) soggetto passivo dell’imposta unica sulle scommesse (qualifica che, al contrario, apparterrebbe unicamente al bookmaker estero);
che con il secondo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, a 1, n. 3, cod. proc. civ.) della violazione e/o falsa applicazione della l. n. 288 del 1998, per applicarsi l’imposta unica de qua vertitur alle sole scommesse accettate in Italia laddove, al contrario, nella specie, le scommesse furono accettate all’estero da esso bookmaker, unico soggetto responsabile nei confronti dello scommettitore;
che con il terzo motivo la G. si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 66, della l. n. 220 del 2010 la quale, siccome norma innovativa e non interpretativa, non può trovare applicazione retroattiva, rispetto al C.T.D., in relazione agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore;
che con il quarto motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la violazione e/o falsa applicazione della Direttiva CE n. 2006/112/CE del 28 novembre 2006, per violazione del divieto di doppia imposizione in questa affermato, giacché l’imposta unica sulle scommesse “presenta caratteristiche che la sovrappongono all’imposta sul valore aggiunto”;
che i motivi – suscettibili di trattazione unitaria, per l’identità delle questioni agli stessi sottese – risultano, nel loro complesso, infondati (con la precisazione che verrà fatta in fra quanto al primo ed al terzo);
che questa Corte, con la recente ordinanza del 30.3.2021, n. 8757 (seguita da numerose altre: cfr., tra le tante, Cass. 8907- 8911/2021, 9079-9081/2021, 9144-9153/2021, 9160/2021, 9162/2021, 9168/2021, 9176/2021, 9178/2021, 9182/2021, 9184/2021, 9160/2021, 9516/2021, 9528-9537/2021, 9728- 9735/2021 e, a seguire, molte altre ancora), da intendersi richiamata in questa sede, quale specifico precedente conforme, ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e la cui ampia motivazione è condivisa dal Collegio, all’esito di una compiuta ed analitica ricostruzione del sistema dell’imposta unica, fondata anche sui recenti interventi della Corte Costituzionale (sentenza 23.1.018, n. 27) e della C.G.U.E. (sentenza 26 febbraio 2020, in causa C-788/18), ha chiarito, ai fini che in questa sede rilevano, che: a) in tema di imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, è soggetto passivo anche il titolare della ricevitoria operante per conto di bookmakers esteri privi di concessione poiché, pur non partecipando direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque attività gestoria che costituisce il presupposto impositivo, assicurando la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, e occupandosi della trasmissione all’allibratore dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento delle somme giocate nonché, secondo le procedure e istruzioni fornite dallo stesso, del pagamento delle vincite (Rv. 660937-01); b) l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse è applicabile a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte nel territorio italiano, a prescindere dal luogo in cui sono stabiliti sicché, dovendosi escludere qualsivoglia restrizione discriminatoria tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, nonché un pregiudizio alla libertà di prestazione di servizi, il centro di trasmissione che invii i dati di gioco per conto di allibratore privo di concessione avente sede in altro Stato membro, operando quale suo intermediario allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali “concessionati“, è soggetto passivo d’imposta a norma dell’art. 1, comma 66, lett. b), l. n. 220 del 2010, godendo altrimenti di un’irragionevole esenzione – contrastante col principio di lealtà fiscale – per il solo fatto di porsi al di fuori del sistema concessorio, funzionale a prevenire infiltrazioni criminali nel settore del gioco (CGUE 26 febbraio 2020, causa 788-18, punti 18 e 21) (Rv. 660937 – 02); c) in mancanza di regolazione degli effetti transitori e in considerazione della natura interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della l. n. 220 del 2010, la disposizione va applicata anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore (cfr. il § 10 della motivazione); d) la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lettera b), della l. n. 220 del 2010, nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie [dunque, non il bookmaker estero] operanti per conto di soggetti privi di concessione. In quel periodo non si può difatti procedere alla traslazione dell’imposta, perché l’entità delle commissioni già pattuite fra ricevitorie e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro precedente alla l. n. 220 cit. (cfr. il § 9.1 della motivazione); e) l’imposta di cui si discute non ha natura armonizzata, sicché i giochi d’azzardo rilevano, ai fini del diritto unionale, in relazione alle norme concernenti [non già i consumi quanto, al contrario] la libera prestazione di servizi presidiata dall’art. 56 del TFUE (Corte giust. 26 febbraio 2020, in causa C-788/18, punto 17) (cfr. il § 11 della motivazione);
che non appare, peraltro, necessario un ulteriore rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, pure invocato dalla parte ricorrente nella memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ., quanto alla dedotta sovrapposizione tra il tributo in questione e l’I.V.A. (cfr., in specie, il quarto motivo di ricorso); come già recentemente chiarito da questa Corte (cfr. Cass., Sez. 5, 21.9.2021, n. 25450, Rv. 662232-01; Cass., Sez. 5, 14.7.2021, n. 20013, non massimata) il tributo che qui rileva è, infatti, differente da una imposta sulla cifra di affari per plurime ragioni: riguarda unicamente operazioni relative all’esercizio delle scommesse, irrilevanti a fini IVA; non tiene conto del valore aggiunto di ciascuna, difettando nel sistema il meccanismo della detrazione IVA e applicandosi il tributo all’importo scommesso; è calcolata senza alcun riconoscimento di deduzione degli acquisti di beni e servizi inerenti effettuati nel periodo in cui sono poste in essere le operazioni di scommessa. Effetto del tutto risolutivo e dirimente peraltro ha, sul punto, il chiaro dictum del Giudice unionale (CGUE, sent. n. 24 ottobre 2013 in causa n. C-440/2012, Metropol Spielstàtten Unternehmergesellschaft(haftungsbeschrànkt) secondo il quale “in forza dell’articolo 401 della direttiva IVA «le disposizioni di [tale] direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte (…) sui giochi e sulle scommesse, (…) e qualsiasi imposta, diritto o tassa che non abbia il carattere di imposta sul volume d’affari (…)». La formulazione di tale articolo non osta, pertanto, a che gli Stati membri assoggettino un’operazione all’IVA, nonché, in modo cumulativo, a un tributo speciale non avente il carattere d’imposta sul volume d’affari (v., in tal senso, la sentenza dell’8 luglio 1986, Kerrutt, 73/85, Racc. pag. 2219, punto 22)”. Secondo siffatta pronuncia, quindi, l’art. 401 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, in combinato disposto con l’art. 135, paragrafo 1, lettera i) della stessa, deve essere interpretato nel senso che l’imposta sul valore aggiunto e un tributo speciale nazionale sui giochi d’azzardo possono essere riscossi in modo cumulativo, a condizione che siffatto ultimo tributo non abbia il carattere di un’imposta sul volume d’affari; inoltre, sempre secondo tale sentenza, l’art. 1, paragrafo 2, prima frase, e l’art. 73 della direttiva 2006/112 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una disposizione o a una prassi nazionale secondo cui, per la gestione di apparecchi per giochi d’azzardo con possibilità di vincita, l’importo dei proventi di cassa di tali apparecchi dopo che è trascorso un determinato periodo di tempo viene considerato come base imponibile;
che alla luce di quanto precede, premessa l’inammissibilità del primo e terzo motivo per carenza di interesse, sviluppando essi difese che, al più, riguarderebbero la posizione del C.T.D. e non del bookmaker straniero (odierno ricorrente), tutti i mezzi di ricorso risultano (comunque) infondati;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato; che quanto alle spese del giudizio di legittimità, tenuto conto dell’intervento, nelle more dello svolgimento dell’odierno giudizio, delle pronunzie della Corte Costituzionale, nonché della Corte di Giustizia oltre che del recente arresto di questa Corte, di cui si è dato conto in precedenza, le stesse vanno integralmente compensate tra le parti;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della L. AUSTRIA GMBH (già G. S. GMBH), in persona del legale rappresentante p.t., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
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