CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 marzo 2019, n. 6874
Rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato – Esercizio dell’attività giornalistica di redattore ordinario -Iscrizione nell’albo dei giornalisti professionisti
Rilevato
1. Che con sentenza non definitiva il giudice di primo grado ha accertato la esistenza tra M.B. e il Gruppo Editoriale E. s.p.a. di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal maggio 2002 con prestazioni proprie del redattore giornalistico ordinario rese in orario normale nonché per cinque ore di lavoro notturno nell’anno 2003 e altrettante nell’anno 2007; ha, per l’effetto, dichiarato dovuti il trattamento economico previsto dal c.c.n.l. per i giornalisti professionisti e dalla contrattazione integrativa aziendale nonché, a far data dal 1.11.2007, l’indennità multimediale introdotta con accordo aziendale dell’8.6.2007 maggiorata, nel solo credito residuo, degli interessi calcolati sul capitale da rivalutarsi anno per anno; ha condannato, inoltre, il Gruppo Editoriale E. s.p.a. a corrispondere alla B. la somma di € 8.000,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale in relazione all’attività prestata anche durante i periodi di astensione obbligatoria per maternità;
2. che con sentenza definitiva ha condannato la società a corrispondere la somma di € 314.415,05 oltre gli ulteriori interessi legali sull’importo capitale di € 264.233,90 da rivalutarsi anno per anno;
3. che la Corte di appello di Genova, in parziale riforma della decisione nel resto confermata, ha rideterminato la somma dovuta alla B. in complessivi € 336.240,23 oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi legali sulla somma capitale di € 287.237,75 dal 31.3.2013 al saldo; per l’effetto ha condannato M.B. alla restituzione della differenza tra quanto spettante e quanto ricevuto in più in esecuzione delle sentenze di primo grado;
3.1. che il decisum di secondo grado, è stato fondato sulle seguenti considerazioni: a) è priva di pregio la eccezione di inammissibilità dell’atto di appello il quale risulta conforme al modello legale delineato dall’art. 434 cod. proc. civ.; b) le risultanze probatorie hanno confermato che M. B., quanto meno a decorrere dal 1 maggio 2002, ha intrattenuto con il Gruppo Editoriale E. s.p.a. un rapporto di lavoro subordinato il quale nonostante le varie e talvolta contraddittorie tipologie contrattuali formalmente adottate ha assunto i contenuti propri dell’attività di redattore; c) la mancata iscrizione della B. nel registro dei giornalisti praticanti non è ostativa né all’accertamento dell’effettivo rapporto di lavoro intercorso tra le parti né al riconoscimento delle differenze retributive che spettano alla lavoratrice in relazione al detto rapporto; d) non vi è prova della proposta di assunzione da parte della società e la missiva della lavoratrice, risalente all’aprile 2011, si configura quale eccezione di inadempimento e non quale atto di dimissioni; e) la circostanza – pacifica- di sospensione consensuale del rapporto da giugno a dicembre 2004, non costituisce periodo di aspettativa ai sensi dell’art. 23 c.c.n.l. e, pertanto, non è utilmente computabile nell’anzianità di servizio; f) non spettano le retribuzioni relative al periodo decorrente dal 18 aprile 2011 allorquando la lavoratrice aveva sospeso la prestazione lavorativa per inadempimento di controparte consistito nella mancata regolarizzazione del rapporto di lavoro atteso che la eccezione di inadempimento non comporta il diritto alle retribuzioni per le prestazioni non effettuate ma, semmai, al risarcimento del danno il quale, nel caso di specie, non è stato adeguatamente prospettato e provato; g) non spetta il risarcimento del danno ex art. 96 cod.proc.civ. per difetto di offensività delle espressioni usate negli atti difensivi della società; h) in ordine al quantum è da recepire il conteggio della consulenza contabile disposta in seconde cure la quale utilizza quali parametri la contrattazione collettiva nazionale ed aziendale relativa ai giornalisti professionisti e tiene conto del fatto che la prestazione è stata resa a tempo pieno; i) in ordine al controvalore dei buoni pasto il ctu ha dato atto della impossibilità della relativa quantificazione non evincendosi lo stesso dagli accordi in atti; I) l’assenza ex ante di stabilità reale del rapporto esclude il decorso del termine (quinquennale) di prescrizione per i vantati crediti retributivi; la eccezione di prescrizione decennale, formulata in via subordinata dall’appellata, è priva di pregio stante la avvenuta interruzione del termine, mai interamente decorso, con la missiva del 19.3.2011; m) non spetta il risarcimento del danno non patrimoniale per l’attività prestata nel periodo di astensione obbligatoria non avendo la lavoratrice assolto all’onere probatorio sulla stessa incombente;
4. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso il Gruppo Editoriale E. s.p.a. sulla base di tre motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso e contestuale ricorso incidentale affidato a tre motivi ; il Gruppo Editoriale E. s.p.a. ha depositato controricorso avverso il ricorso incidentale di M. B. ;
Considerato
1. Che con il primo motivo di ricorso principale parte ricorrente deduce nullità della sentenza per assenza di motivazione o esame omesso circa un fatto decisivo e controverso rappresentato dal vincolo della subordinazione; sostiene che il riferimento per relationem alla motivazione per prime cure, in assenza di specificazione degli elementi istruttorii alla base del convincimento espresso dalla Corte di merito in ordine alla natura subordinata del rapporto, non consentiva di ripercorrere il percorso logico giuridico alla base della decisione;
2. che con il secondo motivo deduce nullità della sentenza per omesso esame di fatto incontroverso rappresentato dalla iscrizione all’albo dei praticanti essendo la B. iscritta all’albo dei pubblicisti;
3. che con il terzo motivo, svolto in via subordinata, deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 cod. proc. civ. nullità della sentenza per assenza di motivazione e omesso esame circa un fatto decisivo e controverso rappresentato dalla determinazione del credito retributivo. Premesso che la sentenza impugnata aveva escluso il diritto alle retribuzioni per il periodo successivo alla unilaterale sospensione da parte della lavoratrice del rapporto di lavoro assume l’errore del giudice di appello per avere, di fatto, riconosciuto un importo maggiore a quello spettante in quanto comprensivo anche delle somme risultanti dai conteggi effettuati dal ctu per il periodo successivo alla sospensione delle prestazioni da parte della B.;
4. che con il primo motivo di ricorso incidentale M. B. deduce la debenza delle retribuzioni per il periodo decorrente dal 18 aprile 2011- epoca a partire dalla quale la B. aveva sospeso la prestazione – essendo a tal fine sufficiente la messa a disposizione, seppur condizionata, delle proprie energie lavorative da parte del prestatore di lavoro;
5. che con il secondo motivo censura la decisione in punto di esclusione delle pretese risarcitorie connesse all’attività prestata nel periodo di astensione obbligatoria per maternità;
6. che con il terzo motivo deduce la debenza dei buoni pasto (ticket restaurant) sostenendo, in sintesi, che vi era stato un illegittimo ed ingiustificato rifiuto di controparte ad offrire i dati necessari richiesti dal ctu e che il giudice di appello avrebbe potuto ordinare la esibizione degli esemplari dei buoni pasto per ricostruirne il valore; evidenzia che, comunque, agli atti risultava acquisito un unico esemplare di buoni pasto il quale poteva essere utilizzato al fine della ricostruzione relativa al valore dei buoni pasti;
7. che il primo motivo di ricorso principale è infondato. E’ noto che la motivazione meramente apparente – che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante – sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico – giuridico alla base del decisum. (Cass. Sez. Un. 03/11/2016 n. 22232), oppure, ancora, nell’ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum. Con specifico riferimento alla motivazione per relationem è stato affermato che la motivazione della sentenza del giudice di appello che contenga espliciti riferimenti alla pronuncia di primo grado, facendone proprie le argomentazioni in punto di diritto, è da ritenersi legittima tutte le volte in cui il giudice del gravame, sia pur sinteticamente, fornisca, comunque, una risposta alledella parte soccombente formulate nell’atto di appello e nelle conclusioni della parte soccombente, risultando così appagante e corretto il percorso argomentativo desumibile attraverso l’integrazione della parte motiva delle due sentenze (Cass 19/07/2016 n. 14786; Cass. 16/02/2007 n. 3636) mentre deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle non ufficiale allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. 21/09/2017 n. 22022). Nel caso di specie non sussiste la denunziata anomalia motivazionale posto che il giudice di appello, indicati i parametri, tratti dalla giurisprudenza di legittimità, ai quali ha ancorato in tema di lavoro giornalistico la verifica della natura dipendente o meno del rapporto, non si è limitato ad un mero rinvio alla valutazione del materiale probatorio operata dal giudice di prime cure ma ha proceduto ad un autonomo riesame dello stesso ed in specie delle deposizioni testimoniali dando contezza dell’accertamento operato in punto di natura subordinata del rapporto in termini che consentono di ricostruire le argomentazioni logico -giuridiche alla base del decisum e gli elementi di fatto che le sostengono. Non è anche richiesto, infatti, come, invece, sembra opinare parte ricorrente che il giudice del merito dia conto in motivazione di aver valutato analiticamente tutte le risultanze processuali, né che confuti ogni singola argomentazione prospettata dalle parti (Cass. 28/06/2006 n. 14972);
7.1. che la censura di omesso esame di un fatto decisivo e controverso rappresentato dal vincolo della subordinazione, censura sviluppata in alternativa alla prospettata violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., non è coerente con la formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., nel testo attualmente vigente, applicabile ratione temporis, posto che secondo la rigorosa lettura di questa Corte (Cass. Sez. Un. 07/04/2014 n. 8053) il vizio denunziato esige che l’omesso esame si riferisca ad uno specifico fatto storico, vale a dire ad una circostanza di fatto pacificamente risultante dagli atti, caratteristica già in astratto non declinabile in relazione alla “subordinazione” che è frutto di un processo valutativo scaturente dall’apprezzamento delle concrete circostanze acquisite;
8. che il secondo motivo di ricorso è infondato laddove denunzia omesso esame o omessa motivazione con riferimento alla mancata iscrizione all’albo dei praticanti giornalisti professionisti in quanto la Corte di merito ha espressamente preso in considerazione il fatto che la B. non era iscritta all’Albo dei giornalisti praticanti ed ha ritenuto la circostanza non ostativa all’accertamento dell’effettivo rapporto di lavoro intercorso tra le parti né al riconoscimento delle differenze retributive. Tale affermazione è coerente con la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo la quale per l’esercizio dell’attività giornalistica di redattore ordinario è necessaria l’iscrizione nell’albo dei giornalisti professionisti, sicché il contratto giornalistico concluso con un redattore ivi non iscritto è nullo non già per illiceità della causa o dell’oggetto, ma per violazione di norme imperative non sanabile con la retrodatazione successiva dell’ iscrizione; in conseguenza, per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, detta nullità non produce effetti ex art. 2126 c.c. ed il lavoratore ha diritto, ai sensi dell’art. 36 Cost., alla giusta retribuzione, la cui determinazione spetta al giudice di merito (Cass. 21/04/2017 n. 10158; Cass. 25/01/2016 n. 1256; Cass. 11/02/2011 n. 3386; Cass. 22/11/2010 n. 23638). In questa prospettiva ed al fine di una diversa soluzione giuridica, priva di pregio si rivela la doglianza relativa alla mancata considerazione del fatto che la B. era iscritta all’Albo dei pubblicisti. Per completezza deve soggiungersi che la modalità di esposizione del motivo in esame, affidata essenzialmente alla sola trascrizione delle censure formulate con i «capitoli 10 e 11», oltre che alla riproduzione di parti della sentenza di appello non consente di individuare, questioni ulteriori rispetto a quella di cui sopra alle quali riferire l’omessa motivazione o l’omesso esame;
che il terzo motivo di ricorso è fondato. La Corte di merito ha ritenuto che alla lavoratrice spettassero le differenze retributive fino alla unilaterale sospensione della prestazione da parte della stessa e ha determinato la relativa misura in dichiarata adesione ai conteggi elaborati dal consulente tecnico d’ufficio. Tuttavia, come si evince dalla trascrizione nei brani di pertinenza della relazione peritale, la somma in concreto attribuita tiene conto anche di periodi successivi;
8.1. che, pertanto, si impone la cassazione in parte qua della decisione con rinvio ad altro giudice di secondo grado, che si indica nella Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, la quale procederà alla verifica delle differenze effettivamente spettanti;
9. che in relazione al motivi di ricorso incidentale occorre premettere che parte ricorrente omette la specifica indicazione in rubrica del vizio denunziato; da tanto deriva che per le questioni per le quali a tale carenza, di per sé non dirimente al fine dell’ammissibilità del motivo (Cass. 23/05/2018 n. 12960; Cass. 03/08/2012 n. 14026; Cass. 30/03/2007 n. 7981), si accompagni la mancata esplicitazioni delle ragioni di diritto alla base della impugnazione tale da non consentire la qualificazione giuridica del vizio denunziato, la censura risulta inammissibile in quanto in contrasto con le caratteristiche del giudizio di cassazione quale giudizio a critica vincolata delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito ( Cass. 14/05/2018 n. 11603);
10. che, tanto premesso, il primo motivo di ricorso incidentale, che alla stregua della relativa illustrazione il Collegio interpreta come inteso a contestare il mancato riconoscimento del diritto alle retribuzioni successive alla unilaterale sospensione del rapporto di lavoro in presenza della dichiarata disponibilità della lavoratrice a rendere la propria prestazione di lavoro, è inammissibile. La specifica questione relativa alla messa a disposizione delle energie lavorative da parte della lavoratrice non è stata, infatti specificamente affrontata dalla sentenza impugnata. Trova pertanto applicazione il principio secondo il quale, qualora una determinata questione giuridica – che implichi accertamenti di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 09/08/2018 n. 20694; Cass. 28/01/2013 n. 1435; Cass. 28/07/2008 n. 20518; Cass. 20/10/2006 n. 22540). Parte ricorrente non ha osservato gli oneri prescritti al fine della valida censura della decisione sul punto non avendo specificato se ed in che termini la questione della messa a disposizione delle energie lavorative era stata affrontata dalla Corte di merito;
11. che il secondo motivo è anch’esso inammissibile in quanto dalla relativa esposizione non è dato comprendere lo specifico vizio ascritto alla sentenza impugnata, vizio, come già osservato, neppure specificamente indicato in rubrica. La relativa esposizione si risolve, infatti, in un richiamo, peraltro sviluppato in termini non coerenti con il principio di specificità e completezza del motivo di ricorso, al materiale probatorio acquisito. E’ da ritenere che tale motivo, ove dovesse ritenersi inteso a denunziare un vizio motivazionale, sarebbe ugualmente inammissibile atteso che nel vigore del novellato n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, la sua corretta articolazione richiederebbe la deduzione di omesso esame di uno specifico fatto storico, di rilevanza decisiva, oggetto di discussione fra le parti (Cass. Sez. Un. 07/04/2014 n. 8053), fatto storico neppure prospettato dalla ricorrente incidentale;
12. che il terzo motivo di ricorso incidentale è inammissibile per un duplice profilo collegato sia al fatto che la esposizione della questione relativa alla determinazione dei buoni pasto, non è sorretta dalla esposizione dei fatti di causa idonea a ricostruire i termini con i quali la vicenda si è sviluppata nelle fasi di merito sia al fatto che non è dato comprendere lo specifico vizio ascritto al giudice di merito;
13. che a tanto consegue la declaratoria di inammissibilità dei motivi di ricorso incidentale ;
14. che il regolamento delle spese di lite è demandato al giudice del rinvio;
15. che sussistono i presupposti per l’applicabilità, nei confronti della parte ricorrente incidentale dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228;
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo del ricorso principale e rigetta gli altri; dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche in relazione alle spese di lite del presente giudizio alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
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