CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 marzo 2018, n. 5751
Tributi – Imposta di registro – Accertamento – Compravendita – Trasferimenti immobiliari
Rilevato che
1. La controversia ha origine dal contratto preliminare del 30.07.1994, con il quale A.B. prometteva di acquistare da C.C., che prometteva di alienare, i cespiti immobiliari ubicati nel comune di Maiori per il prezzo di euro 568.102,59, contratto di cui successivamente il promittente acquirente chiedeva la risoluzione giudiziale. La promittente alienante spiegava domanda riconvenzionale ex art. 2932 c.c. per ottenere sentenza di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto.
Il Tribunale di Salerno prima e la Corte di Appello dopo rigettavano la domanda di risoluzione del contratto e accoglievano la domanda riconvenzionale ex art. 2932 c.c. proposta dalla Crescenzo, subordinando il trasferimento alla condizione sospensiva del pagamento del residuo prezzo della compravendita.
In data 8.08.2008, la promittente acquirente provvedeva con atto per notar D. regolarmente registrato a rilasciare quietanza dell’avvenuto pagamento del corrispettivo, autorizzando il Conservatore alla registrazione della sentenza del Tribunale di Salerno e dell’avvenuto verificarsi della condizione sospensiva.
Successivamente, il 5.09.2009, con atto per notar R., il B. dava atto dell’avverarsi della condizione sospensiva e dichiarava di volersi avvalere delle disposizioni di cui all’art. 1 comma 497 L. 266/2005, ai fini delle imposte.
Avverso l’avviso di liquidazione del 9.03.2010 emesso dall’Agenzia delle Entrate, proponeva ricorso il B. sostenendo di essersi avvalso delle disposizioni di cui all’art. 1 comma 497 e art. 52 T.U. 131/86.
L’Agenzia si opponeva, sostenendo che nel caso di specie, il trasferimento era avvenuto con sentenza dell’Autorità giudiziaria, con la conseguente applicazione dell’art. 44 comma 2 DPR 131/86, il quale, in deroga al principio generale secondo cui per gli atti di trasferimento il valore dei beni deve intendersi come valore venale in comune commercio, stabilisce che la base imponibile per i trasferimenti coattivi è costituito dal prezzo corrisposto.
Riteneva, pertanto, che la deroga di cui all’art. 1 comma 497 cit. si riferisse esclusivamente alla disciplina di cui all’art. 43, non estendendosi ai trasferimenti immobiliari avvenuti a seguito di sentenza ex art. 2932 c.c., con la conseguente necessità della contestualità tra la dichiarazione di volersi avvalere delle disposizioni di cui al cit. art. 1 comma 497 ed il contratto di compravendita; contestualità che escludeva la possibilità di una dichiarazione (di determinazione catastale della base imponibile) integrativa successiva al rogito.
La CTP accoglieva il ricorso del contribuente.
La C.T.R Campania (sez. Distaccata di Salerno) – con sentenza n. 499/12/2012 del 13.07.2012, – accoglieva il ricorso del contribuente A.B. avverso l’avviso di liquidazione per il recupero delle residue imposte dovute per il trasferimento immobiliare ( pari ad euro 39.320,94), confermando la sentenza della CTP.
In particolare, evidenziava che la dichiarazione con cui il ricorrente aveva manifestato la volontà di avvalersi delle disposizioni di cui all’art. 1 comma 497 L. 2005/266 – in virtù delle quali, nel caso di cessioni tra persone fisiche di immobili ad uso abitativo, la parte acquirente poteva dichiarare al notaio rogante, di volersi avvalere della base imponibile costituita dal valore dell’immobile ex art. 52 T.U. 131/86 ai fini delle imposte – poteva essere formulata anche con atto successivo “quando segua situazioni già determinatesi per altre circostanze”.
Avverso l’indicata pronuncia, l’Ufficio propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
Il contribuente resiste con memoria.
Il P.G. conclude per il rigetto del ricorso.
Considerato che
2. Con l’unico motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c., degli artt. 43, 44, 51 e 52 DPR 131/1986, dell’art. 1 comma 497 L. 2005/266 con riferimento all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui i giudici di appello hanno ritenuto valida la dichiarazione successiva al trasferimento immobiliare resa al notaio R., atteso che ai sensi dell’art. 1 comma 497 L. 2005/266, l’acquirente deve rendere la dichiarazione al notaio rogante al momento della cessione, con la conseguente irrilevanza della dichiarazione successiva resa dal contribuente.
L’Agenzia censura, in particolare, la sentenza della CTR nella parte in cui ha ritenuto la fattispecie non assimilabile alle ipotesi disciplinate dall’art. 44 DPR 131/1986 (espropriazione forzata e trasferimenti coattivi), sostenendo l’inapplicabilità dell’art. 1 cit. al caso di specie, in quanto i trasferimenti immobiliari ex art. 2932 c.c. sono soggetti alla regola secondo la quale la base imponibile è costituita dal valore dell’immobile alla data dell’atto traslativo ex art. 43 comma 1 lett. a), vale a dire al valore venale in comune commercio (art. 51 comma 2 T.U.I.R.); deduce altresì che la condizione sospensiva del pagamento era parte integrante della sentenza ex art. 2932 c.c., di talché il trasferimento immobiliare, al momento della dichiarazione, era già avvenuto, con la conseguente intempestività della dichiarazione notarile resa dal contribuente ai fini dell’applicabilità dell’art. 1 comma 497 cit.
3. Il motivo è infondato.
La correttezza della tesi giuridica espressa dall’ufficio, secondo la quale il trasferimento della proprietà di un bene e l’obbligo correlativo di versare il prezzo dovuto, sanciti con una pronuncia ex art. 2932 c.c., non si concretizzano prima della irretrattabilità del dictum giudiziale (passaggio in giudicato della sentenza) e l’irrilevanza della pronuncia che subordina il verificarsi dell’effetto traslativo al pagamento del prezzo, il quale anche se imposto dal giudice sotto forma di condizione, non perde la natura, ad esso propria, di prestazione corrispettiva, destinata ad attuare il sinallagma (Cass., 6 agosto 2001, n. 10827; Cass. n. 690 del 2006; Cass. n. 690 del 2006; Cass. 4522 del 2008; Cass. 2010/18525 Cass., N. 13117 del 2010; Cass. 2016/10605; Cass. 2016/8693), non osta alla possibilità giuridica che la dichiarazione di volersi avvalere delle disposizioni di cui all’art. 1 comma 497 cit sia effettuata successivamente alla traslatio della proprietà.
4. Tale enunciato rappresenta il risvolto della pronuncia della Corte Costituzionale n. 6/2014, depositata il 23 gennaio 2014, con la quale è venuta meno la differenza fra trasferimento tramite notaio e trasferimento per atto giudiziario, consentendo la possibilità di avvalersi (non per la cessione di aree edificabili, oggetto del quesito) del c.d. “prezzo valore” ex art. 1, comma 497, legge 266/2005.
Detta disposizione è stata infatti dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede la sua applicazione agli acquisti effettuati in sede di espropriazione forzata o a seguito di pubblico incanto.
La Corte Costituzionale ha rilevato che «la mera differenziazione del contesto acquisitivo del bene non è dunque sufficiente a giustificare la discriminazione di due fattispecie caratterizzate da una sostanziale omogeneità, in particolare, con riguardo, all’esclusività del diritto potestativo concesso all’acquirente in libero mercato». La norma oggetto della declaratoria di incostituzionalità persegue la finalità di consentire al contribuente di scegliere la soluzione più conveniente in relazione all’andamento del mercato immobiliare. Secondo la Corte, «L’attuale sistema consente, infatti, non solo di esercitare il diritto potestativo consistente nella scelta del valore determinato secondo il criterio “tabellare”, ma anche, in presenza di fasi congiunturali avverse, quando i prezzi degli immobili in regime di libero mercato risultino – anche a seguito dell’eventuale concomitante aggiornamento dei dati catastali – inferiori al medesimo criterio “tabellare”, di non chiedere l’applicazione di tale criterio». La preclusione della facoltà di scelta per gli acquirenti della stessa categoria di immobili destinati ad uso abitativo, che parimenti non agiscono nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, ma acquisiscono la proprietà in esito a procedure esecutive o per asta pubblica, contrasta, pertanto, con l’art. 3 della Costituzione, poiché implica un’ingiustificata discriminazione del trattamento tributario riservato ad una categoria omogenea di beni.
5. La pronuncia di (parziale) incostituzionalità dell’art. 1 comma 497 L. 2005/266 impone, ad avviso di questa Corte, una rivisitazione dei principi che non ammettono atti integrativi successivi al trasferimento immobiliare, nelle ipotesi in cui il contribuente non abbia potuto effettuare la dichiarazione al notaio rogante, come nel caso di trasferimenti immobiliari coattivi.
La svalutazione della necessaria contestualità tra dichiarazione del ‘prezzo-valore’ e perfezionamento dell’atto dispositivo, a ben vedere, è proprio uno degli evidenti corollari dipendenti dalla soluzione adottata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 6/2014.
6. E’ evidente, peraltro, che, l’opzione per l’applicazione della disciplina del prezzo valore – nelle ipotesi in cui il trasferimento immobiliare avviene secondo quanto previsto dall’art. 2932 c.c. – non può essere esercitata prima del passaggio in giudicato della sentenza, ma solo in un momento successivo alla definitività della pronuncia, purché prima che l’Amministrazione Finanziaria abbia notificato atti del procedimento di accertamento sul valore dei beni oggetto di negoziazione immobiliare.
La tesi giuridica secondo la quale, anche in dette ipotesi, la contestualità tra dichiarazione e cessione ai fini dell’applicazione del criterio “prezzo-valore” deve essere osservata, si scontra con la circostanza che la cessione ovvero il trasferimento immobiliare si produce esclusivamente con il passaggio in giudicato, e non con la trascrizione, della sentenza, con l’ovvia conseguenza che l’assenza di figure a cui rivolgere la propria dichiarazione deve necessariamente – ai fini di garantire l’effettiva applicazione delle norme – consentire la possibilità di dichiarazioni integrative successive.
L’ostacolo che la dottrina ravvisa nella dichiarazione di volersi avvalere del predetto criterio per la determinazione della base imponibile quale circostanza inibitoria del potere accertativo dell’Ufficio, è certamente superabile sol che si consideri che l’attività accertativa può essere esercitata solo successivamente al passaggio in giudicato della sentenza (e dunque al trasferimento dei diritti immobiliari) ed al decorso di un congruo tempo per l’eventuale dichiarazione.
Ne consegue che l’inattuabilità di una sincronia cronologica tra dichiarazione di volersi avvalere del criterio prezzo – valore e cessione dell’immobile legittima il contribuente ad una dichiarazione successiva, purché effettuata prima della notifica dell’accertamento. Nella fattispecie, poiché l’effetto traslativo della proprietà si è prodotto solo con il passaggio in giudicato della sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. – emessa il 9.06.2005 e registrata in data 15.10.2008 (impugnata successivamente con ricorso per cassazione) , la dichiarazione resa dal contribuente al notaio nel maggio del 2009, successivamente all’effetto traslativo della proprietà, ma prima della notifica degli avvisi di liquidazione (avvenuta il 9.03.2010), risulta validamente manifestata.
Considerata la complessità della questione e l’intervento della sentenza della Corte Costituzionale sopra richiamata in epoca successiva alla proposizione del ricorso, si ritiene che sussistano i presupposti per compensare tra le parti le spese di lite per tutte le fasi del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Compensa le spese del presente giudizio.
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