CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 novembre 2020, n. 24518
Tributi – IVA – Detrazione imposta assolta per spese incrementative e miglioramenti su beni di terzi concessi in comodato non removibili – Rimborso – Diniego – Legittimità
Considerato che
1. la CTR della Puglia-Sezione staccata di Lecce ha accolto, previa riunione, i gravami interposti da V.P. s.r.l. avverso due sentenze della CTP di Lecce di rigetto dei ricorsi della medesima società contro i dinieghi di rimborso dell’IVA ex art. 30, comma 3, lett. c), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 richiesto per gli anni 2005 e 2006 relativamente alle spese per l’ampliamento, mediante ulteriore costruzione, del fabbricato preesistente appartenente a terzi nella disponibilità della società in virtù di comodato, beni che secondo la CTP non rientrano, come beni “ammortizzabili”, nella previsione della citata norma;
2. la CTR ha ritenuto, alla luce di Sez. 5, 27 marzo 2015, n. 6200, che «non v’è ragione per escludere la detrazione e di conseguenza il rimborso dell’IVA assolta sul costo dei lavori di ristrutturazione, mediante ampliamento, di un fabbricato di terzi e condotto in comodato dal contribuente, costituente bene destinato all’esercizio dell’attività di impresa dello stessa – circostanza quest’ultima pacifica e non controversa -, rilevando, in definitiva, la natura strumentale dell’immobile sul quale vengono eseguiti i lavori di ristrutturazione o miglioramento, all’attività dell’impresa, a prescindere dalla proprietà del bene da parte del soggetto che esegue i lavori»;
3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidato a un unico motivo. La società V.P. non ha svolto difese.
Ritenuto che
4. la questione controversa attiene all’ammissibilità o meno del rimborso dell’IVA assolta per spese incrementative e miglioramenti su beni di terzi concessi in comodato, non suscettibili di essere rimossi al termine dell’utilizzo;
5. con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 3, lett. c) del d.P.R. n. 633 del 1972, nonché dell’art. 108 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR): sostiene l’amministrazione che rientrano nella categoria dei “beni ammortizzabili” quelli «autonomamente funzionali, che sono fisicamente amovibili e asportabili senza perdere l’autonoma funzionalità e la caratteristica di bene. Tali beni sono soggetti alla procedura di ammortamento, ex articolo 103 e 109 TUIR, (…) Invece, il diritto al rimborso è stato fondato in relazione a spese di ristrutturazione su beni di terzi, non rientranti nella nozione di bene ammortizzabile, come sopra specificato, ma rientranti nella nozione di spese relative a più esercizi di cui all’art. 108 TUIR e, pertanto, escluse dalla possibilità di rimborso ex articolo 30, comma 3, lett. c), DPR n. 633 del 1972. Deve specificarsi che sono beni ammortizzabili quelli sottoponibili alla procedura di ammortamento e, precisamente, sia i beni per i quali la procedura di ammortamento è immediatamente attuabile – come nel caso di acquisto di un prodotto finito – sia i beni per i quali la procedura stessa è potenzialmente attuabile, nel senso che la procedura di ammortamento sarà applicabile all’atto della realizzazione (cfr. risoluzione del 6 giugno 2002, n. 179/E)» (pp. 4-5 – del ricorso); in definitiva, secondo l’amministrazione le spese che comportano opere non separabili dai beni di terzi cui accedono al termine del periodo di utilizzo costituiscono oneri pluriennali ex art. 108, comma 3, TUIR e non spese suscettibili di rimborso dell’IVA;
5.1. Il mezzo è fondato;
5.2. l’art. 30, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, nel testo applicabile ratione temporis, prevede la facoltà del contribuente di chiedere, in tutto o in parte, il rimborso dell’eccedenza detraibile, se di importo superiore a lire cinque milioni, all’atto della presentazione della dichiarazione in presenza di alcune condizioni, alternativamente previste, tra cui quella del riferimento di tale eccedenza all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili (lett. c); il riconoscimento del diritto al rimborso dell’eccedenza di IVA detraibile richiede, pertanto, il previo accertamento della sussistenza di un atto di acquisto (o di importazione) e della natura di bene ammortizzabile dell’oggetto dell’operazione.
5.3. con riferimento al primo aspetto (trasferimento del bene) deve evidenziarsi che il concetto di «cessione di beni» imponibile utilizzato dalla disciplina fiscale non coincide con quello civilistico, atteso che vi sono casi in cui ricorre la cessione anche se non si è verificato il trasferimento di proprietà (si pensi alle vendite con riserva di proprietà, nonché alle locazioni con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti: art. 2, comma 2, nn. 1 e 2, del d.P.R. n. 633 del 1972) e casi in cui, pur sussistendo un trasferimento civilistico di proprietà, non vi è «cessione di beni» imponibile (si pensi all’elenco contenuto nel comma 3 del medesimo art. 2);
5.3.1. una siffatta interpretazione del concetto è coerente con la disciplina unionale la quale, all’art. 14, par. 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, riconduce la cessione di beni fiscalmente rilevante non alla disponibilità giuridica del bene, bensì «al trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario» e, in ogni caso, alla «consegna materiale di un bene in base ad un contratto che prevede la locazione di un bene per un dato periodo o la vendita a rate di un bene, accompagnate dalla clausola secondo la quale la proprietà è normalmente acquisita al più tardi all’atto del pagamento dell’ultima rata» (par. 2, lett. b);
5.3.2. in applicazione di tali disposizioni è stato affermato che l’operazione realizzata con la conclusione di un contratto di leasing relativo ad un bene ammortizzabile che preveda o il trasferimento di proprietà al conduttore alla scadenza di tale contratto o che il conduttore disponga delle caratteristiche essenziali della proprietà, segnatamente che gli venga trasferita la maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà legale del bene e che la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale dello stesso, va equiparata a un’operazione di acquisto di un bene di investimento (cfr. Corte di Giustizia, 2 luglio 2015, NLB Leasing; Corte di Giustizia, 16 febbraio 2012, Eon Aset Menidjmunt; per la giurisprudenza domestica, cfr., da ultimo, Sez. 5, 10 maggio 2019, n. 12457);
5.3.3. diversamente, ma in applicazione del medesimo principio, è stata esclusa la ricorrenza di una cessione di beni in presenza di un trasferimento della nuda proprietà di un bene ammortizzabile, in quanto all’acquisto della titolarità del bene e del potere di disposizione giuridica sullo stesso non si accompagna il trasferimento in via definitiva anche delle facoltà di godimento e di utilizzo del bene medesimo e, dunque, del potere di fatto sul bene, necessario per l’utilizzo dello stesso in funzione degli scopi dell’impresa (cfr. Sez. 5, 22 dicembre 2017, n. 30807);
5.3.4. assume dunque rilevanza, ai fini che qui interessano, l’acquisizione, in via definitiva, dei poteri di disposizione materiale sul bene tipici del proprietario, ossia il potere, tendenzialmente illimitato, di godimento e utilizzo, e dei relativi rischi (cd. disponibilità economica del bene);
5.4. in ordine al secondo aspetto (natura del bene) si è affermato, sempre ai fini che qui interessano, che, in assenza di utili indicazioni dalla disciplina in tema di IVA, sia nazionale, sia unionale, il concetto di bene ammortizzabile va individuato dalle disposizioni che in tema di imposte dirette ne recano una sommaria enunciazione con riferimento ai beni materiali o immateriali di cui è menzione negli artt. 102 e 103 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (cfr. Sez. 5, 4 dicembre 2015, n. 24779);
5.4.1. ancora secondo Sez. 5, n. 24779/2015 cit., sono beni ammortizzabili quelli che, da un lato, sono provvisti del requisito della strumentalità, in quanto destinati ad essere utilizzati nell’attività t dell’impresa e, perciò, inidonei alla produzione di un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale in cui siano inseriti, e, dall’altro, costituiscono immobilizzazioni materiali o immateriali, in relazione alla loro idoneità ad un uso durevole, che non si esaurisce nell’arco di un esercizio contabile, e al potere dell’imprenditore di disporne in quanto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento;
5.4.2. la sola strumentalità del bene, dunque, non è sufficiente, attesa la non sovrapponibilità del concetto con quello di ammortizzabilità e la necessità che tale bene sia riconducibile alla categoria delle immobilizzazioni;
5.5. ciò posto, si osserva che nel caso in esame l’IVA si riferisce pacificamente non già all’acquisto di beni, bensì alla realizzazione di opere – per l’esattezza, opere di ampliamento eseguite su un immobile di terzi concesso in comodato -, in quanto tale esulante dalla previsione dell’art. 30, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, poiché non riconducibile alla fattispecie di acquisto di beni;
5.6. può, al riguardo, aggiungersi che la sussistenza delle condizioni per la detrazione dell’IVA non implica, di per sé, l’automatico riconoscimento del diritto al rimborso della stessa, in quanto l’innegabile centralità sistematica del principio di neutralità non impone necessariamente un vincolo di biunivocità delle situazioni, tale per cui non si possa dare l’una in difetto dell’altro e viceversa (in tal senso, invece, Sez. 5, 27 marzo 2015, n. 6200);
5.7. infatti, il diritto al rimborso costituisce una facoltà di natura eccezionale, riservata al contribuente in alternativa all’esercizio, in via ordinaria, del diritto della detrazione, prevista al fine di consentire agli operatori economici che effettuano operazioni di investimento un più veloce recupero dell’imposta assolta con riferimento ai beni acquistati ed evitare così un aggravio della propria posizione finanziaria.
6. In conclusione, la sentenza impugnata, nel sovrapporre i concetti di ammortizzabilità e strumentalità, non si conforma ai suesposti principi e deve pertanto essere cassata in accoglimento del ricorso; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384, comma 2, c.p.c. con il rigetto dell’originaria domanda; la complessità della questione giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda compensando tra le parti le spese dell’intero giudizio.
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