CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 febbraio 2021, n. 3550
Provvedimento di sospensione del rapporto e di privazione della retribuzione – Diffida della ASL di non utilizzare il lavoratore per l’erogazione di prestazioni di psicomotricista – Definitiva valutazione sulla validità dei titoli – Inammissibilità del ricorso
Rilevato
Che, con ordinanza ex art. 436 c.p.c. del 2 dicembre 2016, la Corte d’Appello di Salerno chiamata a pronunziarsi sul gravame avverso la decisione del Tribunale di Salerno, che aveva accolto la domanda proposta da C.C. nei confronti dell’I.J. S.r.l., centro di riabilitazione in Mercato San Severino presso il quale la C. operava quale dipendente con mansioni di psicomotricista dell’età evolutiva e nei confronti della ASL di Salerno, dichiarando l’illegittimità del provvedimento di sospensione del rapporto e di privazione della retribuzione che l’Istituto datore aveva assunto a carico della C., motivandolo in relazione alla diffida che l’Istituto medesimo avrebbe ricevuto da parte della ASL di non utilizzare la C. per l’erogazione di prestazioni di psicomotricista fino alla definitiva valutazione sulla validità dei titoli, ordinando il ripristino del rapporto, condannando l’Istituto al pagamento in favore della C. delle retribuzioni globali di fatto dal giugno 2013 all’effettivo ripristino e rigettando, viceversa, la domanda risarcitoria proposta a carico della ASL, ritenuta non in grado di influire sulla vicenda lavorativa della C., dichiarava inammissibile il ricorso in appello proposto dall’I.J.;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non avere l’impugnazione proposta una ragionevole probabilità di essere accolta, non risultando indicate le parti della decisione che si intendono impugnare qui relative in particolare al ruolo della ASL e dovendo ritenersi, ove anche si ammettesse la possibilità di enucleazione di queste, inidonee le deduzioni dell’appellante a censurare il ragionamento del primo giudice e ad indicare una motivazione alternativa, insite nell’impugnata sentenza le risposte alle doglianze proposte dall’appellante con particolare riferimento all’utilizzabilità della C. e, di conseguenza all’illegittimità della disposta sospensione anche sotto il profilo dell’impossibilità della prestazione, stante la quantomeno residua utilizzabilità della lavoratrice; che per la cassazione di tale decisione ricorre l’I.J., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resistono, con controricorso, sia la C. sia la ASL di Salerno;
Considerato che
Con il primo motivo, l’Istituto ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 4, commi 1 e 2, l. n. 42/1999, dell”Accordo Stato-Regioni del 16.12.2004 e del DPCM 26.7.2011, oppone al pronunciamento della Corte territoriale circa l’inammissibilità del gravame una mera censura sul merito della controversia, deducendo la legittimità del rifiuto di una prestazione che in ragione del riscontrato difetto dei titoli abilitativi previsti dalla legge, erroneamente disconosciuto dal primo giudice, doveva considerarsi impossibile e tale da non consentire la funzionalità del sinallagma;
che, con il secondo motivo, denunziando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1256, 1463, 1464, 2094 e 2229 c.c., l’Istituto ricorrente formula altra censura di merito deducendo l’erroneità del convincimento espresso dal primo giudice e ribadito dalla Corte territoriale per cui “la sospensione del rapporto non era una scelta indotta dalla ASL di Salerno, né l’unica alternativa percorribile”;
che nel terzo motivo il vizio di motivazione che l’Istituto ricorrente desume in relazione al pronunciamento del primo giudice, per aver questi disatteso la valutazione di inidoneità dei titoli della C. operata dalla ASL nel contempo esonerandola da ogni responsabilità per induzione all’adozione del provvedimento di sospensione a carico della stessa da parte dell’Istituto datore, è dedotto in relazione alla manifesta contraddittorietà di tale pronunzia;
che, questo Collegio dovendo pronunziarsi in via preliminare sull’eccezione avanzata dalla C., nel proprio controricorso, di inammissibilità del presente ricorso perché tardivo in quanto notificato oltre il termine breve alla cui osservanza l’Istituto ricorrente era tenuto per essere stata data dell’ordinanza qui impugnata lettura in udienza, deve ritenerne l’inammissibilità, non essendo l’eccezione corredata dalla produzione del verbale d’udienza recante l’indicazione dell’avvenuta lettura dell’ordinanza seduta stante, documento essenziale per stabilire l’essersi determinato l’effetto della percezione o della possibilità di percezione della pronunzia del provvedimento da parte del soggetto avente interesse all’impugnazione (cfr. Cass., sez. VI-3, ord. n. 25119/2015);
che, venendo ora al ricorso, è a dirsi come l’impugnazione con esso proposta ed articolata sugli esposti tre motivi, tutti attinenti al merito della controversia cui l’ordinanza impugnata fa riferimento quale ratio decidendi meramente ulteriore ed eventuale, essendo l’ordinanza prioritariamente motivata in relazione all’inammissibilità del ricorso in appello ex art. 434 c.p.c., come novellato dall’art. 54 d.l. n. 83/2012, conv. in l. n. 134/2012, per non contenere quell’atto “l’indicazione delle parti del provvedimento che si intendono impugnare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado”, autonoma ratio decidendi questa non fatta oggetto di impugnazione da parte dell’Istituto ricorrente, deve ritenersi inammissibile per essere la ratio decidendi da ultimo indicata e non censurata di per sé idonea a sostenere la decisione cui la Corte territoriale è pervenuta con l’impugnata ordinanza;
che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento nei confronti di ciascuno dei controricorrenti delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.250,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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