CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 luglio 2019, n. 18612

Reddito d’impresa – Accertamento – Controllo della documentazione contabile – Vendita immobili – Benefici “per la prima casa”

Rilevato

Per l’anno di imposta 2004 l’Amministrazione finanziaria, a seguito procedura di controllo della documentazione contabile, rettificava il reddito d’impresa del contribuente sotto differenti profili: 1) con riferimento alla vendita di un immobile per il quale aveva usufruito dei benefici “per la prima casa”, ricavandolo dalla differenza fra il prezzo di vendita dichiarato ed il valore dell’iscrizione ipotecaria; 2) con riferimento ai canoni di locazione di altri immobili, che erano stati determinati in misura superiore a quanto dichiarato sulla base delle tabelle dell’Agenzia del Territorio – Ufficio di Avellino; 3) con riferimento alla deduzione di quote di ammortamento relative agli immobili concessi in locazione e ad una autovettura; 4) in ordine alla indebita deduzione di costi per arredi vari e carburanti, non inerenti e non debitamente documentati.

Impugnato l’avviso di accertamento, la CTP di Avellino accoglieva parzialmente il ricorso del contribuente, ritenendo illegittimo sia l’accertamento dei maggiori ricavi conseguenti alla vendita dell’immobile, sia la ripresa di maggiori ricavi per canoni di locazione; quindi, rideterminava il reddito d’impresa in misura inferiore e favorevole al contribuente medesimo.

La sentenza veniva impugnata dall’Amministrazione finanziaria, la quale deduceva, innanzitutto, la violazione e falsa applicazione dell’art. 42, comma 4 d.P.R. 131/2006, in quanto il valore reale dell’immobile ceduto sarebbe stato differente da quello dichiarato, stante l’importo del mutuo richiesto, che era di gran lunga inferiore alla ipoteca concessa a sua stessa garanzia. Inoltre, lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 legge n. 212/2000, in quanto l’agenzia aveva allegato l’estratto della banca dati OMI. Infine, la violazione o falsa applicazione del d.P.R. 917/1986, per avere il primo giudice affermato la strumentalità per natura dell’immobile, del quale l’Ufficio aveva disconosciuto l’ammortamento senza esplicitarne le ragioni di fatto e di diritto poste a suo fondamento.

La CTR, in parziale accoglimento delle ragioni dell’Ufficio, ne riteneva corretto l’operato ove si riferiva non solo ai valori OMI, ma anche ad una serie di altri elementi indiziari. Considerava attendibile il valore del bene determinato in parametro con l’importo del mutuo richiesto, ritenendo non rilevante il dato dell’ipoteca iscritta sull’immobile, stante la distorta prassi bancaria, formatasi in epoca antecedente ad d.l. 223/2006, di iscrivere la garanzia per un importo di gran lunga maggiore, onde aspirare ad una maggiore realizzabilità del credito in sede esecutiva ed evitare di concorrere con successivi titoli preferenziali. E, per questo, determinava il valore dell’immobile nella misura di € 155.000,00. Inoltre, confermava l’accertamento relativamente al recupero a tassazione delle quote di ammortamento per € 8.436,00, inquadrando la fattispecie nella previsione dell’art. 57 TUIR. Infine, compensava parzialmente le spese di lite.

Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione N.C. in proprio e quale legale rappresentante della TOP C srl, affidandosi a due motivi di ricorso, cui resiste l’Amministrazione finanziaria presentando anche ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.

In prossimità dell’udienza parte contribuente deposita memoria.

Considerato

1. Con il primo motivo del ricorso principale, il contribuente lamenta violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c., per violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Il giudice di appello avrebbe errato nell’applicare retroattivamente la previsione dell’art. 35, comma 23 – bis d.l. 223/2006, per il quale il valore dell’immobile non può essere inferiore all’importo del mutuo erogato o del finanziamento ricevuto. Il contratto di compravendita preso in considerazione dall’Ufficio, infatti, risalirebbe al 26.05.2004.

Il motivo è inammissibile.

Dal testo della sentenza emerge che i giudici di appello lungi dal fare applicazione dell’art. 35, comma 23-bis d.l. n. 223/2006, hanno, invece, affermato la verosimiglianza del prezzo di vendita dell’immobile così come rideterminato dall’Ufficio sulla base di elementi indiziari, quali le quotazioni O.M.I. ed il valore del mutuo ottenuto. In sentenza, invece, è stato disatteso e ritenuto inammissibile l’altro elemento utilizzato dall’Ufficio medesimo, del maggior valore dell’ipoteca concessa ed iscritta a garanzia del mutuo. Esso, infatti, è stato considerato frutto di una distorta prassi bancaria ante d.l. 223/2006, che portava ad iscrivere il diritto di garanzia per un importo superiore al prezzo di acquisto del bene immobile, solo per cautelarsi da eventuali azioni esecutive di ulteriori creditori. Il motivo non coglie la ratio decidendi ed è quindi inammissibile.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 360 n.5 c.p.c., per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il giudice di appello non avrebbe argomentato sulle ragioni per le quali ha ritenuto corretto l’operato dell’Ufficio, che ha ricondotto gli immobili della società nella fattispecie tipizzata dall’art. 57 d.P.R. n. 917/86 (di seguito TUIR) e, sulla scorta di tanto, ritenuto non deducibili gli ammortamenti di beni che la contribuente aveva dichiarato essere strumentali.

La censura è fondata.

Secondo il constante insegnamento di questa Corte, infatti, “ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa” (così Cass. 23.01.2006 n. 1236; Cass. 08.03.2016 n. 15964 e 20.12.2018 n. 32980); soprattutto “I provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6 e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4: tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. S.U. 03.04.2019 n. 9279).

Alla luce di tale condiviso principio, l’affermazione della C.T.R., per cui l’Ufficio avrebbe correttamente ricondotto nell’ipotesi dell’art. 57 TUIR gli immobili appartenenti alla società contribuente, contestando la non ammissibilità a deduzione degli ammortamenti, oltre che generica è anche insufficientemente motivata, mancando, anche nella parte narrativa, qualsiasi riferimento agli immobili cui si riferisce ed alle ragioni per cui essi siano da considerarsi non strumentali.

3. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, l’Amministrazione finanziaria lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., omessa pronuncia su un motivo di ricorso ritualmente proposto, in parametro all’art. 360, n. 4 c.p.c.. La CTR non avrebbe pronunciato sulla domanda relativa al capo della sentenza di primo grado che aveva annullato il recupero a tassazione di parte dei canoni di locazione per inosservanza dell’obbligo di allegazione degli atti richiamati nella motivazione dell’avviso di accertamento, senza tener conto dell’intero procedimento accertativo.

Il motivo è autosufficiente e fondato.

Nella sentenza impugnata, invero, non vi è alcun riferimento alla questione sottoposto al vaglio della CTR che, dunque, ha omesso di statuire sul punto.

In definitiva i ricorsi principale e incidentale sono fondati nel limiti anzidetti, la sentenza deve essere cassata ed il giudizio rinviato al giudice di merito.

P.Q.M.

Rigettato il primo motivo del ricorso principale, ne accoglie il secondo. Accoglie il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per la Campania, Sezione staccata di Salerno in diversa composizione, cui demanda anche la regolazione delle spese del presente grado di legittimità.