Corte di Cassazione ordinanza n. 11701 depositata l’ 11 aprile 2022
vizio di motivazione – esame delle prove
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, con quattro mezzi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia (di seguito CTR), 108/07/12 del 3 settembre 2012, che ha respinto il gravame proposto dalla medesima e parzialmente accolto quello avanzato da R. T. & C. s.a.s. di T.R., nonché dai soci T.R., D.R. – anche quale erede del socio A. T. – e D.F., avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale, la quale aveva parzialmente accolto il ricorso dei contribuenti avverso cinque avvisi di accertamento per IRPEF ed IVA, anno d’imposta 2004.
2. La società R. T. & C. s.a.s. aveva optato, relativamente agli anni di imposta 2003 e 2004, per il concordato preventivo biennale ai sensi dell’articolo 33 del d.l. n. 269 del 30 settembre 2003, convertito con modificazioni dalla legge 326 del 24/11/2003. Per l’anno 2003, la società aveva rispettato i parametri del concordato preventivo mentre, per l’anno 2004, non aveva soddisfatto le condizioni per rendere operativo il concordato, sicché provvedeva a comunicarlo nella dichiarazione dei redditi, indicando nel quadro RF del modello unico 2005, al rigo RF57, il mancato rispetto dei parametri. A seguito della comunicazione (rigo RF57), l’Agenzia delle entrate inviava alla società questionario mediante il quale richiedeva la giustificazione di mancato adeguamento per l’anno 2004 del volume dei ricavi, nonché la produzione di tutta la documentazione contabile per il medesimo anno d’imposta. Non avendo avuto buon fine l’accertamento con adesione ed in mancanza di giustificazione degli accadimenti straordinari ed imprevedibili, l’Agenzia delle entrate emetteva l’avviso di accertamento con il quale rettificava, relativamente all’anno d’imposta 2004, i redditi della società ai fini Iva e Ires.
3. T. & c. s.a.s. di T.R., T.R., D.R. e D.F., hanno resistito con controricorso ed hanno presentato un unico motivo di ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso principale la ricorrente Agenzia delle entrate lamenta la violazione dell’art. 24 del d.lgs. 31/12/1992, n. 546, là dove la CTR ha accolto l’appello incidentale dei contribuenti sulle sanzioni, pure in difetto di un motivo di ricorso tempestivamente formulato in primo grado per la disapplicazione delle sanzioni, ex art. 6, comma 2, d.lgs. del 18/12/1997 n. 472. Deduce l’Amministrazione erariale che solo in sede di appello e, quindi, in maniera inammissibile, è stata prospettata la relativa richiesta.
1.2. Con il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 8 del d. lgs. 31/12/1992 n. 546, dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. 18/12/1997 n. 472, dell’art. 10, comma 3, della legge 27/07/2000 n. 212, là dove la CTR ha accolto l’appello incidentale dei contribuenti sulle sanzioni nonostante la mancanza dei presupposti dell’obiettiva situazione di incertezza della norma.
2. Il primo motivo di ricorso è fondato e va accolto, rimanendo assorbito il secondo.
2.1 Nella esposizione in fatto della sentenza impugnata sono riportate le tre questioni proposte col ricorso originario («violazione da parte dell’ufficio di norme di legge per erronea attuazione dell’articolo 33 commi quattro e 9 del d.l. n. 269/2003; mancata considerazione di accadimenti straordinari ed imprevedibili che avrebbero giustificato e consentito il loro comportamento; erroneità dei calcoli e delle conclusioni nella ripresa fiscale presente negli accertamenti impugnati», pag. 3 della sentenza), tra le quali manca la richiesta di disapplicazione delle sanzioni. La parte motiva della sentenza, riporta che i contribuenti proposero appello incidentale «per motivazione contraddittoria e violazione e falsa applicazione dell’articolo 33 del d.l. n. 269/2003» e che, in subordine, presentarono la richiesta «di abbandono delle sanzioni stante le rilevate oggettive condizioni di incertezza della normativa applicanda» (v. pag. 5 della sentenza impugnata).
2.2 Nel presente giudizio, ambo le parti concordano sul fatto che la contestazione subordinata relativa alle sanzioni era contenuta nella memoria illustrativa del 19 gennaio 2011 depositata da parte contribuente in vista dell’udienza di trattazione innanzi al collegio (art. 32 d.lgs. n. 546 del 1992), ma, mentre l’Agenzia delle entrate sostiene che tale richiesta fu inserita in tale memoria per la prima volta con conseguente inammissibilità della stessa per novità dei motivi di appello, parte contribuente replica, in controricorso, che tale memoria servì soltanto a sviluppare la contestazione già presente nel ricorso originario; i controricorrenti non supportano tale controdeduzione con la localizzazione, in seno al ricorso originario, di tale censura.
2.3 Osserva il Collegio che la natura impugnatoria del giudizio tributario esclude che mediante le memorie illustrative di cui all’art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992 possano essere proposte domande nuove, potendosi solo specificare quelle già contenute nel ricorso introduttivo (v. Cass., Sez. 5, 17 gennaio 2019, n. 1161). Ciò in quanto, nel processo tributario, è inammissibile la deduzione, nella memoria ex art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, di un nuovo motivo di illegittimità dell’avviso di accertamento (nel caso riguardante le sanzioni), in quanto il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti col ricorso introduttivo, i quali costituiscono la causa petendi entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dall’art. 24, comma 2, del d.lgs. del 31/12/1992 n. 546 per l’integrazione dei motivi di ricorso resa necessaria dal deposito di documenti nuovi non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione (v. Sez. 5, 24 ottobre 2014, n. 22662, seguita da Sez. 5, 24 luglio 2018, 19616).
2.4 Con riguardo alle sanzioni, dunque, la domanda di annullamento e/o di disapplicazione delle sanzioni amministrative (nella specie, richiesta per l’obiettiva incertezza interpretativa) deve costituire specifico motivo di impugnazione del ricorso di primo grado, non potendo essere presentata per la prima volta in appello (v. Cass., 5, 14 maggio 2020, n. 8924), né potendo essere oggetto di disapplicazione ex officio da parte del giudice. E’ sempre necessaria, cioè, una domanda del contribuente formulata nei modi e nei termini processuali appropriati (v. Sez. 5, 03 giugno 2021, n. 15406) e l’onere di allegazione della ricorrenza degli elementi di incertezza, laddove esistenti, grava sul contribuente (v. ex pluribus, Sez. 5, 14 gennaio 2015, n. 440; Sez. 5, 13 luglio 2018, n. 18718).
2.5 Il secondo mezzo resta assorbito dall’accoglimento del primo mezzo che, in quanto afferente alla questione processuale dell’inammissibilità del motivo di appello riguardante la disapplicazione delle sanzioni per obiettiva incertezza normativa, assorbe in sé la questione dell’effettiva sussistenza delle condizioni di incertezza della norma sanzionatoria.
3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 33 del d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre del 2003 326, laddove i giudici di appello hanno erroneamente affermato la sussistenza di accadimenti straordinari e imprevedibili, in presenza dei quali l’Amministrazione non poteva far decadere integralmente parte contribuente dai benefici del cosiddetto “concordato fiscale biennale”, mentre avrebbe dovuto limitarsi ad accertare i maggiori ricavi nella misura del reddito concordato. La ricorrente deduce che la decisione della CTR si pone in contrasto con l’interpretazione corretta della norma in parola che, nella previsione applicabile ratione temporum, prevedeva che, nei casi in cui non fossero stati rispettati i parametri concordati, l’Ufficio poteva emettere accertamento parziale sulla base dei ricavi concordati.
3.1 Il motivo è Con esso la ricorrente Amministrazione censura il vizio di legge, denunciando errori di giustificazione della decisione sul fatto, con riferimento al rapporto tra motivazione della sentenza d’appello e dati processuali (ricavi e parametri concordati), il che pone il duplice problema della selezione di tali dati in relazione ai profili contenutistici del ricorso in cassazione di cui all’art. 366, primo comma, n. 3) e 4), cod. proc. civ. e dei limiti del controllo del giudice di legittimità rispetto alla decisione di merito.
3.2 La CTR ha confutato l’accertamento dell’Ufficio valorizzando le giustificazioni addotte da parte circa la ricorrenza di “accadimenti straordinari ed imprevedibili” (v. sentenza 6-7 «[…]La straordinarietà della morte del socio fondatore, essenziale nella conduzione societaria, causata da eventi risalenti al 2004, e la grave malattia, nello stesso anno, di un socio accomandante che doveva sostituirlo nelle ricordate funzioni essenziali, non può essere oggettivamente sconosciuta nella realtà iniziativa di società ricorrente (società base e familiare dei soci partecipavano tutti alla gestione) come rilevabile dagli atti in possesso della commissione. Anche la denunciata perdita di un cliente fondamentale, come evidenziato da parte ricorrente, legato all’impresa, può essere fatta rientrare nella straordinarietà denunciata nella prospettiva legata alla programmazione precedentemente ipotizzata che ebbe a giustificare l’utilizzazione dello strumento di concordato preventivo in esame. In conclusione, una situazione che la Commissione conviene essere aderente a quanto prospettato e disciplinato per le conseguenze all’articolo 33, comma quattro, del d.l. n. 269 del 2003. Di scarso pregio le controdeduzioni sul punto da parte dell’Ufficio […] che tali situazioni […] debbano essere fatte invece rientrare nel rischio generico di impresa […] l’Ufficio non può eccepire in avviso di accertamento e in controdeduzioni all’appello che il contribuente non ha comunicato tale ecco di mezzi straordinari; anche in considerazione degli elementi che l’Ufficio ha, invece, acquisito in sede di esame dell’avvenuta circostanziata presentazione dell’istanza di accertamento con adesione pur non poi conclusasi positivamente»).
3.3 La ricorrente richiama alcuni elementi di fatto che, a suo dire, non sarebbero stati presi in considerazione dai secondi giudici e che, se presi in considerazione, avrebbero rivelato la fondatezza della pretesa fiscale (v. pag. 36 «l’accertamento non disconosce le spese documentate ed inerenti, vale a dire i costi che la parte si è portata in deduzione dal reddito d’impresa. L’accertamento parziale rettificava i ricavi, oggetto principale dello stesso concordato preventivo con una rettifica che non può operare dal solo punto di vista formale qualora l’accertamento dei maggiori ricavi non consegua anche l’accertamento dei maggiori ricavi di impresa»; pagina 37: «sulla base dei ricavi concordati e dei costi dichiarati dalla parte il reddito di impresa è costituito dalla loro differenza»; pagina 39: «la tesi sostenuta dall’Ufficio è sempre stata quella della rettifica dei ricavi in quanto la società non aveva rispettato gli importi concordati in sede di adesione al concordato preventivo biennale quindi come diretta conseguenza di ciò anche la rettifica del reddito d’impresa»).
3.4 Posto che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso (ex plurimis, cfr. 5, 21 gennaio 2015, n. 961), con la censura proposta non solo si richiede un nuovo esame della controversia, inammissibile in sede di legittimità, ma soprattutto non si coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, come è evidente dal mancato innesto tra le questioni prospettate e le argomentazioni della decisione impugnata, con conseguente inammissibilità per carenza di autosufficienza (cfr. Sez. 5, 30 aprile 2020, n. 8425).
In ogni caso, la decisione dei secondi giudici risulta conforme alla disciplina dettata dall’art. 33, comma 9, lett. b), del d.l. 30/09/2003 n. 269, che, per il caso in cui il contribuente nella sua dichiarazione non soddisfi le basi dei ricavi e dei relativi redditi previsti per il primo e per il secondo periodo di imposta dal comma 4 del ridetto art. 33, dispone che «l’ufficio emette accertamento parziale, sulla base dei ricavi o compensi di cui al comma 4, salve le ipotesi di accadimenti straordinari ed imprevedibili; in tale ultima ipotesi trova applicazione il procedimento di accertamento con adesione previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218». Nella specie, l’Agenzia delle entrate ha notificato gli avvisi di accertamento impugnati ritenendo ingiustificato lo scostamento dai parametri di cui al comma 4 dell’art. 33 cit. sul presupposto che non vi erano stati «accadimenti straordinari ed imprevedibili», e la CTR, dopo aver accertato che, invece, detti accadimenti si erano verificati, ha (legittimamente) escluso la legittimità di un avviso di accertamento fondato sulle basi di ricavi e redditi determinati ai sensi del comma 4 dell’art. 33 del d.l. cit. (v. sentenza, pag. 6).
4. Con il quarto motivo si denuncia il vizio di motivazione, ex art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ. – nella formulazione previgente, in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata in data 3 settembre 2012 – avendo il giudice di merito motivato in maniera insufficiente l’esistenza di quegli accadimenti straordinari ed imprevedibili che giustificavano la deroga alla disciplina del “concordato fiscale biennale”.
4.1 Anche tale mezzo è inammissibile essendo del tutto decentrato rispetto alla compiuta motivazione della sentenza impugnata circa i presupposti per l’applicabilità dell’art. 33, comma 9, d) del d.l. 30/09/2003 n. 269, nonché circa l’incongruenza dell’operato dell’Ufficio che, a dire della CTR, non solo non «ha operato come se gli eventi straordinari cui si riferisce la norma non fossero accaduti», ma ha calcolato un imponibile fiscale «ancora superiore a quello in cui si sarebbe pervenuti in caso di conclusione del concordato (quest’ultimo prevedeva un importo minimo 2004 di reddito pari ad euro 111.281,00 mentre con il procedimento posto in essere il reddito accettato è stato di euro 573.886,00)» (v. pagina 7 della sentenza impugnata).
5. Il ricorso incidentale è fondato. Con esso, R. T. & c. s.a.s. di T.R., T.R., D.R. e D.F. lamentano il vizio di motivazione, ex 360, primo comma, 5, cod. proc. civ., per aver la CTR omesso di motivare le ragioni del rigetto dell’appello incidentale riferito ai redditi come rideterminati per l’anno 2004 dal giudice di prime cure.
5.1 La CTR ha condiviso la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva rideterminato il reddito imponibile della società appellante per l’annualità 2004 facendo esclusivamente riferimento «ad una risultanza che in effetti pare adeguata tenendo conto delle posizioni pur diverse espresse da entrambe le parti». Tale motivazione, risulta effettivamente insufficiente, considerato che «ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi a denunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla situazione iniziale di ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa» (v. Cass., Sez. 5, 23/01/2006, 1236; Sez. 6-5, 29/07/2016, n. 15964, richiamate da Sez. 5, 20/12/2018, n. 32980). Nella specie, la sentenza impugnata ha omesso la valutazione di elementi di fatto decisivi per il giudizio come individuati dalla ricorrente nei giudizi di merito, nonché in seno al giudizio di impugnazione.
6. In conclusione, accolto il primo motivo di ricorso principale e accolto l’unico motivo di ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla CTR del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione, la quale è tenuta a provvedere anche in ordine alle spese del presente
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso principale; rigetta il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso principale. Accoglie il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla CTR del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese di lite del presente giudizio.
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