CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 marzo 2021, n. 6875
Tributi – Accertamento – Determinazione reddito di impresa – Costi di spedizione della merce con clausola “franco magazzino compratore” – Deducibilità – Periodo di competenza
Osservato
che l’Agenzia delle Entrate notificò alla K. s.a.s. di P. C. & C., nonché alle socie M. P. e C. P. distinti avvisi di accertamento conseguenti alla rettifica del reddito di impresa, provvedendo a riprese per maggiori imposte e contributi relativamente all’anno 2008;
che le contribuenti impugnarono detti provvedimenti innanzi alla C.T.P. di Savona che, previa riunione, con sentenza n. 316/14 accolse parzialmente i ricorsi, riconoscendo la deducibilità di costi per € 21.168,94;
che la K. s.a.s. di P. C. & C., nonché M. P. e C. P., da un lato e l’Agenzia delle entrate, dall’altro, proposero, rispettivamente, appello principale ed incidentale innanzi alla C.T.R. della Liguria la quale, con sentenza 1099/2016, depositata il 16.9.2016, rigettò il primo ed accolse il secondo osservando – per quanto in questa sede ancora interessa – da un lato, come le riprese fondassero non già sul mero scostamento rispetto agli studi di settore quanto, piuttosto, su un accertamento di carattere analitico-induttivo scaturito dalla “manifesta antieconomicità dell’impresa esercitata”, emergente da molteplici elementi (cfr. p. 2 della motivazione) e, dall’altro, che i costi ritenuti deducibili in primo grado non potessero, al contrario, godere di tale agevolazione, siccome fruita in un periodo di imposta (nella specie, 2008) diverso da quello di competenza (2007);
Che avverso tale sentenza la K. s.a.s. di P. C. & c., nonché M. P. e C. P. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a dieci motivi, illustrati da memoria ex art. 380-bis.1, cod. proc. civ. Si è costituita, con controricorso, l’Agenzia delle entrate;
che la Procura Generale ha depositato memoria ex art. 380- bis.1 cod. proc. civ., concludendo per il rigetto del ricorso;
Considerato
che con il primo, secondo, quarto, quarto-bis, quinto, sesto e settimo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.)) la nullità della impugnata decisione per violazione degli artt. 132, n. 4, cod. proc. civ., 36, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché 111 Cost., per essere la relativa motivazione apparente, perplessa o incomprensibile, con manifesta e/o irriducibile contraddittorietà rispetto alle doglianze formulate da esse contribuenti rispetto a ciascuna delle motivazioni sottese alle riprese operate nei propri confronti
che i motivi – i quali, per identità di questioni agli stessi sottese, ben possono essere trattati congiuntamente – sono inammissibili;
che, lungi dal versarsi in presenza di una motivazione caratterizzata, in negativo, dai predicati che vorrebbe attribuirle la difesa delle contribuenti (cfr. anche quanto si dirà in fra, a proposito dell’ottavo e nono motivo di ricorso), osserva la Corte come sia, al contrario, ben chiaro il percorso logicogiuridico attraverso il quale la C.T.R., ravvisando gli estremi di una gestione aziendale antieconomica (sulla base della coordinata lettura di una serie di elementi sintomatici. Cfr.motivazione della gravata decisione, pp. 2 e 3), ha ritenuto legittime le riprese operate dall’Ufficio. Piuttosto, ciascuna delle censure in esame disvela l’intento di parte ricorrente di ottenere una rilettura del complessivo materiale istruttorio in atti, diversa da quella svolta dalla C.T.R., conducendo infine verso una riformulazione del giudizio di fatto, per ciò stesso, però, rimesso al giudice di merito e precluso a questa Corte di legittimità (arg. da Cass., Sez. 1, 5.8.2016, n. 16526, Rv. 641325-01);
che con l’ottavo ed il nono motivo – la cui trattazione, per comodità espositiva, va anteposta a quella relativa al terzo mezzo di gravame – parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 4 e 3, cod. proc. civ.), da un lato, della nullità della impugnata decisione per violazione degli artt. 132, n. 4, cod. proc. civ., 36, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché 111 Cost., per essere la relativa motivazione apparente, perplessa o incomprensibile con manifesta e/o irriducibile contraddittorietà, non evincendosi, dalla motivazione (“confusa, insufficiente ed a volte contraddittoria” – cfr. ricorso, p. 32) della decisione impugnata, il ragionamento sotteso al rigetto dei sette motivi di ricorso (poi, trasfusi in motivi di appello) e, dall’altro, della violazione dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, per avere la C.T.R. ritenuto legittimo l’accertamento analitico induttivo in assenza presunzioni gravi, precise e concordanti circa
che il motivo è, in parte infondato, in parte inammissibile;
che quanto alla dedotta nullità della motivazione della sentenza impugnata, a cagione della ritenuta sua inintellegibilità, l’assunto appare smentito dalla stessa modalità di formulazione del motivo, laddove nel relativo incipit (cfr. p. 52, cpv.) viene chiarito che “la motivazione della CTR, che sopra abbiamo riportato integralmente (semplicemente riferendo ciascuna proposizione al relativo motivo dei 7 su cui si sono confrontati l’AdE L.] e le ricorrenti) […]”: così risultando evidente – diversamente da quanto sostenuto in ricorso – come sia ben chiaro agli odierni ricorrenti se e come i giudici di merito hanno fornito risposta a ciascuna delle censure rivolte alla sentenza della C.T.P. (ciò, peraltro, ad ulteriore conferma circa l’infondatezza dei motivi analizzati in precedenza). Quanto, invece, alla dedotta violazione dell’art. 39 cit., è sufficiente osservare come l’analitica motivazione (di cui si è già detto in precedenza) sottesa dalla C.T.R. alla propria decisione dia ampiamente conto delle ragioni abilitanti l’accertamento analitico-induttivo per cui è causa: d’altronde in tema di prova presuntiva, è incensurabile in sede di legittimità l’apprezzamento del giudice del merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, rimanendo il sindacato del giudice di legittimità circoscritto alla verifica della tenuta della relativa motivazione, nei limiti segnati dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.(Cass., Sez. 6-1, 17.1.2019, n. 1234, Rv. 652672- 01);
che con il terzo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) della violazione dell’art. 109, comma 2, lett. a, del d.P.R. n. 917 del 1986, in relazione al momento di perfezionamento della cessione di beni mobili con clausola “franco magazzino compratore (FMC)”, ai fini della individuazione dell’esercizio di competenza per dedurre i relativi costi di trasporto;
che il motivo è infondato;
che in tema di determinazione dei redditi di impresa, ai sensi dell’art. 75 (ora 109), comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, i ricavi, i costi e gli altri oneri sono imputabili nell’esercizio di competenza in cui si è formato il titolo giuridico che ne costituisce la fonte, purché l’esistenza o l’ammontare degli stessi sia determinabile in modo oggettivo, circostanze, queste ultime, che rientrano, per i componenti positivi, nell’onere probatorio dell’Amministrazione finanziaria e per quelli negativi in quello del contribuente (Cass., Sez. 5, 9.11.2018, n. 28671, Rv. 651102-01);
che parte ricorrente assume di potere imputare all’anno di imposta 2008, quale esercizio di competenza, i costi sostenuti per la spedizione della merce giacché, stante la clausola “franco magazzino compratore (FMC)”, è solo all’inizio di tale annualità che avvenne il perfezionamento della cessione, mediante la consegna alla K.. Sennonché: a) sia pure con orientamento risalente, questa Corte ha chiarito che, in tema di vendita di merce che deve essere trasportata da un luogo ad un altro, in mancanza di altri elementi di interpretazione della volontà delle parti, le clausole “franco magazzino del compratore”, o “franco arrivo” o altre equivalenti concernono solo l’onere delle spese e le modalità di consegna al vettore, ma non costituiscono, di per sé, deroga ai principi del trapasso di proprietà o del passaggio del rischio al destinatario al momento della consegna della merce al vettore medesimo (Cass., Sez. 3, 4.4.1962, n. 686, Rv. 251086-01); b) è la stessa parte ricorrente a chiarire (cfr. ricorso, pp. 26-29) che i D.D.T. accompagnatori furono predisposti alla fine dell’anno 2007, sì da rendere oggettivamente determinati, già in tale annualità, i costi per cui è causa;
che, dunque, correttamente la C.T.R. ha ritenuto riferibili al 2007 – e non al 2008 – i costi in questione, con conseguente legittimità della ripresa operata dall’amministrazione;
Ritenuto che il ricorso debba essere rigettato, con condanna della K. s.a.s. dI P. C. & C., in persona del legale rappresentante p.t., nonché di M. P. e C. P. al pagamento, in solido tra loro ed in favore dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t., delle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Per l’effetto, condanna la K. s.a.s. di P. C. & C., in persona del legale rappresentante p.t., nonché M. P. e C. P. ai pagamento, in solido tra loro ed in favore dell’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi € 5.600,00 (cinquemilaseicento/00), oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della K. s.a.s. di P. C. & C., in persona del legale rappresentante p.t., nonché di M. P. e di C. P., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.