CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 dicembre 2018, n. 32117
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Produzione in giudizio di documentazione non esibita in sede amministrativa – Contenzioso tributario
Fatti di causa
1. La Commissione tributaria regionale per La Lombardia in Milano, in riforma della sentenza di primo grado, ha annullato gli avvisi di accertamento n. T9D013B03448/2011 e n. T9D013B03451/2011 relativi a maggiore imposta IRPEF rispettivamente per gli anni 2005 e 2006, emessi nei confronti di S.A., deceduta nelle more del giudizio, cui erano subentrati gli eredi odierni ricorrenti.
2. Ha rilevato il giudice di appello che la contribuente, non avendo risposto al questionario inviatogli dall’Amministrazione nella fase amministrativa, era decaduto anche processualmente dalla facoltà di allegare nuovi fatti e nuovi documenti, atteso che la decadenza era conseguente al fatto obiettivo della mancata risposta; ne risultava che l’opposizione era basata solo su asserzioni non provate e, come tale, andava respinta.
3. Per la cassazione della citata sentenza G.P.V., D.V. e D.V. ricorrono con tre motivi, resistiti dall’Agenzia delle Entrate con controricorso.
4. Con atto depositato in Cancelleria in data 31 maggio 2018 D.V. ha dichiarato di voler rinunciare al ricorso.
5. I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.
Ragioni della decisione
1) Il ricorso lamenta:
a. Primo motivo: «Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti circa il mancato ricevimento del questionario, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., nonché violazione dell’art. 115 c.p.c., degli artt. 57, 58 e 32 del Dlgs 546/92, degli artt. 111 e 24 della Costituzione ed art. 32, quinto comma, DPR 600/73 con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.» deducendo l’erroneità della sentenza impugnata che non si sarebbe avveduta che il contribuente aveva eccepito in primo grado di non aver mai ricevuto il questionario, senza che l’Erario avesse provato alcunché in contrario in quella fase, avendo controdedotto sul punto solo in appello, allorquando tuttavia sarebbe decaduto dalla relativa facoltà stante il divieto di nova in quella fase processuale.
b. Secondo motivo: «Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti circa la mancanza di dolo della contribuente, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., nonché violazione dell’art. 32, quarto comma, DPR 600/73 e dell’art. 24 della Costituzione, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.» deducendo l’erroneità della sentenza impugnata che non avrebbe affrontato la decisiva questione della mancanza di dolo della contribuente, che sarebbe preclusiva della possibilità di imputare la circostanza dell’omessa risposta al fine di far scattare la preclusione.
c. Terzo motivo: «Ulteriore omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti circa le risultanze dei documenti prodotti dalla contribuente, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.» deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove si sarebbe astenuta dal valutare le deduzioni e le produzioni della contribuente che dimostravano l’infondatezza della pretesa erariale, ritenendola invece automaticamente fondata.
2) Va preliminarmente dichiarata l’inidoneità della rinuncia al ricorso principale da parte di D.V. a determinare l’estinzione del giudizio per quanto la riguarda; invero questa Corte, sin dalla sentenza Sez. U, Sentenza n. 259 del 03/02/1972, ha costantemente affermato il principio per cui gli eredi della parte defunta sono litisconsorti necessari di natura processuale, di talché la rinuncia di uno di essi al giudizio – così come la rinuncia nei confronti di uno di essi ad opera della controparte – non vale a consentire l’estromissione della parte dal giudizio, dovendo questo restare a contraddittorio integro (di recente Cass. Sez. L., 2 luglio 2018, n. 17199).
3) Il ricorso va accolto, nei limiti e per le considerazioni che seguono.
4) Il secondo motivo è fondato laddove lamenta la violazione dell’art. 32, quarto comma, del D.P.R. n. 600 del 1973. La sentenza impugnata erra nell’interpretazione della norma laddove omette di considerare che, secondo l’orientamento ormai prevalente nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. sez. V n. 11765 del 2014 e id. n. 27069 del 2016), la preclusione processuale a produrre documenti scatta solo ove l’Amministrazione abbia inviato il questionario al contribuente contenente l’indicazione specifica dei documenti ritenuti rilevanti e di cui si chiede l’esibizione con l’espresso avvertimento che, in caso di mancata o insufficiente risposta, opera la preclusione processuale dell’impossibilità di successivo deposito nella eventuale fase contenziosa.
5) La sentenza impugnata, invece, motiva ritenendo che la preclusione scatti in ogni caso, sol perché il contribuente non risponda al questionario, senza minimante porsi il doveroso e preliminare riscontro dell’idoneità del questionario a far scattare la successiva preclusione, unica lettura che rende la norma compatibile con le garanzie del diritto di difesa costituzionalmente previste. Tale accertamento sarà precipuo oggetto del giudizio di rinvio.
6) Gli altri motivi restano assorbiti.
7) La sentenza va pertanto cassata; il giudice del rinvio – identificato nella CTR della Lombardia in diversa composizione – rinnoverà il giudizio secondo i citati principi e provvederà anche alla regolazione delle spese della presente fase.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti innanzi alla Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.
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