CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 giugno 2018, n. 15260
Tributi – Accertamento induttivo basato sugli studi di settore – Applicabilità – Risultato della dichiarazione congruo e coerente – Compilazione irregolare delle voci – Alterazione del risultato conclusivo
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata;
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che aveva accolto solo in parte il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Benevento. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione della s.r.l. G. avverso un avviso di accertamento IRES, IVA e IRAP relativo all’anno 2011;
Considerato
che il ricorso è affidato a due motivi;
che, col primo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 111 Cost.e 36 D.Lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.: la sentenza impugnata sarebbe risultata solo apparentemente motivata, attraverso l’affermazione assiomatica dell’illegittimo ricorso agli studi di settore, in presenza della congruità e coerenza della dichiarazione fiscale della società;
che, col secondo rilievo, l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 comma 1° lett. d) DPR n. 600/1973, 54 comma 2° DPR n. 633/1972 e 10 D.L. n. 201/2011, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., giacché la CTR avrebbe erroneamente ritenuto ingiustificato il ricorso agli studi di settore, laddove l’Amministrazione avrebbe invece potuto procedere all’accertamento induttivo non solo in caso di incongruità con gli studi di settore, ma anche nell’ipotesi di gravi incongruenze tra ricavi, compensi, corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalla specifica attività;
che l’intimata si è costituita con controricorso;
che il primo motivo è fondato;
che l’Ufficio aveva dedotto, nel gravame, che controparte aveva compilato in modo irregolare alcune voci dello studio di settore, in modo da alterarne il risultato conclusivo, rendendolo così coerente con i dati contabili della società;
che, a fronte di ciò, la CTR ha unicamente affermato come “non appare giustificato il ricorso agli studi settore, stante la congruità e la coerenza della dichiarazione fiscale presentata”;
che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Sez. 6-5, n. 9105 del 07/04/2017);
che, in tal modo, i giudici di appello hanno reso una motivazione solo apparente, benché graficamente esistente, non avendo reso percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. U, n. 22232 del 03/11/2016);
che il secondo motivo resta assorbito;
che, pertanto, in accoglimento del ricorso la sentenza va cassata ed il giudizio rinviato alla CTR Campania, in diversa composizione, affinché si attenga agli enunciati principi e si pronunzi anche con riguardo alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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