CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 luglio 2021, n. 19822
Tributi – Associazioni sportive dilettantistiche – Regime fiscale agevolato – Effettuazione di operazioni di natura commerciale – Perdita dei benefici
Fatti di causa
La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, con sentenza n. 236/17/2013, respinse il ricorso della Associazione Sportiva Dilettantistica Città di Cardito contro l’avviso di accertamento n. RE9040401234/2009, relativo ad IRES, IRAP ed IVA per l’anno 2006, con cui l’Agenzia delle Entrate, sulla base di un processo di constatazione della Guardia di Finanza redatto nell’ambito di un controllo diretto a verificare la esistenza dei requisiti per usufruire delle agevolazioni fiscali previste dalla normativa fiscale per le ASD, che era stato condiviso dall’Ufficio, aveva accertato che la detta Associazione non risultava iscritta allo specifico registro tenuto dal CONI per cui non avrebbe potuto godere delle agevolazioni fiscali e comunque aveva utilizzato in modo improprio le dette agevolazioni in quanto aveva emesso numerose fatture per importi superiori a 516,46 euro per contributi nei confronti di aziende che avevano pagato in contanti, non aveva dichiarato ricavi per prestazioni di servizi risultanti dalla documentazione extracontabile (brogliacci) rinvenuta in sede di verifica, aveva dichiarato costi superiori a quelli ricostruiti sulla base dei coefficienti di reddittività, aveva effettuato operazioni imponibili di natura commerciale per servizio di sponsorizzazione per le quali aveva rilasciato fatture ma non aveva presentato la dichiarazione IVA, aveva effettuato una illegittima detrazione IVA, aveva presentato una infedele dichiarazione annuale anche ai fini IRAP ed infine aveva omesso la istituzione dei registri IVA sugli acquisti e sulle vendite in violazione degli artt. 18 del DPR n. 600 del 1973 e 23, 25 e 26 del DPR n. 633 del 1972; violazioni da cui discendeva la rideterminazione del reddito di impresa in euro 74.567,00, da attrarre a tassazione in capo alla società ai fini IRES ed ai fini IRAP per i soggetti in regime forfetario, a fronte del reddito dichiarato di euro 795.00 ed il recupero dell’IVA sulle operazioni imponibili fatturate e non dichiarate per euro 60.770.0 (v. avviso di accertamento trascritto da pag. 2 a pag. 6 del ricorso ai fini dell’autosufficienza del ricorso per cassazione).
Il giudice di primo grado – rispondendo ai motivi del ricorso iniziale della ASD con cui era stato dedotto che mancava la motivazione dell’accertamento in quanto meramente riproduttivo del pvc e che la Associazione era iscritta al CONI, anche se non risultava dai registri ed era comunque certamente iscritta alla Federazione Italiana Gioco Calcio e che inoltre non sussistevano le violazioni accertate poiché, in particolare, gli incassi in contanti erano dovuti al difficile momento economico -, premesso che la motivazione per relationem dell’accertamento era ammessa dalla giurisprudenza consolidata della Corte Suprema, rilevò che la Associazione non era iscritta al CONI nell’anno in considerazione e che in ogni caso non aveva offerto la prova, alla stessa spettante, della sussistenza dei presupposti per godere della esenzione invocata, mentre era provato il mancato rispetto delle condizioni richieste, il che faceva meno la possibilità di godere della esenzione.
Investita dall’appello della ASD – che aveva dedotto che “l’associazione è regolarmente iscritta, ma stranamente scompare da detti archivi pur mantenendo inalterati i propri rapporti con la Federazione Gioco Calcio, anche le società sportive dilettantistiche, non iscritte nel nuovo registro CONI possono essere ammesse a godere dei benefici fiscali previsti dalla legge n. 398/1991” -, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, con sentenza n. 236/39/2014, lo accolse ritenendo che lo status di società sportiva dilettantistica fosse stato provato dall’attestato emesso dal CONI in data 25.3.2009 che aveva riconosciuto alla ASD Città di Cardito tale qualità dal 20.9.2003 in quanto affiliata alla Federazione Italiana Gioco Calcio, mentre la natura non commerciale della Associazione non era esclusa dagli incassi in contanti di contributi di privati superiori a 516,46 euro, poiché si trattava soltanto del 27,5% del totale degli incassi per le quote riscosse dagli aderenti.
Contro la sentenza di appello, depositata in data 14.1.2014 e notificata in data 28.2.2014, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, con atto notificato alla controparte in data 29.4-5.5.2014, cui ha resistito con controricorso la ASD.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha formulato conclusioni scritte.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 15 del DPR n. 917 del 1986, 1 e 2 della legge n. 398 del 1991 e 7 del D.L. n. 136 del 2004, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., poiché il CONI era l’unico organismo certificatore della attività svolta dalle società e dalle associazioni dilettantistiche, per cui era illegittima la ratio decidendi della sentenza impugnata che aveva ritenuto sufficiente, ai fini della applicabilità dei benefici fiscali, la iscrizione ad una federazioni sportiva.
2. Con il secondo motivo si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 25, comma 5, della legge 133 del 1999, 148, commi 1 e 3, 149 del DPR n. 917 del 1986, 39 comma 2 del DPR n. 600 del 1973, nonché dell’art. 2697 cc, in relazione all’art. 360, comma 1 n 3 c.p.c. e degli artt. 2909 cc, 112 e 329 c.p.c., nonché dell’art. 56 D. L.vo 546/92, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3, c.p.c., poiché – a fronte dell’accertamento che era basato su plurime ragioni costitutive della pretesa fiscale, in relazioni alle quali la sentenza di primo grado aveva rigettato l’iniziale ricorso non solo con riguardo alla ritenuta insufficienza della iscrizione alla FIGC, ma anche agli altri punti contestati per i quali le doglianze della ASD, concernenti la pretesa natura di introiti commerciali occasione dei ricavi non dichiarati, erano state ritenute insufficienti per scardinare la fondatezza della pretesa fiscale “altresì sotto l’ulteriore profili della mancata prova, da parte della Associazione, della occasionalità dell’attività commerciale svolta dalla stessa” – l’appellante avrebbe dovuto impugnare in sede di appello la specifica ratio decidendi relativa alla fondatezza della pretesa fiscale anche con riguardo ai costi e ricavi recuperati, mentre ciò non era avvenuto; per cui il giudice di appello, che aveva integralmente annullato l’avviso di accertamento, pure per la parte in cui era stato rilevato lo svolgimento di attività commerciale, tale da escludere la finalità non lucrativa, aveva pronunciato, oltre il limite della devoluzione, anche su un capo della sentenza (quello per cui era stato ritenuto che anche gli enti non commerciali, a norma degli artt. 73 comma 1 lett. c e 143 del TUIR, non godono di una generale esenzione da ogni prelievo fiscale, potendo pure le associazioni senza fine di lucro svolgere di fatto attività di tipo commerciale) per il quale non era stato proposto appello, con conseguente cristallizzazione della pretesa fiscale.
3. Con il controricorso la ASD Città di Cardito ha opposto la inammissibilità del ricorso per cassazione per violazione dell’art. 325 c.p.c. perché proposto oltre il sessantesimo giorno dalla notifica della sentenza impugnata, in quanto era stato presentato per la notifica in data 14 aprile 2014 mentre invece il termine scadeva il 13 aprile e comunque la sua infondatezza, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale per cui la iscrizione nel registro del CONI non era condizione indispensabile per godere del beneficio fiscale de quo, essendo sufficiente l’esercizio di una attività sportiva senza finalità di lucro.
4. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha presentato una memoria con cui ha rilevato la infondatezza del primo motivo di ricorso, essendo sufficiente per il godimento delle agevolazioni previste dalla legge n. 398 del 1991, la affiliazione ad una Federazione sportiva nazionale, requisito pacificamente esistente ed incontestato nel caso in esame, mentre ha chiesto l’accoglimento del secondo motivo di ricorso poiché il riconoscimento della agevolazioni di cui alla legge n. 398 del 1991 non comportava la esenzione da ogni obbligazione e da ogni adempimento tributano, ma soltanto un regime agevolativo concernente la contabilità, per cui la mancata impugnazione della sentenza di primo grado per la ratio decidendi diversa dalla equiparazione della iscrizione alla FIGC alla affiliazione al CONI, aveva determinato la formazione del giudicato interno sulle specifiche violazioni agli obblighi tributari compatibili con la sussistenza di tale regime e su quelle violazioni che di tale regime avrebbero provocato la decadenza.
5. Il ricorso è fondato.
6. E’ consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’indirizzo giurisprudenziale per cui le agevolazioni tributarie previste in favore degli enti di tipo associativo non commerciale, come le associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro, dall’art. 111 (ora 148) del d.P.R. n. 917 del 1986 si applicano solo a condizione che le associazioni interessate si conformino alle clausole riguardanti la vita associativa, da inserire nell’atto costitutivo o nello statuto (v. Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 32119 del 12/12/2018 Rv. 651781 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 11456 del 12/05/2010 Rv. 612991 – 01). Ciò in quanto l’esenzione d’imposta prevista dall’art. 148 del d.P.R. n. 917 del 1986 in favore delle associazioni non lucrative (nella specie, un’associazione sportiva dilettantistica), dipende non solo dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sulla contribuente e non può ritenersi soddisfatto dal dato, del tutto estrinseco e neutrale, dell’affiliazione al CONI, essendo invece rilevante che le associazioni interessate si conformino alle clausole relative al rapporto associativo, che devono essere inserite nell’atto costitutivo o nello statuto (v., per tutte, Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10393 del 30/04/2018 Rv. 647995 – 01).
6.1. E’ stato precisato in proposito che, ai fini della qualifica di ente non commerciale e cioè del presupposto oggettivo per le agevolazioni tributarie previste per le associazioni sportive dilettantistiche che interessano nel caso in esame, rileva l’esercizio, in via prevalente, di attività rese in conformità ai fini statutari non rientranti nelle fattispecie di cui all’art. 2195 c.c., svolte in mancanza di specifica organizzazione e verso il pagamento di corrispettivi non eccedenti i costi di diretta imputazione, con la conseguenza che va disconosciuto il regime di favore previsto dall’art. 143 (già 108) dei d.P.R. n. 917 del 1986, per carenza di detti requisiti di “decommercializzazione”, in caso di distribuzione degli utili, omessa compilazione del libro dei soci e mancata partecipazione degli associati alla vita dell’ente e più in generale di esercizio di una attività di natura commerciale, anche in caso di iscrizione della associazione al CONI (Sez. 5-, Sentenza n. 22939 del 26/09/2018 Rv. 650791 – 01) poiché il regime di agevolazione tributaria previsto per gli enti non aventi natura commerciale è dettato in ragione non già del solo dato formale rappresentato dall’essere una associazione sportiva dilettantistica, in possesso di iscrizione ad una federazione sportiva e di uno statuto, ma anche dei caratteri dell’attività effettivamente svolta dell’ente. Infatti l’art. 73, d.P.R. n. 917 del 1986 (già, 87), nell’annoverare tra i soggetti passivi i.r.e.s. gli enti non societari, opera una distinzione tra enti commerciali e enti non commerciali, in relazione al fatto che abbiano o meno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali. Qualora si sia in presenza di un ente non commerciale trova applicazione il regime di favore previsto dall’art. 143 (già, 108), in base al quale non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’art. 2195 c.c. rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione. L’art. 148 (già, 111), poi, prevede una “decommercializzazione” specifica per alcune categorie di associazioni (tra cui le associazioni sportive dilettantistiche), estendendo il regime agevolativo alle attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, qualora le associazioni interessate si conformino ad una serie di clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti, tra cui quelle aventi ad oggetto il divieto di distribuzione di utili durante la vita dell’associazione, la disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, l’obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie e la partecipazione effettiva degli associati alla vita dell’ente (commi 3 e 4- quinquies) (cfr., in tema, Cass. 9 maggio 2018, n. 11050).
6.2. Il mancato riconoscimento della qualità di ente non commerciale dipende, dunque, secondo l’indirizzo giurisprudenziale consolidato di questa Corte, dal fatto che l’ente, sin dall’origine, non aveva una siffatta qualità ovvero, nel corso della sua vita, la ha persa, ai sensi del successivo art. 111 bis, in conseguenza dell’esercizio prevalente di attività commerciale per un intero periodo d’imposta; il che è del tutto in linea anche con la giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale, da ultimo con sentenza n. C -448/18, in conformità con le precedenti sentenze del 21 febbraio 2013, Zamberk, C-18/12; EU:C:2013:95, punto 17; 21 marzo 2002, Kennemer Golf c- 174/00; EU:C:2002;200, punti da 26 a 28, ha ritenuto che l’art. 132, paragrafo 1, lettera m) della Direttiva 2006/112CE deve essere interpretato nel senso la nozione di “organismo senza fini di lucro” in virtù di tale disposizione costituisce una nozione autonoma del diritto dell’Unione, la quale esige che la qualificazione di organismo senza finalità di lucro ai sensi di tale disposizione dev’essere effettuata con riferimento allo scopo da esso perseguito e cioè che tale organismo non deve mirare a produrre profitti per i membri, contrariamente alla finalità di una impresa commerciale, nel senso che (art. 133, prima comma, lett. a della stessa direttiva IVA) l’assenza di fini di lucro di tali organismi, con riferimento alla esenzione di prestazioni connesse con l’attività dello sport, presuppone che questi ultimi per tutta la loro esistenza ed anche al momento del loro scioglimento debbano astenersi dal generare profitti per i loro membri.
7. Ciò posto, risulta dalla trascrizione della sentenza di primo grado e dei motivi di appello presentati dalla ASD contro la stessa (contenuta nel ricorso per cassazione a pagine 5 e 6) che, a fronte della sentenza di primo grado che era basata su due principali rationes decidendi (come trascritte nella parte espositiva della presente sentenza), l’appello della ASD aveva investito soltanto la prima di esse, relativa alla pretesa necessità di iscrizione al CONI per potere godere delle agevolazioni invocate, mentre non aveva intaccato la autonoma pronuncia di primo grado di rigetto del ricorso quanto alle riprese dei redditi e dell’IVA che l’Ufficio aveva operato in base al rinvenimento di documentazione extracontabile, al disconoscimento di costi ed alla mancata dichiarazione dell’IVA per operazioni imponibili di natura commerciale, sulle quali si era quindi formato il giudicato interno ai sensi degli artt. 2909 c.c., 112 e 329 c.p.c. e 56 del D. Lgs. n. 546 del 1992, il che rendeva incontestabili le riprese eseguite in sede di accertamento con riguardo ai suddetti rilievi.
7.1. Tali rilievi erano fondati sul ritenuto esercizio di operazioni commerciali da parte della ASD il che non era incompatibile con il riconoscimento formale delle finalità non lucrative per effetto della affiliazione al CONI ovvero ad una Federazione Sportiva, determinando al contrario la perdita della esenzione; per cui la sentenza impugnata, laddove ha annullato in toto l’accertamento, ha violato il principio del giudicato interno, nonché la regola iuris per cui “in tema di imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG), gli enti di tipo associativo non godono di una generale esenzione da ogni prelievo fiscale, potendo anche le associazioni senza fini di lucro – come si evince dall’art. 111, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986 (nel testo applicabile “ratione temporis”) – svolgere attività a carattere commerciale; il citato art. 111, comma 1 – in forza del quale le attività a favore degli associati non sono considerate commerciali e le quote associative non concorrono a formare il reddito complessivo – costituisce, d’altro canto, deroga alla disciplina generale, fissata dagli artt. 86 e 87 del medesimo d.P.R., secondo cui l’IRPEG si applica a tutti i redditi, in denaro o in natura, posseduti da soggetti diversi dalle persone fisiche, con la conseguenza che l’onere di provare i presupposti di fatto che giustificano l’esenzione è a carico del soggetto che la invoca, secondo gli ordinari criteri stabiliti dall’art. 2697 c.c.” (v. Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 23167 del 04/10/2017 Rv. 645901 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 3360 del 12/02/2013 Rv. 625267 – 01, con cui, in applicazione di tale principio, la S.C., decidendo nel merito, ha ritenuto le attività di servizio bar e organizzazione di serate danzanti e giochi non rientranti nelle finalità istituzionali, assistenziali e culturali, di un ente non commerciale).
8. La mancata impugnazione di tale autonoma ratio decidendi, attinente al requisito oggettivo della esenzione invocata, rende irrilevante la sussistenza o meno del requisito soggettivo della iscrizione al CONI, oggetto del primo motivo di ricorso, pur dovendosi rilevare che tale requisito (escluso dalla ormai superata sentenza n. 17119 del lontano 2003, non massimata) è stato ritenuto necessario dalla giurisprudenza più recente, anche con riferimento a quegli anni d’imposta anteriori alla previsione dell’obbligatorietà di tale adempimento (v. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7202 del 21/03/2017 Rv. 643483 – 01; Cass. sez. 5 n. 22939 del 2018 rv. 650792-01; Cass. sez. 5 n. 29401 del 2019, rv. 655740).
9. In conseguenza, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, la sentenza impugnata deve essere annullata e, non essendo necessari altri accertamenti, decidendo nel merito, deve essere rigettato il ricorso originario della ricorrente. La vicenda processuale, anche alla luce della evoluzione giurisprudenziale della materia, giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, cassa e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso del contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.