CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 giugno 2018, n. 15533
Lavoro – Società cooperativa – Rapporto di lavoro subordinato – Accertamento – Pagamento delle differenze retributive
Rilevato che
La Corte d’Appello di Milano, con sentenza resa pubblica il 5/4/2013, confermava la pronuncia del giudice di prima istanza che aveva respinto la domanda proposta da G.D.D. nei confronti della Cooperativa C.T. a r.l. volta a conseguire l’accertamento della intercorrenza fra le parti di un rapporto di lavoro subordinato e la condanna della società al pagamento di differenze retributive relative agli anni 1989-1994 e 1998, oltre alle competenze di fine rapporto.
La Corte distrettuale, a fondamento del decisum, argomentava in estrema sintesi che l’accertamento della natura del rapporto di lavoro e delle consequenziali competenze retributive avanzate risultava precluso dal passaggio in cosa giudicata di una precedente pronuncia intervenuta fra le parti (sentenza n. 381/2009 della Corte d’Appello di Milano), con la quale era stata acclarata l’effettività del rapporto associativo che legava il ricorrente alla società cooperativa, nel cui ambito aveva anche ricoperto la carica di sindaco.
Negava, di conseguenza, il diritto a percepire le rivendicate differenze retributive.
La cassazione di tale pronuncia è domandata dal ricorrente sulla base di due motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la società intimata.
Considerato che
1. Con il primo motivo è denunciata nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma primo n.4 c.p.c.. Si critica la sentenza impugnata per avere omesso di pronunciarsi in ordine al mancato pagamento della busta paga del luglio 2014 e delle ulteriori differenze retributive determinate in euro 18.146,46. Si ritiene non conferente la statuizione con la quale la Corte di merito ha ritenuto le pretese azionate precluse dall’accertamento, con forza di cosa giudicata, della natura autonoma del rapporto intercorso fra le parti: obietta a riguardo il ricorrente che il mancato pagamento di emolumenti “pacifici tra le parti…non ha nulla a che vedere con il tema della applicazione convenzionale degli istituti del rapporto di lavoro subordinato”.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2225 e 2697 c.c., rimarcandosi l’erroneità della pronuncia laddove, pur considerando autonomo il rapporto, non ha fatto doverosa applicazione dei principi di necessaria onerosità della prestazione come previsti dall’art. 2225 c.c.
3. I motivi, da trattarsi congiuntamente per presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, sono infondati.
Come fatto cenno nello storico di lite, la Corte distrettuale ha chiaramente dato atto che l’esclusione della natura subordinata del rapporto intercorso fra le parti – desumibile dalla pronuncia fra di esse emanata e divenuta intangibile per effetto del giudicato – non consentiva di procedere alla disamina delle domande proposte nel giudizio sottoposto al suo scrutinio, attinenti alle differenze retributive, modulate su tale presupposto giuridico.
Come questa Corte di legittimità insegna, il giudicato formatosi con la sentenza intervenuta tra le parti copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto e cioè non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto fatte valere in giudizio (giudicato esplicito), ma anche tutte quelle che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici essenziali e necessari della pronuncia (giudicato implicito), quindi anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia (vedi, ex aliis, Cass. 11/4/2008 n. 9544, Cass. 23/2/2016 n. 3488).
Nello specifico s’impone l’evidenza della conformità della pronunzia agli enunciati principi, avendo la Corte distrettuale proceduto ad una congrua disamina della domanda attorea intesa a conseguire il pagamento di differenze retributive riferite ad istituti contrattuali ed al trattamento di fine rapporto, pervenendo alla conclusione, conforme a diritto, che riposassero sul presupposto logico-giuridico della natura subordinata del rapporto intercorso con la società, già scrutinato con pronuncia non più impugnabile.
Con indagine completa ed esaustiva, il giudice del gravame ha ulteriormente escluso la possibilità di diversamente interpretare il ricorso alla giurisdizione per i soli accessori, dopo l’esperimento dell’azione giudiziale in relazione al pagamento del solo capitale sulla quale si era formato il giudicato, giudicato ostativo ad un’azione anche soltanto limitata agli accessori medesimi. Gli approdi ai quali è pervenuta la Corte di merito, sono stati, peraltro, sorretti da ulteriori argomentazioni in ordine alla remunerazione della attività di collaborazione autonoma svolta dai singoli soci (vedi punti 20 e segg. della pronuncia), esaminando altresì il regolamento della società, che riconosce, invero, l’applicabilità anche di alcuni istituti del contratto collettivo purché contemplati da specifiche fonti negoziali.
Nella fattispecie, detta soluzione concernente l’attribuzione al socio lavoratore non dipendente di istituti propri del rapporto di lavoro subordinato, di origine convenzionale o legale, era da escludere in ragione della palese insussistenza di specifico statuto negoziale.
4. In definitiva, sotto tutti i profili considerati, il ricorso, in quanto infondato, deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio seguono il principio della soccombenza, liquidate come da dispositivo.
Essendo stato il presente ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida euro 200,00 per esborsi ed in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
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