CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 luglio 2021, n. 19875
Tributi – IMU – Alloggi di edilizia sociale oggetto di assegnazione – Esenzione – Esclusione
Rilevato che
1. – con sentenza n. 601/3/17, depositata in data 11 aprile 2017, la Commissione tributaria regionale del Piemonte ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia territoriale per la casa del Piemonte Centrale avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione del diniego di rimborso dell’IMU corrisposta dalla contribuente, relativamente all’anno 2012, in relazione ad alloggi di edilizia sociale oggetto di assegnazione;
– il giudice del gravame ha ritenuto, in sintesi, che:
– non ricorrevano, nella fattispecie, i presupposti di applicabilità del d.lgs. n. 504 del 1992, art. 7, c. 1, lett. I), secondo dieta della giurisprudenza di legittimità detta esenzione presupponendo, difatti, l’utilizzo diretto delle unità immobiliari, così da non potersi estendere agli immobili oggetto di assegnazione;
– «Indicative della correttezza del predetto assunto sono le disposizioni che si sono succedute ed hanno statuito la ricorrenza della detrazione per abitazione principale anche agli immobili destinati ad abitazione principale dei soci assegnatari di cooperative edilizie e quelli degli assegnatari di immobili ATC», nonché l’introduzione (a decorrere dal 1° gennaio 2014) dell’esenzione prevista per gli immobili destinati ad alloggi sociali, in quanto tali equiparati all’abitazione principale;
2. – l’Agenzia Territoriale per la casa del Piemonte Centrale ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi, illustrati con memoria:
– il Comune di Leini resiste con controricorso.
Considerato che
1. – col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione alla I. Regione Piemonte n. 3 del 2010, art. 28, comma 2 bis, al d.lgs. n. 23 del 2011, art. 9, comma 8, al d. Igs. n. 504 del 1992, art. 7, c. 1, lett. I), al d.l. n. 1 del 2012, art. 91 bis, conv. in I. n. 27 del 2012, ed al d.m. n. 200 del 2012; assume, in sintesi, la ricorrente che, – avuto riguardo alla ripercorsa successione normativa, ed alla conseguente disciplina attuativa, in tema di esenzione ICI spettante agli enti non commerciali, – nella fattispecie, – applicabile la disciplina dell’imposta comunale sugli immobili in ragione del rinvio operato dal d.lgs. n. 23 del 2011, art. 9, c. 8, – ricorrevano tutti i presupposti, oggettivo e soggettivo, della reclamata esenzione, – qual da ultimo delineati dal d.m. n. 200 del 2012, – venendo in considerazione, per l’appunto, un ente di natura non commerciale che, – nel contesto regolatorio dell’edilizia sociale posto dalla I. regione Piemonte, 17 febbraio 2010, n. 3, – svolgeva, con modalità non commerciali, la propria attività;
– il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione della I. n. 212 del 2000, art. 10 bis, comma 4, deducendo la ricorrente che erroneamente la gravata pronuncia aveva escluso il diritto al rimborso in relazione alla disposizione che prevedeva (solo) il diritto ad una detrazione d’imposta (d.l. n. 201 del 2011, art. 13, comma 10, conv. in I. n. 214 del 2011, in relazione all’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 504 del 1992), in quanto l’art. 10 bis, comma 4, cit., consentiva l’opzione per il règime di maggior favore;
2. – i due motivi, – che vanno congiuntamente trattati in quanto connessi, – sono destituiti di fondamento;
3. – la disposizione di cui al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 7, c. 1, lett. i), è stata interpretata dalla Corte, secondo un risalente orientamento, nel senso che le previste esenzioni «presuppongono il ricorrere di una duplice condizione costituita dall’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dall’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito» (così Cass. Sez. U., 26 novembre 2008, n. 28160 cui adde, ex plurimis, Cass., 20 luglio 2016, n. 14913; Cass., 4 giugno 2014, n. 12495; Cass., 6 dicembre 2013, n. 27418; Cass., 11 maggio 2012, n. 7385); e che, altrimenti detto, occorrono, ai fini dell’integrazione dell’esenzione, un requisito oggettivo, – rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate dal legislatore ai fini dell’esenzione, – ed un requisito soggettivo, – costituito, a sua volta, dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali – (v., ex plurimis, Cass., 30 aprile 2019, n. 11409; Cass., 20 luglio 2016, n. 14913; Cass., 4 maggio 2016, n. 8870; Cass., 8 luglio 2015, n. 14226; Cass., 21 marzo 2012, n. 4502);
4. – la Corte, per vero, ha rilevato altresì che, – assolvendo le Agenzie territoriali per la casa del Piemonte (istituite con l. regione Piemonte 26 aprile 1993, n. 11) alle funzioni già attribuite agli Istituti Autonomi per le Case Popolari, di cui costituiscono, quindi, un’evoluzione normativa, – la reclamata esenzione si pone in rapporto di incompatibilità con l’espressa previsione di una detrazione di imposta (ai sensi del d.lgs. n. 504, cit., art. 8, comma 4, qual richiamato dal d.l. n. 201 del 2011, art. 13, comma 10); e si è, altresì, rimarcato che i canoni locativi, seppur corrisposti in misura inferiore a quelli di mercato, sono volti a remunerare il capitale investito e, ad ogni modo, «non escludono il carattere economico dell’attività svolta, non essendovi equivalenza tra il concetto di corrispettivo tenue o modesto e quello di corrispettivo simbolico, il quale esclude completamente il rapporto sinallagmatico, sussistente invece nel primo caso» (v. Cass., 14 maggio 2020, n. 8964; Cass., 30 dicembre 2019, n. 34601; v., altresì, Cass., 4 dicembre 2003, n. 18549);
4.1 – arresti, quelli sopra ripercorsi, che, peraltro, sono stati ulteriormente ribaditi dalla Corte anche in fattispecie perfezionatesi in epoca antecedente alla modifica normativa dell’art. 7, comma 1, lett. i), cit., quali riconducibile al d.l. n. 1 del 2012, art. 91-bis, comma 1, cit., essendosi rilevato che il diritto all’esenzione dall’ICI presuppone che l’utilizzo, pur indiretto, dell’unità immobiliare avvenga con modalità non commerciali, così come ritenuto nella decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, al fine di evitare che il regime dell’esenzione si risolva in un aiuto di Stato; così che è necessario, al fine dell’esclusione del carattere economico dell’attività, che quest’ultima sia svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un importo simbolico (Cass., 30 settembre 2019, n. 24308; Cass., 5 settembre 2019, n. 22223; Cass., 15 marzo 2019, n. 7415; Cass., 8 luglio 2016, n. 13970; v. altresì, quanto ai caratteri del canone locativo, e con riferimento a fattispecie omologhe a quella in trattazione, Cass., 14 maggio 2020, n. 8964; Cass., 30 dicembre 2019, n. 34601);
4.2 – la citata decisione della Commissione, difatti, – nel rimarcare che, secondo la stessa giurisprudenza unionale, in tema di aiuti di Stato e di concorrenza, la nozione di impresa, a prescindere dal suo status giuridico, si correla allo svolgimento di un’attività economica (v., tra le tante, CGUE, 1 luglio 2008, procedimento C-49/07, MOTOE, punti 27 e 28; CGUE, 10 gennaio 2006, procedimento C-222/04, Ministero dell’Economia e delle Finanze, punti 107, 108, 122, 123; CGUE, 12 settembre 2000, procedimenti riuniti da C-180/98 a C-184/98, Pavlov e altri, punti 74 e 75) e che, pertanto, le finalità sociali, e di solidarietà, eventualmente perseguite non escludono la riconducibilità delle relative attività a detta nozione in quanto (anche) un’impresa che agisca senza fine di lucro può offrire beni e servizi sul mercato e, così, porsi in concorrenza con altre imprese, – ha considerato quale aiuto di stato incompatibile con il mercato interno (art. 107 TFUE) l’esenzione ICI di cui al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) e, per converso, lecita, perché non costituente aiuto di Stato, l’esenzione IMU che, seppur riconducibile alla sopra citata disposizione del d.lgs. n. 504, cit., art. 7, comma 1, conseguiva dalla rimodulazione regolatoria di quella stessa disposizione;
4.3 – Il riferimento ad un corrispettivo di importo simbolico, – qual elaborato dalla giurisprudenza della Corte in relazione alla specifica connotazione delle modalità non commerciali delle attività suscettibili di essere ricondotte all’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), cit.,
– ha trovato, poi, uno specifico riscontro regolativo nel d.m. n. 200 del 2012 che, nel disciplinare i «requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, come svolte con modalità non commerciali», ha espressamente previsto, – nel contesto degli altri (pur) delineati requisiti, soggettivi e oggettivi, – per le attività (come nella fattispecie) di natura ricettiva (ma la disposizione assume carattere tendenzialmente generale nella disciplina in discorso), che le modalità non commerciali sussistono se «sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio» (art. 4, comma 4); disposizione, quest’ultima, che, – nel contesto della globale valutazione della disciplina dei requisiti, soggettivi e oggettivi, ascrivibili alle modalità non commerciali delle attività considerate, – ha, giustappunto, indotto la Commissione dell’Unione Europea alla ricordata conclusione quanto alla liceità dell’esenzione IMU, essendosi, in particolare, rimarcato che «a norma del regolamento, per avere natura simbolica il compenso non deve essere commisurato al costo del servizio, e dall’altro, che il limite della metà del prezzo medio, fissato per le stesse attività svolte nello stesso ambito territoriale con modalità concorrenziali, può essere utilizzato solo per escludere il diritto all’esenzione (come indicano le parole «in ogni caso») e non implica a contrario che possano beneficiare dell’esenzione i fornitori di servizi che applicano un prezzo al di sotto di tale limite.» (Decisione cit., § 6.4, punto 168 e ss.);
4.4 – la I. regione Piemonte, 17 febbraio 2010, n. 3 (recante norme in materia di edilizia sociale) espressamente prevede che «Il canone di locazione degli alloggi di edilizia sociale è diretto a compensare i costi generali, di amministrazione, manutenzione ordinaria e fiscali sostenuti per la gestione degli immobili, nonché a consentire il recupero di una parte delle risorse impiegate per la realizzazione degli stessi, da destinare a fini di reinvestimento.» (art. 19, comma 1); e, come reso esplicito anche dal relativo regolamento di attuazione (Decreto del Presidente della Giunta regionale, 4 ottobre 2011, n. 14/R), il canone in discorso, – seppur variamente articolato in relazione ad aree e fasce reddituali [art. 6, ed allegati B) e C) del regolamento, cit.], – è, ad ogni modo, incentrato su di un valore base (costo di costruzione) corretto sulla base di diversi coefficienti correlati a cd. variabili oggettive [categoria catastale, classe demografica del Comune, ubicazione, vetustà, stato di conservazione; artt. 4 e 5, e allegato A), del regolamento, cit.];
– in ragione, allora, dei suoi criteri di determinazione, detto canone,
– che, in effetti, risulta commisurato (anche) al costo del servizio, – non può affatto considerarsi simbolico, nell’accezione assunta dalla nozione nel contesto del d.m. n. 200 del 2012, art. 4, che, come detto, segna lo stesso limite di conformità dell’esenzione alla disciplina Eurounitaria in tema di aiuti di Stato;
5. – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 500,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 – bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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