CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 ottobre 2021, n. 27937
Licenziamento per giusta causa – Contestazione disciplinare – Mancata emissione di scontrini fiscali – Appropriazione dei relativi importi
Rilevato
che F.P. ha proposto reclamo ai sensi dell’art. 1, comma 58, della I. n. 92 del 2012, dinanzi alla Corte d Appello di Milano, avverso la sentenza n. 1927/2018, resa dal Tribunale della stessa sede, con la quale era stata respinta l’impugnativa del licenziamento per giusta causa intimatogli da C.S. S.r.l. il 10.3.2017, a seguito di contestazione disciplinare allo stesso notificata il 14.2.2017, inerente alla mancata emissione di scontrini fiscali ed all’appropriazione dei relativi importi, commessa nello svolgimento delle mansioni di Capo Servizio Ristorazione addetto al bar del treno n. 9705 nella tratta Milano Centrale-Venezia Santa Lucia;
che la Corte territoriale, per quanto ancora di interesse in questa sede, ha osservato che <<va esclusa nel caso di specie alcuna lesione del diritto di difesa del lavoratore per la lamentata tardività della contestazione disciplinare, costituente eccezione formulata per la prima volta con l’atto di reclamo e quindi inammissibile>>; che <<i fatti contestati – a prescindere dal valore strettamente pecuniario del pregiudizio arrecato – rivestono evidente gravità, in ragione delle mansioni di responsabilità affidate al dipendente, addetto alla vendita della merce aziendale e all’incasso dei relativi corrispettivi, tali da richiedere la sussistenza di un particolare vincolo fiduciario, irreparabilmente compromesso dall’accertata appropriazione>>; ed altresì che <<la mancata emissione degli scontrini, costituendo violazione della normativa fiscale ed esponendo la società alle relative conseguenze sanzionatone, si pone già di per sé in rilevante contrasto con i doveri di diligenza propri della mansione affidata al dipendente>>; che per la cassazione della sentenza F.P. ha proposto ricorso articolando un motivo contenente più censure; che la C.S. S.r.l. ha resistito con controricorso; che il P.G. non ha formulato richieste;
Considerato
che, con il ricorso, si deduce testualmente che <<la sentenza>> impugnata <<è illegittima per i seguenti motivi: art. 360 numero 4 c.p.c., in relazione all’art. 132 c.p.c., nullità per contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza.
Omesso esame di una circostanza specifica oggetto di reclamo, articolo 360 numero 5 cpc>> e si lamenta che <<nel caso di specie, la Corte>> avrebbe <<utilizzato una motivazione illogica con motivazioni inconciliabili>>, essendosi <<in presenza di un pensiero “circolare” ed illogico: cioè la prova che l’incasso riconsegnato corrisponde agli scontrini emessi, dimostra che i testi hanno ragione affermando che il ricorrente non ha emesso gli scontrini per gli acquisti affermata >; ed inoltre, si assume che la Corte di merito avrebbe <<omesso completamente l’esame del reclamo da pag. 10 in poi, omettendo l’esame delle compiute difese del Signor P. che dimostravano la regolarità del Bollo di scarico merce e quindi l’inattendibilità dei testi (art. 360 n° 5 cpc)>>; che il motivo è inammissibile sotto diversi e concorrenti profili; al riguardo, è da premettere che il ricorso è stato redatto mediante la tecnica c.d. dell'<<assemblaggio>> – cioè mediante la mera riproduzione grafica di atti processuali e documenti, assumendosi che la sentenza impugnata non ne abbia tenuto conto o li abbia male interpretati -, in più occasioni stigmatizzata dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., SS.UU. n. 16628/2009; ed altresì, ex plurimis, Cass. nn. 9232/2021; 8035/2020; 8245/2018; 16103/2016; 10244/2013), nel caso, quale quello di cui si tratta, in cui <<il ricorso difetti di specificità ed autosufficienza>>. E ciò, in quanto <costituisce onere del ricorrente operare una sintesi del fatto sostanziale e processuale, funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure, al fine di evitare di delegare alla Corte un’attività, consistente nella lettura integrale di atti e documenti assemblati, finalizzata alla selezione di ciò che effettivamente rileva ai fini della decisione, che, inerendo al contenuto del ricorso, è di competenza della parte ricorrente>> (v. Cass. n. 8245/2018, cit.). Nella fattispecie, il motivo non rispetta i canoni di specificità normativamente prescritti a pena di inammissibilità, poiché, innanzitutto, viola il disposto dell’art. 366, primo comma, n. 3, c.p.c., mancando <<l’esposizione che garantisca a questa Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso>> (v. Cass., SS.UU., n. 11653/2006; Cass. nn. 8035/2020; 16103/2016, citt.); prescrizione, questa, che risponde <<non ad una esigenza di mero formalismo, ma alla conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato>> (v. Cass. n. 8035/2020, cit.);
che, inoltre, le doglianze sollevate con il mezzo di impugnazione – che attengono a <<vizi di motivazione per travisamento dei fatti>>, nonché ad una <<motivazione contraddittoria ed illogica> >, asseritamente posta a fondamento della decisione impugnata – sono, altresì, prive di pregio, a causa della non conferenza del parametro normativo che si assume violato, perché non indicano il fatto storico (cfr. Cass. n. 21152/2014), con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare; né, tanto meno, -fanno riferimento, alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite n. 8053 del 2014, ad un vizio della sentenza <<così radicale da comportare>>, in linea con <<quanto previsto dall’art. 132, n. 4, c.p.c., la nullità della pronunzia per mancanza di motivazione:»>, non potendosi configurare, nella fattispecie, un caso di motivazione apparente o di mancanza di motivazione, da cui conseguirebbe la non idoneità della sentenza a consentire il controllo delle ragioni poste a fondamento della stessa, dato che la Corte di merito è pervenuta alla decisione oggetto del giudizio di legittimità con argomentazioni analitiche, condivisibili e scevre da vizi logico-giuridici;
che, pertanto, in considerazione di quanto innanzi osservato, il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;
che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, secondo quanto specificato in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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