CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 marzo 2018, n. 6401
Licenziamento in costanza di malattia – Mancata ricezione del certificato di malattia – Assenza dal lavoro ingiustificata – Circostanza non qualificabile come espressiva di volontà risolutoria del rapporto – Nuovo apprezzamento nel merito – Ricorso inammissibile
Rilevato
che, con sentenza del 14 aprile 2015. la Corte di Appello di Venezia confermava con diversa motivazione la decisione del Tribunale di Treviso che aveva dichiarato la illegittimità del licenziamento intimato con comunicazione del 16 febbraio 2007 dalla F. s.p.a. al proprio dipendente A.C. – assunto il 3 aprile 2002 con qualifica di impiegato di II livello del CCNL Trasporto merci con mansioni di addetto all’ufficio spedizioni – comunicazione con la quale il C. aveva ricevuto busta paga di gennaio 2007 con la liquidazione del TFR, delle altre competenze di fine rapporto e certificato di lavoro con indicazione di cessazione del rapporto al 26 gennaio 2007 (allorché era in malattia con decorrenza dal 24 gennaio 2007 e sino al 24 marzo successivo) e del quale con istanza del 19 febbraio il lavoratore aveva richiesto senza esito i motivi analitici;
che la Corte territoriale, per quello che ancora rileva in questa sede, osservava: che, essendo documentata l’estromissione del C. o la cessazione del rapporto di lavoro, era onere della società provare in modo rigoroso le dimissioni del lavoratore o la risoluzione del rapporto per tacito mutuo consenso; che tale prova la F. non aveva fornito non deponendo in tal senso quante; dichiarate; dal C. in sede di libero interrogatelo e non essendo rilevante la prova testimoniale articolata dalla società in quanto intesa a dimostrare che era stato concordato un incontro con il dipendente onde formalizzare la cessazione del rapporto per il giorno 29 gennaio, 2007, quindi, in data successiva alla comunicazione del 26 gennaio in cui certamente il rapporto era cessato, come comprovato da buste paga e da libretto di lavoro di provenienza dalla F. ed il cui contenuto non era stato contestato; che, pur volendo considerare l’assenza dal lavoro del C. nel periodo dal 24 gennaio alla data della comunicazione del 26 gennaio ingiustificata (la società aveva contestato di avere ricevuto i certificati di malattia), siffatta circostanza non poteva essere interpretata come espressiva di una volontà risolutoria del rapporto pur in presenza di trattative per la risoluzione consensuale dello stesso; che, pertanto, era del tutto priva di rilievo anche la comunicazione del 26 gennaio 2011 inoltrata dalla F. al Centro per l’Impiego la quale, secondo il primo giudice, aveva attestato “incontrovertibilmente” il licenziamento del C.; che, in definitiva, l’impugnata sentenza andava confermata, sia pur con diversa motivazione;
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso la F. affidato ad un unico articolato motivo cui resiste con controricorso il C. proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato fondato su sei motivi;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio; che il C. ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. adesiva alla proposta del relatore;
che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
Considerato
che con l’unico morivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1372 cod. civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) avendo errato la Corte di appello a ritenere non dimostrato che la cessazione del rapporto di lavoro con il C. non era avvenuta per licenziamento e nel considerare irrilevanti le contestazioni e deduzioni della F. e la prova testimoniale articolata;
che il motivo è inammissibile perché – nonostante i richiami a violazioni di legge contenuti nell’intestazione – si risolve nel sollecitare una generale rivisitazione del materiale di causa e nel chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione; invero, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr, e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003);
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso principale va dichiarato inammissibile;
che la declatoria di inammissibilità del ricorso principale assorbe il ricorso incidentale condizionato con il quale il C., attraverso l’articolazione di cinque motivi, aveva sostanzialmente censurato la valutazione di irrilevanza ai fini della decisione della comunicazione inoltrata dalla F. al Centro per l’Impiego la quale, secondo il primo giudice, aveva attestato “incontrovertibilmente” il licenziamento del C. (i primi tre motivi) nonché la omessa motivazione da parte della Corte territoriale in merito al licenziamento di cui alla comunicazione del 16 febbraio 2011 (quarto, quinto e sesto mezzo);
che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo in favore del C.;
che sussistono i presupposti per il versamento, solo da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito quello incidentale, condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15 %.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento solo da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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