CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 marzo 2018, n. 6457
Trasporto pubblico – Azienda concessionaria – Mansioni di conducente di autobus e addetto al rilascio dei biglietti con incasso – Indennità di agente unico
Rilevato
che la Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del giudice di primo grado, dichiarava il diritto di V. A. e S. S., dipendenti di Ente A. V. s.r.l. (società incorporante la s.r.l. C.), con mansioni di conducente di autobus addetti sia alla guida che al rilascio dei biglietti con incasso, a percepire l’indennità di agente unico, pari a venti minuti della retribuzione normale di autista di VII livello con tre scatti di anzianità, in misura adeguata e commisurata alle variazioni subite nel tempo da tale retribuzione, quantificata per ciascuno in dispositivo;
che avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’Ente A. V. s.r.l. sulla base di unico articolato motivo;
che il V. ha resistito con controricorso, mentre il S. non ha svolto attività difensiva;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
Considerato
che la controversia riguarda esclusivamente i criteri di calcolo dell’indennità di agente unico, sostenendo il datore di lavoro la correttezza del proprio comportamento, laddove il lavoratore ravvisa nelle fonti regionali, normative e deliberative, che hanno proposto il sistema dell’agente unico, il riferimento normativo dal quale evincere il sistema di contabilizzazione dell’emolumento del quale, con accordo aziendale del 18.11.1988, le 00.SS. e la C. avevano espressamente stabilito l’adeguamento in base alla normativa regionale secondo le date dalla stessa previste;
che il ricorrente deduce: a) erronea interpretazione delle norme di diritto applicabili alla fattispecie: non applicabilità alla fattispecie della legge regionale della Campania n. 16 del 25 gennaio 1983 come modificata dalla l.r. n. 13 del 15 marzo 1984 (art. 1, 2 , 4 I. r. 16/83) Applicabilità alla fattispecie dell’accordo sindacale del 18 novembre 1988 punto 5 e allegato B); b) erronea motivazione su un punto decisivo della controversia: irrilevanza della delibera regionale n. 9240/86 ai fini del decidere, applicabilità allegato B) accordo sindacale del 18 novembre 1988;
che osserva, innanzi tutto, che la normativa regionale richiamata in sentenza era intervenuta a disciplinare esclusivamente il rapporto tra Regione – ente concedente – e azienda di trasporto – concessionaria – precisando, tra l’altro, i criteri per la determinazione della misura dei contributi regionali annualmente riconosciuti alle aziende concessionarie, mentre la stessa normativa non aveva alcuna incidenza diretta sulla regolamentazione del rapporto di lavoro, con la conseguenza che era errata la prospettazione che collegava l’indennità di agente unico alla legge regionale e alla delibera regionale, essendo unica fonte normativa del rapporto l’accordo sindacale del 1988;
che, specificamente, con tale accordo le parti avevano inteso quantificare l’indennità in una determinata somma giornaliera, individuata per relationem nella misura del contributo regionale minimo erogato all’azienda per l’indicato titolo, piuttosto che stabilire un criterio di adeguamento automatico dell’indennità, con la conseguenza che il limite fissato con la delibera regionale n. 9240 del 1986 quantificava il contributo relativo al medesimo anno, mentre l’indennità doveva intendersi così fissata fino a successivo accordo sindacale;
che, in altre parole, il rinvio ricettiziamente operato dagli accordi alla Delibera di Giunta del 1986 costituiva l’esternazione della volontà di corrispondere la predetta indennità tenuto conto dei soli adeguamenti intervenuti nel tempo attraverso l’adozione di specifiche delibere della giunta regionale;
che il motivo di ricorso è infondato alla luce dell’orientamento di questa Corte già espresso nelle decisioni nn. 3775 e 4257 del 2004 (citate nella sentenza impugnata) e nelle, più recenti, Cass. n. 13406 del 2013, Cass. n.21382 del 2014, Cass. n. 9925 del 2016 (ed altre numerose conformi);
che il thema decidendum investe la questione se l’Accordo regionale del 15 marzo 1988 abbia offerto un parametro per determinare il compenso spettante al conducente unico o invece abbia indicato una cifra determinata, incrementabile ma solo con una nuova deliberazione ad hoc;
che al riguardo la Corte di appello, ricostruita l’evoluzione del sistema contrattuale e retributivo del settore a seguito dell’introduzione della figura dell’agente unico (eventualmente con mansioni anche di bigliettaio) e ricordato che la L.R. n. 13 del 1983 e la Delib. Giunta campana 2 dicembre 1986, istituenti limiti di bilancio, non potevano incidere nella determinazione, In concreto, dell’ammontare dell’Indennità concessa all’agente unico demandata alla contrattazione collettiva, richiamando il tenore letterale del citato Accordo regionale del 15 marzo 1988 nel quale era stato pattuito che “l’equiparazione della Indennità agente unico nei limiti massimi ammissibili in base alla L.R. 15 marzo 1984, n. 13 sarà realizzata a partire dal 1 gennaio 1990, pari a corrispettivi di 20 minuti di paga oraria dell’autista livello 7A con 3 scatti” ha affermato che non vi era stata alcuna cristallizzazione del compenso con riferimento a quanto stabilito dalla Delibera del 1986, avendo voluto le parti aggiornare il compenso con decorrenza 1/1/1990 tenuto conto dei mutamenti intervenuti nella contrattazione collettiva e del paramento scelto già nel 1986 (venti minuti di retribuzione di un agente), con quella determinata qualifica e quella determinata anzianità di servizio. Ad avviso dei giudici partenopei, si era insomma consentito al compenso di lievitare, tenuto conto della fisiologica dinamica salariale, ma solo nei limiti stabiliti dal parametro già ricordato, e non diversamente, ed anzi in modo ancor più chiaro, doveva leggersi la pattuizione dell’accordo del 18 novembre 1988 per la quale restava inteso, sia pure sulla base del computo di lire 1120, che l’indennità sarebbe stata adeguata “a quanto previsto dalla normativa regionale, secondo le date dalla stessa previste” e dunque la somma di lire 1120 doveva incrementarsi alle date oggetto di riesame del compenso in sede regionale;
che la Corte territoriale ha anche ricordato le due già citate sentenze di questa Corte (nn. 3775 e 4257 del 2004) che hanno affermato principi rafforzativi dell’orientamento come sopra espresso in una controversia in cui conducenti che svolgevano mansioni anche di bigliettaio reclamavano il compenso di 20 minuti più un altro compenso di venti minuti per il “doppio incarico”. In tali decisioni questa Corte di legittimità ha affermato che il riferimento a venti minuti di paga oraria è un tipico criterio di determinazione parametrica sensibile alle variazioni della retribuzione parametro, al pari di quello espresso in misura percentuale;
che, pertanto, l’interpretazione della clausola dell’accordo accolta dalla Corte di appello è congruamente e logicamente motivata e risponde ai canoni ermeneutici codicistici, posto che parte da una interpretazione di natura letterale cui aggiunge una valutazione di natura sistematica che tiene conto dell’evoluzione contrattuale derivata da fasi di ristrutturazione produttiva che aveva portato alla creazione dell’agente unico” e da ultimo è sorretta da elementi direttamente tratti dalla prima applicazione dell’Accordo del 1988 che portò ad una commisurazione del compenso riferito al parametro scelto ma aggiornato alla luce dell’evoluzione salariale e di inquadramento intervenuta dal 1988 al 1990;
che a ciò si deve aggiungere che la soluzione offerta appare coerente con i principi già fissati da questa Corte in controversie di natura analoga riguardanti l’istituzione dell’agente unico e la determinazione del suo compenso;
che, in definitiva, la soluzione interpretativa adottata, secondo la quale si è scelto un riferimento parametrico per stabilire il compenso e non si è invece stabilito un mero dato empirico da rinegoziare e rideterminare ha alla base elementi di natura letterale, sistematica, legati alla prassi applicativa dell’Accordo in parola ed infine trova conforto in principi già affermati da questa Corte perfettamente applicabili alla fattispecie (molto simile nei suoi contenuti ) in esame, nonché riscontro nella prima applicazione dell’Accordo stesso, poiché nell’occasione fu determinato l’importo già riferito al valore dei “20 minuti”, come stabilito nel 1986 sulla base di un inquadramento non più operante, secondo un principio di adeguamento automatico globalmente considerato;
che, quanto al profilo di censura attinente ai presunti effetti abrogativi dell’accordo nazionale degli Autoferrotranvieri del 2 ottobre 1989 e dei successivi accordi nazionali 11 Maggio 1995, 27 novembre 2000 e 19 novembre 2004, non enunciato nella rubrica ed esposto in maniera commista agli altri nel corpo del ricorso (in violazione del principio di tassatività dei motivi di impugnazione e perciò stesso inammissibile, essendo il giudizio di cassazione a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi) si osserva che difetta la necessaria integrale produzione da parte del ricorrente dei richiamati accordi e l’esatta indicazione degli estremi per l’individuazione dei medesimi nel fascicolo delle fasi di merito, sostanziandosi l’adempimento in un onere di allegazione e produzione assoggettato alle regole processuali sulla distribuzione dell’onere della prova, con la conseguenza che l’esame dei relativi punti di doglianza deve ritenersi preclusa in ragione della sanzione dell’improcedibilità prevista dall’art. 369 n. 4 cod. proc. civ. (circa gli oneri di produzione della parte si veda Cass. n. 19507 del 16/09/2014, quanto alla necessità che l’allegazione riguardi l’intero testo del contratto, Cass. n. 15495 del 02/07/2009, conforme Cass. n. 7891 del 06/04/2011: L’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi su cui il ricorso si fonda – imposto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nella nuova formulazione di cui al d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 – non può dirsi soddisfatto con la trascrizione nel ricorso delle sole disposizioni della cui violazione il ricorrente si duole attraverso le censure alla sentenza impugnata, dovendosi ritenere che la produzione parziale di un documento sia non solamente incompatibile con i principi generali dell’ordinamento e con i criteri di fondo dell’intervento legislativo di cui al citato d.lgs. n. 40 del 2006, intesi a potenziare la funzione nomofilattica della Corte dì cassazione, ma contrasti con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dagli artt. 1362 cod. civ. e seguenti e, in ¡specie, con la regola prevista dall’art. 1363 cod. civ., atteso che la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva della questione che interessa>);
che in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato, con liquidazione delle spese secondo soccombenza in favore della parte costituita e distrazione in favore del procuratore anticipatario che ne ha fatto richiesta, mentre nessun provvedimento in ordine alle spese di lite deve essere adottato nei confronti della parte rimasta intimata, in mancanza di svolgimento di attività difensiva;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della parte costituita, liquidate in complessivi € 2.200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori di legge, con distrazione in favore del procuratore antistatario. Nulla sulle spese nei confronti della parte rimasta intimata.
Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.
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