CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 marzo 2019, n. 7468
Lavoro – Determinazione della base di calcolo del trattamento di fine rapporto e dell’indennità di anzianità – Differenze retributive
Rilevato che
A.G. e gli altri ricorrenti di cui in epigrafe, tutti ex dipendenti della Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno s.p.a. (ora B.A.), si videro accogliere dal giudice del lavoro del Tribunale di Ascoli Piceno la domanda volta alla rivendicazione delle differenze retributive determinate dal mancato calcolo sulla base imponibile per il computo del trattamento di fine rapporto (T.F.R) dell’incidenza dei contributi versati dalla Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, loro ex datrice di lavoro, al Fondo Integrativo Pensionistico Aziendale fino al mese di aprile del 1993;
a seguito di impugnazione di tale sentenza da parte della predetta Cassa, la Corte d’appello di Ancona (sentenza del 19.3.2013) riformò la gravata decisione e rigettò la domanda degli appellati;
la Corte territoriale osservò che i versamenti effettuati dall’ex datrice di lavoro al fondo di previdenza integrativo non avevano natura retributiva e, pertanto, non concorrevano a determinare la base di calcolo del trattamento di fine rapporto e dell’indennità di anzianità;
per la cassazione della sentenza ricorrono gli ex dipendenti della Cassa di Risparmio di cui in epigrafe con un solo motivo; resiste con controricorso la B.A. s.p.a.; le parti depositano memoria;
Considerato che
con un solo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 1, commi 193 e 194, della legge n. 662 del 1996, oltre che dell’art. 12 della legge n. 153 del 1969 e dell’art. 1 della legge n. 297 del 1982, assumendo che la natura retributiva dei contributi versati dalla Cassa di Risparmio al Fondo Integrativo Pensionistico fino all’entrata in vigore del D.lgs n. 124/1993 (introduttivo del sistema di previdenza complementare) e, quindi, la loro computabilità nel calcolo del trattamento di fine rapporto fino al 1993, discendeva dal fatto che fino a quella data il beneficio del versamento di cui trattasi era dato dalla loro appartenenza e fedeltà a quella datrice di lavoro, con conseguente “non portabilità” della posizione previdenziale integrativa; dunque, il contributo al Fondo aziendale che permetteva di raggiungere il beneficio in esame costituiva esso stesso un corrispettivo e, quindi, una retribuzione per la prestazione lavorativa eseguita in favore di quella specifica azienda; il ricorso è infondato;
si è, infatti, affermato (Cass. Sez. L., n. 12367 del 17.5.2017) che <<In tema di fondi di previdenza complementare, per il periodo antecedente la riforma introdotta dal d.lgs. n. 124 del 1993, i relativi versamenti effettuati dal datore di lavoro possiedono natura previdenziale e non retributiva, a prescindere dalla natura del soggetto destinatario della contribuzione e, pertanto, sia nel caso in cui il fondo abbia una personalità giuridica autonoma, sia ove esso si ponga quale gestione separata nell’ambito dello stesso soggetto datore di lavoro; di conseguenza i suddetti versamenti non possono costituire base di calcolo ai fini del trattamento di fine rapporto e della indennità di anzianità>>; si è, altresì, precisato (Cass. Sez. L. n. 14758 del 14.6.2017) che <<Per il periodo anteriore alla riforma di cui al d.lgs. n. 124 del 1993, i versamenti del datore di lavoro nei fondi di previdenza complementare – sia che il fondo abbia personalità giuridica autonoma, sia che consista in una gestione separata del datore stesso – hanno natura previdenziale, non retributiva, sicché non rientrano nella base di calcolo delle indennità collegate alla cessazione del rapporto di lavoro>>;
si è anche statuito (Cass. Sez. 1 n. 19792 del 5.10.2015) che <<I contributi dovuti dal datore di lavoro per la previdenza complementare (nella specie, a titolo di indennità di premorienza Fonchim, prevista dal c.c.n.l. del settore chimico-farmaceutico a partire dall’ 1 gennaio 2007), originando da un rapporto contrattuale diverso da quello di lavoro subordinato e non essendo legati a quest’ultimo da nesso di corrispettività, hanno natura esclusivamente previdenziale e non retributiva, sicché non concorrono a determinare la base di calcolo del trattamento di fine rapporto né, tantomeno, rientrano tra le forme di previdenza e assicurazione obbligatoria. Ne consegue che, in caso di omesso versamento contributivo, il credito risarcitorio insinuato al passivo del fallimento del datore di lavoro non è assistito da privilegio>>; infine, anche tramite l’Ordinanza n. 10458 del 22.6.2012 della Sezione 6 – Lavoro di questa Corte) si è confermato che <<i versamenti effettuati dal datore di lavoro ai fondi di previdenza complementare non hanno natura retributiva, né l’hanno avuta in passato, trattandosi di esborsi non legati da nesso di corrispettività con la prestazione lavorativa ed esonerati dalla contribuzione AGO, con assoggettamento a contributo di solidarietà, ai sensi della disposizione retroattiva dell’art. 9 bis del d.l. n. 103 del 1991, conv. in legge n. 166 del 1991. Ne consegue che gli accreditamenti per la previdenza integrativa non concorrono a determinare la base di calcolo del trattamento di fine rapporto e dell’indennità di anzianità>>; non vi sono, pertanto, particolari ragioni per discostarsì dal consolidato orientamento di legittimità sopra riportato, con la conseguenza che il ricorso va rigettato;
si ravvisano i motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio in considerazione dell’esito alterno delle fasi di merito e del consolidarsi del citato orientamento di legittimità in epoca successiva al ricorso;
ricorrono i presupposti di legge per la condanna dei medesimi soccombenti al pagamento del contributo unificato di cui all’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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