CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 giugno 2021, n. 17523

Tributi – IRPEF – Accertamento – Reddito di capitale – Società a ristretta base societaria – Presunta distribuzione di utili extracontabili – Prova contraria – Impugnazione dell’accertamento societario – Condizione sospensiva del provedimento nei confronti del socio

Rilevato che

1. M.V. propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio con la quale – pronunciando in sede di appello in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento relativo a maggiore Irpef, per redditi di capitale non dichiarati dovuti dal contribuente per l’anno d’imposta 2004, socio della società a ristretta base sociale Ma. Gi. Ca. A. s.r.l. – è stato rigettato l’appello del contribuente, confermandosi integralmente la decisione di primo grado.

2. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

3. V.M. ha presentato memoria, ex art. 380 bis-1 cod. proc. civ.

Considerato che

1. Con il primo motivo di ricorso M.V. deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 111 Cost., per aver la CTR adottato una motivazione meramente apparente in ordine alla decisione di non sospendere il giudizio in attesa della definizione della lite pregiudiziale riguardante la società M. s.r.l., di cui M.V. era socio.

1.2. Con il secondo mezzo, deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., la violazione della legge processuale, e segnatamente dell’art. 295 cod. proc. civ., riguardante la sospensione del processo là dove sussista un vincolo di pregiudizialità tra procedimenti.

1.3. Col terzo, deduce la violazione dell’art. 2909 cod. civ., per aver la CTR fondato la decisione di rigetto dell’appello su di un accertamento non definitivo, relativo alla società M. s.r.l.

1.4. Col quarto mezzo, lamenta la violazione di legge (art. 38, comma 3, d.lgs. n. 600 del 1973, artt. 2727, 2729 e 2697 cod. civ.), in relazione al n. 3 dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., per aver la CTR, in assenza di un accertamento definitivo circa gli utili extracontabili della società M. s.r.l., violato le regole di riparto dell’onere probatorio e, segnatamente, del cd. divieto di doppia presunzione.

1.5. Il quinto ed il sesto motivo di ricorso sono dedotti in via subordinata, assumendosi, col quinto, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.), là dove era stato richiesto e dedotto che la M. s.r.l. aveva presentato la dichiarazione dei redditi per l’anno 2004, redditi che sarebbero dai redditi presuntivi accertati dall ‘Ufficio, nonché che non era stata applicata l’aliquota sostitutiva del 12,50%; col sesto, deducendosi il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) consistente nel non aver valutato che la verifica della guardia di finanza era stata eseguita quando ancora pendevano i termini per la dichiarazione dei redditi dell’anno 2004 e senza raffrontare i redditi dichiarati con quelli accertati.

2. I primi tre motivi di ricorso riguardano identica quaestio iuris, censurandosi con essi la sentenza impugnata nella parte in cui i secondi giudici hanno ritenuto irrilevante sospendere il giudizio nei confronti del socio in attesa dell’accertamento definitivo riguardante il reddito della società. Secondo la prospettazione del ricorrente, la mancata sospensione del giudizio ha reso illegittima la sentenza impugnata sotto il triplice profilo di mancanza di motivazione, di violazione di legge processuale e di violazione del giudicato.

2.1. I tre motivi si esaminano, dunque, congiuntamente stante la loro intima connessione logica e giuridica.

2.2. Va chiarito, in fatto, che nel caso all’esame è pacifico che il ricorrente è socio, per una quota pari al 75% del capitale sociale, della società M. s.r.l., composta da due soli soci e che, proprio su tale elemento di fatto – determinante un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale – i giudici di appello, con la sentenza qui gravata, hanno ritenuto operante la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili e, quindi, del maggior reddito a carico del socio, M.V..

2.3. E’ altresì pacifico (v. premessa in fatto della sentenza impugnata e controricorso dell’Agenzia delle entrate) che la società M. s.r.l. ha avviato autonomo ricorso avverso l’avviso di accertamento spiccato nei suoi confronti per la rideterminazione del maggior reddito di capitale e che, con ordinanza n. 14490 del 07/06/2013, questa Corte ha accolto il ricorso della società sulla questione pregiudiziale di rito (dalla motivazione dell’ordinanza si legge: «l’incarico al difensore a norma dell’art. 12 d.lgs. n. 546 del 1992 può essere conferito anche in udienza pubblica, successivamente alla proposizione del ricorso e non da luogo, perciò, ad una nullità attinente alla costituzione del contraddittorio») con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Commissione tributaria regionale «affinché – previo invito al contribuente di munirsi della prescritta assistenza tecnica – provveda a rinnovare l’esame delle questioni proposte con il ricorso introduttivo».

3. Il giudizio riguardante la rideterminazione del reddito societario si riflette inevitabilmente sugli esiti del presente ricorso riguardante la distribuzione degli utili extracontabili in capo ai soci.

3.1. Come ha chiarito questa Corte, in tema d’imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale, l’accertamento relativo agli utili extracontabili della società, anche se non definitivo, è presupposto dell’accertamento presuntivo nei riguardi del singolo socio, in ragione della sua quota di partecipazione agli utili sociali «sicché l’impugnazione dell’accertamento “pregiudicante” costituisce, fino al passaggio in giudicato della pronuncia che lo riguarda, condizione sospensiva, ex “pregiudicato” relativo al singolo socio, la cui esistenza e persistenza grava sul contribuente che la invochi sotto forma di allegazione e prova del processo scaturente dall’impugnazione del provvedimento impositivo» (così, Cass., 19/12/2019 n. 33976, richiamata, in motivazione, da Cass. 11/09/2020 n. 18885; adde, Cass., 07/03/2016, n. 4485).

3.2. Tenuto conto di tali principi, hanno errato i secondi giudici nel superare l’eccezione pregiudiziale del contribuente ritenendo che «la causa proposta dal sodo poteva comunque essere decisa sussistendo comunque tutti gli elementi utili a ciò» ed affermando, pur in mancanza di accertamento nei confronti della società, l’operatività della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili a carico del socio. Viceversa, avrebbero dovuto considerare che il giudizio riguardante la legittimità dell’accertamento nei confronti del socio, è legato ad un rapporto di pregiudizialità con il giudizio relativo all’accertamento nei confronti della società e che quest’ultimo non era stato definito alla stregua dell’ordinanza di questa Corte sopra richiamata che ha disposto il rinvio ai primi giudici.

4. Col quarto motivo di ricorso il ricorrente articola distinti profili di censura deducendo la violazione degli artt. 38, comma 3, d.P.R n. 600 del 1973 e 2727 e 2729 cod. civ., nonché la violazione del divieto di doppia presunzione e la carenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza nella valutazione presuntiva del maggior reddito societario compiuta dall’amministrazione finanziaria.

4.1. Anche tale mezzo è fondato e va accolto.

4.2. La giurisprudenza di questa Corte, in tema d’imposte sui redditi nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale (o a base familiare), ha ammesso la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili, che vanno imputati al socio nell’anno in cui sono conseguiti, e sempre che il socio non dimostri che gli utili extracontabili non sono stati distribuiti perché accantonati e reinvestiti nella società. È stato chiarito che il ricorso a tale presunzione, non viola il cd. divieto di doppia presunzione, poiché il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati nei confronti della società – nella specie la Ma.Gi. Ca. s.r.l.- ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale, con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria (ex pluribus, cfr. Cass. nn. 15824 del 2016, 32959 del 2018, 27778 del 2017; id. Cass., 24/01/2019, n. 1947). E’ stato chiarito che affinché detta presunzione possa operare, è necessario che il giudice di merito accerti la sussistenza sia della ristretta base sociale e/o familiare (che costituisce il fatto noto posto alla base della presunzione), sia la sussistenza di un valido accertamento a carico della società in ordine ai ricavi contabilizzati; ciò in quanto tale accertamento costituisce il presupposto per l’accertamento a carico dei soci in ordine ai dividendi, in mancanza del quale alcuna presunzione, nei termini prospettati, può operare (v. Cass., 22/04/2009, n. 9519; Cass., 29/12/2011, n. 26905).

4.3. Applicando tali principi al caso in esame, la decisione impugnata non risulta motivata correttamente nella parte in cui, escludendo la rilevanza della connessione tra il giudizio incardinato dalla società e quello dei soci, ha ritenuto legittimamente operante il meccanismo presuntivo posto a base dell’accertamento senza farsi cura di verificare se i criteri utilizzati dall’Ufficio nella determinazione del maggior imponibile fossero corretti e se, in relazione ad essi, fossero soddisfatti i requisiti tipici della prova presuntiva di cui all’art. 2727 e 2729 cod. civ.

4.4. Ne consegue che anche il quarto mezzo va accolto, avendo la Commissione tributaria regionale violato le regole del ragionamento presuntivo per carenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza nella valutazione presuntiva del maggior reddito societario compiuta dall’amministrazione finanziaria.

5. L’accoglimento dei primi quattro motivi rende irrilevante l’esame dei motivi quinto e sesto, dedotti in via subordinata.

6. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame, alla luce dei suindicati principi di diritto.

7. Quanto alle spese di questa fase,, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.