CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 maggio 2018, n. 12269
Tributi – Accertamento – Contenzioso tributario – Immobili – Valori OMI – Scostamento
Rilevato che
La I.V. s.r.l., con tre motivi, ricorre per la cassazione della sentenza n. 56/49/11, emessa dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia e depositata il 29.04.2011;
riferisce che il contenzioso traeva origine dagli avvisi di accertamento con i quali l’Amministrazione finanziaria, contestando alla società maggiori ricavi per l’anno 2003 per complessivi € 70.093,00, ne rideterminava l’Irpeg, l’Irap nonché l’iva. L’accertamento era fondato sulla rettifica del valore di vendita di tre unità immobiliari rispetto al dichiarato, applicando i valori OMI; per uno degli immobili risultava anche un mutuo di importo superiore al prezzo d’acquisto;
nel contenzioso che ne era seguito la CTP di Milano aveva rigettato i due distinti ricorsi della contribuente; la CTR aveva riunito i ricorsi e, con la pronuncia ora impugnata, aveva confermato l’esito del giudizio di primo grado, sostenendo che lo scostamento del dichiarato dai valori OMI costituisse una sufficiente prova presuntiva dei maggiori corrispettivi di vendita , mentre era mancata da parte della contribuente l’allegazione di prove sulla incongruenza dei valori applicati; la I.V. censura la sentenza:
con il primo motivo per violazione e falsa applicazione dell’art. 24, co. 5, lett. d), I. n. 88/2009, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3) c.p.c., per aver erroneamente fondato le argomentazioni relative alla sussistenza della presunzione a favore dell’accertamento fiscale su una norma che invece non ha alcun diverso significato se non quello di prevedere il ricorso a presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti;
con il secondo motivo per violazione e falsa applicazione dell’art. 1, co. 265, I. n. 244/2007, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3) c.p.c., per aver tratto conseguenze erronee dalla predetta disciplina, sempre in ordine alla applicazione delle presunzioni semplici;
con il terzo motivo per insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5) c.p.c., perché il giudice d’appello, nonostante le considerazioni e le difese della contribuente, ha erroneamente affermato che nulla fosse stato addotto sulla contestata incongruenza dei valori OMI utilizzati dalla Amministrazione; in conclusione ha chiesto la cassazione della sentenza.
Si è costituita l’Agenzia, che ha insistito sulla correttezza dell’accertamento ed ha contestato gli avversi motivi di ricorso, di cui ne ha chiesto il rigetto;
con memoria tempestivamente depositata ai sensi dell’art. 380 bis1 c.p.c. il P.G. ha chiesto l’accoglimento del ricorso, ritenendo erroneamente applicati i principi sulla prova presuntiva previsti dall’art. 39, co. 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/1973, nonché carente la motivazione della sentenza a fronte delle ragioni addotte dalla contribuente a giustificazione dei valori di vendita dichiarati; memoria è stata tempestivamente depositata anche dalla ricorrente.
Considerato che
il primo ed il secondo motivo possono trovare trattazione unitaria riguardando la medesima questione, cioè il buongoverno dei principi che presidiano la valutazione delle presunzioni semplici ai fini dell’accertamento del maggior valore degli immobili compravenduti, quando rilevato uno scarto tra il dichiarato ed i valori emergenti dai riferimenti OMI;
sulla questione, in tema di accertamento dei redditi di impresa, si è osservato che l’art. 24, co. 5, l. n. 88 del 2009 (legge comunitaria 2008), ha modificato l’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, così eliminando la precedente modifica, a sua volta introdotta dall’art. 35 del d.l. n. 223 del 2006, convertito in l. n. 248 del 2006, con la quale era stato attribuito dignità di presunzione legale relativa ai valori normali del mercato immobiliare risultanti dalle rilevazioni OMI; ciò a seguito del parere motivato del 19 marzo 2009 della Commissione europea, la quale, nell’ambito del procedimento di infrazione n. 2007/4575, aveva rilevato l’incompatibilità -in relazione, specificamente, all’IVA, ma con valutazione ritenuta estensibile dal legislatore nazionale anche alle imposte dirette – delle disposizioni del 2006 con il diritto comunitario; l’intervento modificativo del 2009 ha così ripristinato il quadro normativo anteriore al luglio 2006, sopprimendo la presunzione legale relativa di corrispondenza del corrispettivo effettivo al valore normale del bene, con conseguente rimessione alla valutazione del giudice, che, oltre che sulla base di prove più dirette, può comunque desumere l’esistenza di attività non dichiarate anche sulla base di presunzioni (non più legali ma) semplici, purché gravi, precise e concordanti; peraltro ciò è stato inteso con effetto retroattivo, stante la finalità di adeguamento al diritto comunitario che ha spinto il legislatore nazionale del 2009 ad intervenire (cfr. Cass., Sez. 5, sent. n. 9474/2017; sent. n. 26487/2016).
Rinviando allora ai principi che regolano la valutazione delle presunzioni semplici, non è escluso che l’accertamento trovi fondamento su unico elemento presuntivo. Nella prova civile infatti, ed anche ai fini degli accertamenti tributari, non è necessario che gli elementi assunti a fonte di presunzione siano plurimi, benché gli artt. 2729, co. 1, c.c.38, co. 3 e 39, co. 4 del d.P.R. n. 600 del 1973, 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 si esprimano al plurale, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave, la valutazione della cui rilevanza peraltro, nell’ambito del processo logico applicato in concreto, non è sindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione adeguata e logicamente non contraddittoria (cfr. Cass., sent. n. 656/2014; sent. 17574/2009); in particolare, e proprio in materia di rettifica dei corrispettivi dichiarati nel settore immobiliare, si è sostenuto che lo scostamento tra l’importo dei mutui e i minori prezzi indicati dal venditore è sufficiente a fondare l’accertamento, non comportando ciò alcuna violazione delle norme in materia di onere probatorio (Cass., Sez. 5, ord. 14388/2017); tali condivisibili conclusioni vanno però ricondotte alle concrete fattispecie, al fine di valutare se anche l’unico elemento presuntivo soddisfi con sufficienza il supporto probatorio alla rettifica del corrispettivo; infatti se l’ipotesi dello scostamento tra prezzo di vendita dichiarato e importo del mutuo contratto (questo secondo elemento di riscontro superiore al primo) costituisce prova idonea ad evidenziare elementi contraddittori di un’unica specifica operazione, così imponendo al contribuente l’allegazione della prova contraria (ad es. che il mutuo di maggior importo rispetto al prezzo d’acquisto dell’immobile è giustificato dal finanziamento anche della sua ristrutturazione), non altrettanto può dirsi dello scostamento dai valori OMI, quando unico elemento disponibile; si tratta con evidenza di valori normali di mercato desunti da uno studio statistico su una pluralità di atti negoziali registrati, di cui tuttavia, proprio perché finalizzato ad estrarre un dato numerico di valore medio mediante la rilevazione di prezzi riferibili ad immobili il più possibile omogenei, non può di per sé garantire la perfetta sovrapponibilità con la specifica compravendita; nel caso concreto infatti possono intervenire condizioni specifiche dell’immobile, per stato di conservazione, per contesto edilizio in cui l’unità si colloca, per localizzazione non esattamente omogenea, per altre variabili, che escludono la presenza di riscontri similari alle altre compravendite prese in esame. Questi limiti rendono comprensibile perché la giurisprudenza di legittimità affermi che è legittima, nel settore immobiliare, la rettifica dei corrispettivi dichiarati solo qualora i valori OMI si combinino con altri elementi indiziari gravi, precisi e concordanti (Cass., sent. n. 9474 cit; cfr. anche Cass., Sez. 5, sent. n. 24054/2014 in tema di valori UTE).
Ebbene, occorre allora verificare se nel caso che ci occupa il giudice regionale tributario si sia attenuto ai principi ora enunciati; nella sintetica motivazione questi afferma che <<la legge comunitaria n. 88 del 07 luglio 2009 non invalida l’accertamento dell’Ufficio; infatti, come chiarito dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 18/E del 14/04/2010, per il periodo pregresso all’entrata in vigore delle modifiche la presunzione in commento degrada a presunzione semplice; secondo l’orientamento della Corte di Cassazione….il convincimento del giudice può formarsi anche sulla sola presunzione semplice e “le affermazioni contenute nell’accertamento dell’ufficio costituiscono prova dei fatti affermati, spettando al contribuente fornire la prova contraria…. L’appellante non ha dimostrato la contestata incongruenza dei valori OMI rispetto agli usuali valori di mercato>>. La motivazione è palesemente erronea rispetto ai dati normativi cui ricorre. Se infatti la pronuncia impugnata è corretta nel registrare che la novella del 2009 ha ripristinato una presunzione semplice e non più legale della corrispondenza tra corrispettivo effettivo e valore normale del bene, e se è altrettanto astrattamente corretta quando afferma che il convincimento del giudice può formarsi anche su una sola presunzione semplice, non altrettanto corrette sono le ulteriori conseguenze che ne trae; sostenere infatti che sia sufficiente una sola presunzione, quale prima premessa, non comporta che qualunque presunzione, singolarmente assunta, sia sufficiente, necessitando comunque che quella presunzione soddisfi le qualità della gravità, precisione e concordanza. Tali requisiti non si ritrovano nelle valutazioni OMI, per i limiti precedentemente illustrati e rilevati dalla giurisprudenza di legittimità, sicché la valorizzazione delle quotazioni OMI necessita del concorso di altri elementi presuntivi. La motivazione della sentenza è del tutto carente sul punto;
è fondato peraltro anche il terzo motivo, con cui si lamenta l’omessa e insufficiente motivazione, poiché, nonostante le argomentazioni addotte dalla difesa della contribuente a giustificazione dei corrispettivi più bassi dei valori OMI, nulla la pronuncia del giudice d’appello dice sul punto, limitandosi ad affermare genericamente che l’appellante non ha dimostrato la contestata incongruenza dei valori OMI rispetto agli usuali valori di mercato.
in conclusione i tre motivi del ricorso sono fondati, dovendo affermarsi il seguente principio di diritto <<In tema di accertamento del maggior corrispettivo nella vendita di un immobile, la reintroduzione della presunzione semplice, ai sensi dell’art. 24, co. 5, l. n. 88 del 2009 (legge comunitaria 2008), che ha modificato l’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, sopprimendo la presunzione legale (relativa) di corrispondenza del corrispettivo della compravendita al valore normale del bene, introdotta dall’art. 35 del d.l. n. 223 del 2006, convertito in l. n. 248 del 2006, non impedisce al giudice di fondare il proprio convincimento su di un unico elemento, purché dotato dei requisiti di precisione e gravità, tuttavia non riconoscibili nel solo valore OMI, che va pertanto combinato con ulteriori indizi>>.
Considerato che
Il ricorso va accolto e la sentenza per l’effetto va cassata, con rinvio alla CTR della Lombardia, in altra composizione, perché la controversia sia esaminata alla luce del principio affermato;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in altra composizione, che deciderà tenendo conto del principio di cui in motivazione, nonché sulle spese.
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