CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 novembre 2021, n. 35223
Tributi – IRPEF – Accertamento sintetico del reddito – Redditometro
Rilevato che
1. La Commissione tributaria provinciale di Sondrio, accoglieva i ricorsi riuniti con cui D.A. aveva impugnato gli avvisi d’accertamento relativi agli anni d’imposta 2007 e 2008; avvisi con cui l’Agenzia delle Entrate, ai sensi del 4 comma dell’art 38 del D.P.R. 600/73, aveva accertato per l’anno d’imposta 2007, un reddito imponibile di €126.823,00 a fronte di quello dichiarato di € 35.383,00 e, per l’anno d’imposta 2008, un reddito imponibile di € 151.526,00 a fronte del reddito dichiarato di € 42.127,00.
La Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva parzialmente l’appello dell’ufficio e con sentenza n. 6383/2/14 depositata il 4.12.2014, rideterminava il reddito della contribuente in 69.277,97 euro per l’anno 2007 e in 78.989,75 euro per l’anno 2008.
Avverso tale sentenza, la contribuente ha quindi proposto ricorso dinanzi a questa Corte, affidato a tre motivi, cui l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Il ricorso è stato fissato nell’adunanza camerale del 14 settembre 2021, ai sensi degli artt. 375, ult. comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso la contribuente deduce, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 58, comma 2, d.lgs. 546/1992 in relazione all’art. 42, d.P.R. 600/1973 per avere la sentenza impugnata ammesso la produzione della delega dell’Ufficio a proporre appello solo in sede di pubblica udienza in violazione dei termini perentori previsti dall’art. 32 e 58, comma 2, d.lgs. 546/1992 e quindi senza il rispetto dei termini perentori previsti dalla disciplina del processo tributario. Lamenta in particolare la contribuente che l’appello dell’Ufficio non era stato sottoscritto dal Direttore dell’Ufficio ma da un funzionario asseritamente delegato con una formula di mero stile e senza allegazione della delega.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha ripetutamente precisato, con orientamento cui si intende dare continuità, che «in tema di contenzioso tributario, gli artt. 10 e 11, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 riconoscono la qualità di parte processuale e conferiscono la capacità di stare in giudizio all’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate nei cui confronti è proposto il ricorso, organicamente rappresentato dal direttore o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi con ciò stesso delegata in via generale, sicché è validamente apposta la sottoscrizione dell’appello dell’ufficio finanziario da parte del preposto al reparto competente, anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza» (cfr. Sez. 5, 21/03/2014, n. 6691; nonché, Sez. 5-6, 26/07/2016, n. 15470). È stato poi precisato che «nei gradi di merito del processo tributario gli uffici periferici dell’Agenzia delle entrate, secondo quanto previsto dalle norme del regolamento di amministrazione n. 4 del 2000, adottato ai sensi dell’art. 66 del d.lgs. n. 300 del 1999, sono legittimati direttamente alla partecipazione al giudizio e possono essere rappresentati sia dal direttore, sia da altro soggetto delegato, anche ove non sia esibita in favore di quest’ultimo una specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio dovendosi altrimenti presumere che l’atto provenga dallo stesso e ne esprima la volontà» (Cass. Sez. 5, 30/10/2018, n. 27570).
Recentemente, poi, questa Corte (cfr. Sez. 5, 31/01/2019, n. 2901, Rv. 652337-01) ha chiarito che a differenza di quanto accadeva nell’assetto organizzativo preesistente all’attivazione delle Agenzie fiscali – ove, ai fini dell’ammissibilità dell’appello principale avverso le sentenze dì primo grado sfavorevoli all’Amministrazione finanziaria, occorreva il preventivo avallo, di cui all’art. 52, comma 2, d.lgs. 31/12/1992, n. 546 – nell’assetto successivo all’istituzione di tali Agenzie (a far data dal primo gennaio 2001), alle quali è stata trasferita la generalità delle funzioni precedentemente esercitate dai dipartimenti e dagli uffici del Ministero del finanze, anche le sezioni distaccate delle direzioni regionali delle entrate sono legittimate processualmente senza bisogno di preventiva autorizzazione alla proposizione dell’appello principale, in quanto espressione del medesimo livello di organizzazione periferica delle direzioni regionali e godono del medesimo “status”, anche processuale, di queste ultime. Ciò posto, è evidente che – al fine di contestare l’inesistenza di un atto amministrativo – non è sufficiente, per il contribuente, eccepire il difetto o l’illegittima sottoscrizione dell’atto, ma deve essere semmai contestata l’assoluta riferibilità dell’atto stesso alla Pubblica Amministrazione emittente. Va peraltro osservato che il Capo Ufficio legale non sottoscrive l’atto in virtù dell’incarico ricevuto, ma per effetto della delega di firma del direttore, delega che comporta semplicemente l’autorizzazione, concessa da una persona fisica a un’altra, di apporre la propria firma in calce ad un provvedimento che, comunque, rimane proprio del delegante. (cfr. Cass. sez. 5, 29/09/2020, n. 20603).
Quanto, invece, alla necessità che la delega sia portata a conoscenza del destinatario, va ricordato che secondo questa Corte la delega produce effetti nel momento in cui viene comunicata alla persona cui si attribuisce il potere e non ai terzi verso i quali si intende esercitarlo; va infine precisato che solo in caso di contestazione e, quindi, solo in giudizio, l’ufficio deve produrre la delega, perché incombe all’Amministrazione dimostrare l’esercizio del potere sostitutivo o la presenza della delega.
2. Con il secondo motivo la contribuente deduce ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame da parte della C.T.R. del riconoscimento del reddito del coniuge per la verifica dello scostamento valido ai fini dell’accertamento del reddito mediante il cd. “redditometro”; fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti atteso che i redditi del coniuge avrebbero concorso alle spese del mantenimento della famiglia e dei beni riconducibili al nucleo familiare stesso. Il motivo è privo di qualsiasi pregio.
Il controllo previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione ed abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Al contrario, l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti. Nella specie che il reddito del coniuge sia stato preso in considerazione dai giudici di appello emerge con estrema chiarezze all’articolata motivazione della sentenza oggetto di gravame. Difatti la C.T.R., esaminati gli atti di causa e valutati i documenti prodotti, ha ritenuto di condividere – seppur con una diversa ripartizione delle spese relative ad alcuni elementi di capacità contributiva – il percorso logico seguito dall’ufficio, ponendosi in aperto contrasto con la sentenza di primo grado e facendo buongoverno dei principi giurisprudenziali affermati da questa Corte ha evidenziato l’inidoneità degli elementi probatori della contribuente a vincere la presunzione legale di capacità contributiva, derivante dalla disponibilità di taluni beni, provando che il reddito presunto sia esente, soggetto a ritenuta d’imposta o alimentato da indebitamento o da erogazione di patrimonio, rilevando che le dichiarazioni rilasciate dal coniuge non potessero provare da sole la tesi della contribuente, in quanto non supportate da elementi documentali attinenti alla prova dei pagamenti effettuati.
Nel caso in esame il giudice di appello ha correttamente impostato il proprio giudizio di merito sulla base dei principi di diritto evocati dall’Agenzia, con specifico riguardo agli oneri probatori rispettivamente gravanti sulle parti, giungendo a conclusioni sfavorevoli alla contribuente sulla base di analitiche considerazioni di merito che certamente non possono essere sindacate in questa sede.
La C.T.R. infatti ha – con puntualità e congrua considerazione – analizzato in fatto gli argomenti su cui si fondava l’atto impositivo, avuto riguardo, in particolare, all’incidenza del reddito del nucleo familiare sull’accertamento eseguito nei suoi confronti, disattendendo la pretesa dell’odierna ricorrente di giustificare incrementi e mantenimenti avvalendosi del capitale a lei pervenuto e delle disponibilità finanziarie familiari, in quanto non sufficientemente documentate, secondo l’apprezzamento di merito non sindacabile dinanzi a questa Corte. (Cass. Sez. 5, 24/11/2016, n. 24012).
3. Con il terzo motivo la contribuente deduce ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti relativo all’importo pagato a titolo di interessi di preammortamento sull’abitazione secondaria all’estero.
Sul punto valgono le medesime considerazioni svolte in ordine al precedente motivo.
Invero la C.T.R. ha proceduto ad effettuare analiticamente i conteggi relativi all’accertamento da redditometro e all’ammontare degli interessi pagati sul mutuo contratto per l’acquisto della casa a Celerina; in particolare, il Collegio ha osservato che non essendo stato contestato dalla contribuente che i mutui a fronte dei quali sono stati pagati gli interessi dovuti siano stati stipulati per acquistare la residenza secondaria in Svizzera, resta confermato che i pagamenti sono stati effettuati a fronte di rate di rimborso dei mutui nei periodi di preammortamento.
4. Sulla base delle argomentazioni esposte, pertanto, si ritiene che i Giudici di secondo grado abbiano correttamente applicato le disposizioni normative ed i principi giurisprudenziali in tema di accertamento sintetico.
Il ricorso va quindi rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso della contribuente che condanna al rimborso delle spese sostenute dall’Agenzia delle Entrate liquidate in 5.000,00 euro, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 2073 depositata il 19 gennaio 2024 - Il vizio di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. è denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 2773 depositata il 30 gennaio 2023 - La fattispecie di cui art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, impone a chi la denunci di indicare, nel rigoroso…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 ottobre 2022, n. 30948 - Il ricorrente, che denunci il vizio dell'omesso fatto decisivo, deve indicare il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 11 luglio 2022, n. 21871 - Nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il "fatto storico", il cui esame sia stato…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 9131 depositata il 5 aprile 2024 - Il vizio ex art. 360 n. 5 richiede che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 20061 del 21 giugno 2022 - La violazione dell'esame di un fatto storico, peraltro preclusa nei casi in cui trova applicazione dell’art. 348-ter cod. proc. civ., si rileva come non sia stato dedotto alcun fatto storico…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’art. 7 L. n. 604/1966 consente al datore d
L’art. 7 L. n. 604/1966 consente al datore di lavoro di comunicare il licenziame…
- Le circolari INPS sono atti interni e non possono
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 10728 depositata il 2…
- La nota di variazione IVA va emessa entro un anno
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 8984 deposi…
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…