CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 ottobre 2018, n. 26243
CIGS – Accertamento della illegittimità della sospensione – Insufficiente specificità dei criteri indicati nel verbale di accordo con le parti sindacali
Rilevato
1. che con sentenza n. 16/2014 la Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stata accolta la domanda di F.M. intesa, previo accertamento della illegittimità della sospensione connessa a due procedure di CIGS avviate dalla F. s.r.I., alla condanna della società datrice al pagamento delle differenze tra la retribuzione diretta, indiretta e differita, e quanto percepito a titolo di trattamento di integrazione salariale, differenze quantificate in € 43.320,00;
1.1. che la statuizione di conferma è stata adottata sul rilievo della illegittimità delle procedure per insufficiente specificità dei criteri indicati nel verbale di accordo con le parti sindacali del 14.12.2006, costituente sostanzialmente comunicazione di apertura della CIGS
Tali criteri facevano riferimento alla “professionalità”, “fungibilità” “poliprofessionalità” senza indicare i parametri concreti ai quali ancorare la relativa verifica; inoltre, non risultava neppure rigorosamente predifinito l’ambito di applicazione della CIGS, in relazione alle professionalità coinvolte (” … principalmente riferita all’attività produttiva auto”) e al numero dei lavoratori interessati (“tale intervento riguarderà mediamente 105 lavoratori”); alcuna ulteriore specificazione era dato rinvenire negli atti successivi della procedura e cioè nel verbale di esame congiunto nella medesima data, né in quello del 20.12.2007 relativo alla seconda procedura CIGS né nel verbale di accordo del 17.12.2008 ed in quello di esame congiunto del 22.5.2009 relativi alla proroga;
1.2. che analogo difetto di specificità è stato ritenuto con riguardo ai criteri per la rotazione posto che nel verbale di accordo e nel verbale di esame congiunto del 14 .12.2006 si leggeva che per il primo quadrimestre essa avrebbe riguardato i lavoratori principalmente nell’ambito dei reparti auto 510,515, 526, senza alcuna precisazione, in via preventiva, di quali altri lavoratori avrebbero potuto essere interessati in via residuale; si leggeva, inoltre, che una limitata e parziale rotazione avrebbe interessato lavoratori monoreddito con carichi di famiglia compatibilmente con le possibilità offerte dalle attività lavorative residue, senza indicare né le ragioni di tale decisione, né i parametri di riferimento per individuare i possibili destinatari sia in termini numerici sia in termini di fungibilità rispetto alle attività lavorative residue ;
1.3. che in ordine al quantum, disatteso l’assunto della società secondo la quale il lavoratore avrebbe potuto pretendere solo quella quota di salario che avrebbe maturato se la rotazione fosse stata effettiva in quanto tale assunto aveva come presupposto la legittimità della procedura instaurata, è stato ritenuto che il numero di ore di sospensione indicato dal lavoratore trovava riscontro nei fogli di presenza da questo prodotti, costituenti documentazione completa di sicura provenienza della società, mentre quest’ultima, pur indicando un minor numero di ore di sospensione aveva offerto a riscontro solo una documentazione riassuntiva ed incompleta ;
2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la F. s.r.l. sulla base di cinque motivi; la parte intimata non ha svolto attività difensiva; parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1.cod. proc. civ.;
Considerato
1. che con il primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 7 e/o comma 8, Legge 23/7/1991 n. 223 e dell’ art. 5, Legge 20/5/1075 n. 164, anche in combinato disposto con l’art. 4, comma 5, e con l’art. 24 Legge n. 223/1991 cit. per avere ritenuto insufficiente il contenuto della comunicazioni ex art. 1, comma 7, Legge n. 223/1991 cit. , anche alla luce degli artt. 1175 e 1375 cod. civ.;
1.1. che si censura, in sintesi, la sentenza impugnata per avere ritenuto, focalizzando la propria attenzione sul contenuto letterale della comunicazione di apertura della CIGS, la insufficienza del contenuto delle comunicazioni ex art. 1, comma 7, Legge n. 223/1991 e, quindi intravisto nelle stesse rischi di scelte discrezionali da parte del datore di lavoro nell’individuazione dell’ambito di applicazione della CIGS, senza considerare la complessa vicenda nella quale era inserita la CIGS la quale aveva trovato la sua causa efficiente nel più ampio procedimento di messa in mobilità attivato dalla società; in questa prospettiva si sostiene che dai fatti dedotti e dai documenti prodotti i criteri indicati nei verbali di accordo erano idonei a identificare il personale interessato dalla CIGS negli addetti al reparto Automotive , già coinvolti nella procedura di licenziamento collettivo;
2. che con il secondo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 7 e/o comma 8, Legge 23/7/1991 n. 223 e dell’ art. 5, Legge 20/5/1075 n. 164, nonché conseguente omesso esame di un fatto decisivo , oggetto di discussione tra le parti;
2.1. che alla luce della propugnata lettura della disciplina di riferimento doveva ritenersi rispettato sia il cd. limite interno del potere datoriale di sospensione, misurata sulla coerenza, nella specie riscontrabile alla luce del complessivo contesto della vicenda di cui è causa, tra le scelte effettuate dalla F. e le finalità specifiche alle quali risultava preordinata la CIGS e altresì il cd. limite esterno, i cui oneri allegatori e probatori gravavano sul lavoratore, in coerenza con la giurisprudenza di legittimità (Cass. 04/10/2011 n. 20267; Cass. 05/08/2005 n. 16537);
2.2. che tali oneri non erano stati assolti dal lavoratore atteso che nessuno dei lavoratori indicati da controparte ” a paragone” in realtà era allo stesso paragonabile, come allegato dalla società e risultante dalla espletata istruttoria;
3. che con il terzo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione di nome di diritto con riferimento all’art. 1 comma 7 e/o comma 8, Legge n. 223/1991 cit., all’art. 5 legge n. 164/1975 cit. e all’art. 1362 cod. civ.. Si censura la sentenza impugnata per non avere ritenuto che l’intervenuto accordo tra la società e il sindacato fosse idoneo a superare eventuali anomalie formali attinenti alle modalità di consultazione di cui all’art. 7, Legge n. 223 /1991 cit. e all’art. 5, Legge n. 164/1975 essendo comunque stata raggiunta la finalità dalle stesse perseguita. Si richiama la giurisprudenza di legittimità secondo la quale gli accordi sindacali possono porre rimedio alla mancata ottemperanza agli oneri di comunicazione previsti all’inizio della procedura di messa in CIGS;
4. che con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 7 e/o 8, Legge n.223/1991 e dell’art. 5 Legge n. 164 del 1975 per avere ritenuto “carente” del requisito della specificità il contenuto delle comunicazioni di apertura della procedura di CIGS con riguardo alle modalità di applicazione del meccanismo della rotazione nonchè conseguente omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti;
4.1. che in particolare si, evidenzia che dai verbali di accordo sindacale emergeva che il meccanismo della rotazione ed i relativi criteri applicativi erano stati frutto di negoziazione tra le rappresentanze sindacali e che in particolare idoneo parametro era costituito dal riferimento ai lavoratori monoreddito ecc. Si sostiene che l’integrale rispetto dell’art. 1, comma 7, Legge 223 /1991 avrebbe reso necessario che la Corte territoriale, di fronte al dubbio di rischi di discrezionalità, non arrestasse la propria indagine a tale generico ipotizzato timore ma estendesse il proprio sindacato al vaglio in concreto della idoneità dei criteri concordati a produrre scelte discrezionali. Si assume il vizio di omesso esame di fatti decisivi atteso che la Corte di appello aveva ritenuto di soprassedere alla verifica in concreto della correttezza dell’applicazione dei criteri della rotazione individuati negli accordi sindacali;
5. che con il quinto motivo si deduce violazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 416 e 167 cod. proc. civ. in combinato disposto con l’art. 115 cod. proc. civ. e con l’art. 2697 cod. civ. per avere la sentenza impugnata ritenuto non adeguatamente sostenuta la eccezione relativa al quantum debeatur;
5.1. che in particolare si assume che il giudice di appello aveva trascurato la contestazione effettuata dalla F. s.r.l. circa il numero di ore di sospensione indicato dal ricorrente e erroneamente valutata la documentazione indicata a riscontro;
6. che i primi quattro motivi di ricorso, esaminati congiuntamente per connessione, sono infondati;
6.1. che secondo la giurisprudenza di questa Corte, consolidatasi a partire da Cass. Sez. Un. 11/5/2000 n. 302, in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale implicante una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi, in base al combinato disposto della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7, e della L. 20 maggio 1975, n. 164, art. 5, commi 4 e 5. (per tutte: Cass. 23/4/ 2004, n. 7720; Cass. 4/5/ 2009, n. 10236; Cass. 1/7/ 2009, n. 15393; Cass. 2/9/2011, n. 19235).
6.2. che, sul presupposto che la comunicazione ex art. 1 comma 7, Legge n. 223 /1991 cit. è stata prevista per assolvere ad una duplice funzione, essendo diretta, per un verso, a porre le organizzazioni sindacali in grado di concordare la scelta dei lavoratori da sospendere e per un altro verso, ad assicurare la tutela degli interessi dei lavoratori in relazione alla crisi dell’impresa ( così Cass. Sez. Un. n. 302/2000 cit. in motivazione) è stato puntualizzato che in tema di procedimento per la concessione della CIGS la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale assolutamente generica in ordine ai criteri in base ai quali pervenire all’individuazione dei dipendenti interessati dalla sospensione, tale da rendere impossibile qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, viola l’obbligo di comunicazione previsto dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7, (Cass. n. 13240 e n. 15393 del 2009; conf. Cass. n. 19618 del 2011, n.7459 del 2012);
6.3. che tale ultima violazione non può ritenersi sanata dall’effettività del confronto con le organizzazioni sindacali, trovandosi queste ultime a dover interloquire sul tema senza essere a conoscenza del contenuto specifico dei dati da trattare (Cass. n. 13240 e n. 15393 del 2009). Rispetto alla suindicata giurisprudenza non si pongono in contraddizione – come chiarito da Cass. 28 novembre 2008, n. 28464 cit. – le sentenze nelle quali è stato precisato che gli accordi sindacali possono porre rimedio alla mancata ottemperanza degli oneri di comunicazioni previsti all’inizio della procedura di messa in cassa integrazione. In tali sentenze, infatti, l’indicata affermazione è sempre stata effettuata sull’esplicito presupposto secondo cui – diversamente da quanto si è verificato nella fattispecie in esame – detti accordi, per il loro contenuto, facciano ritenere raggiunti i fini sottesi alle iniziali comunicazioni sia per quanto attiene la specificazione dei criteri di scelta da adottare sia per le modalità della loro concreta applicazione (vedi, in tal senso: Cass. 2/8/ 2004 n. 14721; Cass. 5/5 2004 n. 8353; Cass. 21/8/ 2003, n. 12307; Cass. 29/5/ 2006, n. 12719; Cass. 28/10 2008, n. 25892; Cass. 21/12/ n. 25851);
6.4. che tale ultima ipotesi non ricorre nel caso di specie avendo il giudice di merito espressamente accertato la genericità dei criteri di scelta dei lavoratori da sospendere con riferimento al contenuto dei verbali di esame congiunto riferiti sia alla prima che alla seconda procedura di CIGS e del verbale di accordo e di esame congiunti relativi alla proroga di quest’ultima (v. sentenza, pagg. 8 e sgg.);
6.5. che, la verifica della adeguatezza della comunicazione ex art. 1 comma 7 Legge n. 223 /1991, sotto il profilo della specificità dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e delle modalità della rotazione, costituisce valutazione di merito non censurabile in sede di legittimità, ove sia assistita, come nel caso di specie, da motivazione sufficiente e priva di vizi logici ( ex plurimis Cass. 9/6/2015 n. 11957, in motivazione ; Cass. 10/5/2010 n. 11254, in motivazione). Il giudice di appello con motivazione senz’altro congrua ha ritenuto la genericità ed inadeguatezza del alla “professionalità”, “fungibilità” “poliprofessionalità” in assenza di parametri concreti ai quali ancorare la relativa verifica. Tale valutazione di genericità non è inficiata dalle deduzioni della odierna ricorrente secondo la quale, la quale il grado di precisione dei criteri di individuazione dei lavoratori da collocare in CIGS, così come di quelli relativi alle modalità della rotazione, doveva essere verificato non, come avvenuto, in astratto, bensì in concreto, sulla base di elementi oggettivi e verificabili, e, nello specifico sulla base esiti della espletata istruttoria. La tesi è priva di fondamento normativo ponendosi in insanabile contrasto con la garanzia, di natura essenzialmente procedimentale, riconosciuta alla disciplina dettata dalla Legge n. 223/1991 cit. in tema di CIGS, garanzia destinata ad operare su un duplice piano di tutela – delle prerogative sindacali e delle garanzie individuali – assolvendo alla funzione di porre le associazioni sindacali in condizioni di contrattare i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e di assicurare al lavoratore, potenzialmente interessato alla sospensione, la previa individuazione dei criteri di scelta e la verificabilità dell’esercizio del potere privato del datore di lavoro (Cass. 26/09/2011 n. 19618; Cass. 03/07/2009, n. 15694);
6.6. che in coerenza con la disciplina e le finalità della Legge n. 223/1991 la verifica del rispetto degli obblighi procedurali non può che collocarsi logicamente e cronologicamente in un momento antecedente a quello della concreta selezione dei lavoratori da sospendere e della applicazione della rotazione e quanto ora osservato assorbe ogni rilievo formulato dalla società in punto di necessità di verifica “in concreto”, necessariamente successiva, del grado di precisione dei criteri di individuazione dei lavoratori da collocare in CIGS, così come di quelli relativi alle modalità della rotazione;
6.7. che il particolare contesto nel quale si sono svolte le procedure in controversia ed in particolare l’avvenuto avvio ad istanza delle organizzazioni sindacali al fine di superare le inevitabili ricadute occupazionali negative connesse alla chiusura del reparto Automotive e servizi connessi ed in tal modo ottenere il “congelamento” della procedura di mobilità, non configura alcuna ipotesi, normativamente ammessa, di deroga alla prescrizioni procedurali in tema di CIGS; tantomeno è consentito di valorizzare il consenso raggiunto tra le parti e la sottoscrizione dei Verbali da parte delle organizzazioni sindacali, per superare le carenze riscontate nella comunicazione valendo i principi già espressi in relazione all’esclusione della efficacia sanante degli accordi successivi in presenza di comunicazione assolutamente generica;
6.8. che alla luce delle considerazioni che precedono, devono essere respinte le censure dell’odierna ricorrente incentrate sul mancato assolvimento da parte del lavoratore degli oneri di allegazione e prova relativi alla violazione dei criteri di correttezza e buona fede ed al carattere discriminatorio della condotta datoriale nella selezione dei lavoratori da sospendere e nell’applicazione della rotazione;
6.9. che, infatti, siffatti oneri insorgono solo nella ipotesi – non ricorrente nella fattispecie in esame – in cui si controverta della conformità della condotta datoriale, nella selezione dei lavoratori da sospendere e nell’applicazione delle modalità di rotazione, ai criteri – comunque legittimi perché rispondenti ai prescritti requisiti di specificità – concordati con le organizzazioni sindacali (Cass. 04/10/2011 n. 20267; Cass. 10/04/1999 n. 3558);
7. che il quinto motivo è inammissibile, per l’assorbente rilievo che, in violazione del disposto dell’art. 366 comma 1 , n. 6 cod. proc. civ., del documento costituito dal “Prospetto ore Cassa Integrazione e rotazione del Reparto produttivo Automotive A 526” della cui valutazione parte ricorrente si duole , non viene riprodotto o riassunto il relativo contenuto, come, invece, prescritto (v. tra le altre, Cass. 12/12/2014 n. 26174, Cass. 7/2/2011 n. 2966);
7.1. che non avendo la parte intimata svolto attività difensiva non si provvede al regolamento sulle spese di lite;
8. che la circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
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