CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 ottobre 2022, n. 30542
Avvisi di addebito – Cartelle esattoriali – Opposizione – Regolarità delle notifiche – Idoneità probatoria dei documenti prodotti in copia – Istanza di rateazione – Riconoscimento del debito – Efficacia interruttiva della prescrizione
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 20.11.2020, la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia di primo grado e in parziale accoglimento dell’appello dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, ha rigettato l’opposizione proposta da E. s.n.c. avverso due degli avvisi di addebito per i quali il primo giudice aveva accolto l’eccezione di prescrizione, rigettando nel resto l’appello dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione e rigettando integralmente l’appello di E. s.n.c., con consequenziale assorbimento dell’appello proposto dall’INAIL;
che avverso tale pronuncia E. s.n.c. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo sette motivi di censura;
che l’INPS e l’INAIL hanno resistito con distinti controricorsi;
che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale, fondato su un motivo;
Considerato in diritto
che, con il primo e il secondo motivo del ricorso principale, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2702 c.c. e 214 ss. c.p.c. nonché dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito deciso la causa senza pronunciarsi sull’avvenuto disconoscimento della conformità all’originale e dell’autenticità delle sottoscrizioni delle relazioni di notifica prodotte in giudizio dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione e nonostante che i convenuti e odierni controricorrenti non avessero successivamente formulato alcuna istanza di verificazione;
che, con il terzo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2944 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che l’istanza di rateazione prodotta in atti costituisse riconoscimento di debito idoneo a interrompere la prescrizione;
che, con il quarto motivo, il ricorrente deduce nullità della sentenza per aver ritenuto che il riconoscimento del debito effettuato mercé l’istanza di rateazione potesse sanare l’inesistenza della notifica degli avvisi di addebito;
che, con il quinto e il sesto motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 3 -bis, l. n. 53/1994, per avere la Corte di merito ritenuto la regolarità delle notifiche effettuate in forma telematica, nonostante che provenissero da indirizzi non risultanti dai pubblici registri;
che, con il settimo motivo, il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto il difetto di legittimazione a resistere dell’INAIL, assumendo che legittimati passivi delle domande proposte in giudizio fossero l’INPS, quanto all’opposizione agli avvisi di addebito, e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, quanto all’opposizione alle cartelle esattoriali;
che, con l’unico motivo del ricorso incidentale, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione denuncia nullità della sentenza per motivazione apparente per avere la Corte di merito asserito che delle notifiche delle cartelle e degli avvisi di addebito di cui al punto 5) della pronuncia di prime cure non vi fosse prova;
che, con riguardo ai primi due motivi del ricorso principale, va premesso che i giudici territoriali, nel rigettare le doglianze formulate sul punto nel gravame dell’odierno ricorrente, hanno argomentato dal carattere “generico e massivo” del disconoscimento della documentazione relativa alla notificazione delle cartelle e degli avvisi di addebito, escludendo inoltre la sussistenza di qualsiasi obbligo di produrre gli originali delle cartelle e degli avvisi di addebito (così la sentenza impugnata, pag. 8);
che tale giudizio di genericità del disconoscimento non è stato specificamente attinto dai motivi in esame, neanche sotto il profilo della carenza di motivazione rilevante ex art. 132 n. 4 c.p.c., soffermandosi piuttosto le censure di parte ricorrente sulla necessità che, una volta intervenuto il disconoscimento, l’utilizzazione a fini probatori delle scritture disconosciute presupponga apposita istanza di verificazione della parte che intende avvalersene;
che, a fronte dell’accertata (e non impugnata) genericità del disconoscimento operato dall’odierno ricorrente, risulta affatto intangibile il giudizio reso dalla Corte territoriale in punto di conformità delle copie fotografiche ed informatiche agli originali e di autenticità delle sottoscrizioni, con conseguente piena idoneità probatoria dei documenti prodotti in copia al fine di dimostrare l’avvenuta notificazione (giurisprudenza costante fin da Cass. n. 1333 del 1972: cfr., tra le più recenti, Cass. n. 17313 del 2021);
che i primi due motivi del ricorso principale vanno pertanto rigettati;
che il terzo motivo è inammissibile, essendo consolidato il principio secondo cui l’accertamento della sussistenza del riconoscimento dell’altrui diritto, al quale l’art. 2944 c.c. ricollega l’effetto interruttivo della prescrizione, costituisce, come qualsiasi altra valutazione circa l’efficacia interruttiva di un atto, un’indagine di fatto riservata al giudice di merito (così, tra le innumerevoli, Cass. n. 5462 del 2006), che è denunciabile per cassazione solo nei ristretti limiti di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (nel rigoroso senso delineato da Cass. S.U. n. 8053 del 2014 e innumerevoli successive conformi);
che il quarto motivo è palesemente infondato, atteso che, costituendo l’avviso di addebito semplicemente l’atto con il quale l’INPS porta a conoscenza del debitore l’esistenza di una pretesa che, riguardando i contributi previdenziali, sorge direttamente dalla legge, l’eventuale difetto della sua notificazione può incidere soltanto sulla tempestività con cui tale pretesa viene portata a conoscenza del debitore, ossia ai fini della maturazione o meno del termine di prescrizione, ma non incide sull’esistenza dell’obbligazione, il cui termine prescrizionale può quindi ben essere interrotto da un atto successivo (quale, nella specie, la richiesta di rateazione, nella quale i giudici di merito hanno ravvisato, come detto, un riconoscimento del debito);
che il quinto e il sesto motivo sono inammissibili, atteso che la censura concernente la presunta irregolarità delle notifiche effettuate in forma telematica, siccome provenienti da indirizzi non risultanti dai pubblici registri, non era affatto ricompresa in quelle del ricorso introduttivo e dell’atto di appello (per come risultanti dalla trascrizione effettuata a pagg. 56-57 e 59 del ricorso per cassazione), che concernevano genericamente le regole di riparto dell’onere della prova circa la ritualità della notificazione, e – implicando un accertamento di fatto – non può essere per la prima volta proposta in questa sede di legittimità;
che il settimo motivo è, viceversa, fondato, essendosi chiarito che, in materia di riscossione dei crediti previdenziali, la disciplina dell’art. 24, d.lgs. n. 46/1999, per come modificato dall’art. 4, comma 2-quater, d.l. n. 209/2002 (conv. con l. n. 265/2002), prevede che la legittimazione a contraddire in ordine al merito della pretesa contributiva competa al solo ente impositore, restando escluso che tale legittimazione esclusiva dell’ente previdenziale possa soffrire deroghe in relazione all’ad. 39, d.lgs. n. 112/1999, e alle conseguenze che da esso ha tratto la giurisprudenza in materia tributaria circa la legittimazione passiva concorrente e disgiunta tra ente impositore ed agente per la riscossione (Cass. S.U. n. 7514 del 2022);
che l’applicazione in specie di tale principio di diritto induce peraltro a rilevare l’inammissibilità del ricorso incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione, atteso che, vedendosi in fattispecie di opposizione all’esecuzione e rilevando la correttezza o meno delle notifiche degli atti impositivi al solo fine di valutare la fondatezza o meno dell’eccezione di prescrizione dei crediti iscritti a ruolo, appare evidente come nessun interesse possa riconoscersi all’Agenzia delle Entrate-Riscossione (succeduta ex lege nel munus publicum dell’attività di riscossione alle società del gruppo Equitalia, giusta la previsione dell’art. 1, cornma 3, d.l. n. 193/2016, conv. con l. n. 225/2016: così Cass. S.U. n. 15911 del 2021) in ordine all’impugnazione della statuizione con cui i giudici di appello hanno confermato in parte qua la sentenza di prime cure, concernendo essa il merito della pretesa contributiva in ordine alla quale essa, come già il precedente agente della riscossione, difetta di legittimazione ad agire e non potendosi esperire un’impugnazione per far valere un diritto altrui (cfr. in tal senso Cass. n. 8829 del 2007);
che all’anzidetta conclusione non osta il fatto che i giudici territoriali abbiano deciso la causa nel merito, atteso che le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la decisione della causa nel merito non comporta la formazione del giudicato implicito sulla legittimazione ad agire (che di per sé è rilevabile d’ufficio, anche in questa sede di legittimità: Cass. S.U. n. 1912 del 2012) ove tale quaestio iuris, pur avendo costituito la premessa logica della statuizione di merito, non sia stata sollevata dalle parti (così Cass. S.U. n. 7925 del 2019);
che, conclusivamente, la sentenza impugnata va cassata in relazione all’accoglimento del settimo motivo del ricorso principale e la causa rinviata alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione;
che, in considerazione dell’accoglimento parziale del ricorso principale e del fatto che il ricorso incidentale è stato proposto da una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (così, tra le tante, Cass. n. 2973 del 2022), non v’ha luogo a pronuncia sul raddoppio del contributo unificato;
P.Q.M.
Accoglie il settimo motivo del ricorso principale, rigettati gli altri e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
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