Corte di Cassazione sentenza n. 32331 depositata il 2 novembre 2022
revocazione sentenza cassazione – la produzione di tale sentenza, in allegato alla memoria, è senz’altro ammissibile, considerato che il divieto di produrre nuovi documenti, stabilito dall’articolo 372 cod. proc. civ., riguarda esclusivamente i documenti prodotti nel giudizio di merito mentre non si estende a quelli riguardanti la successiva formazione del giudicato esterno formatosi in pendenza del ricorso per Cassazione
FATTI DI CAUSA
- La società S. r.l. ricorre per la revocazione della sentenza di questa Corte n. 14551/20, sezione tributaria, nel procedimento n. RG 23398/2014, pronunciata in data 29 aprile 2019 e depositata il 9 luglio 2020 con cui è stata rigettato il ricorso proposto dalla società avverso la sentenza della CTR delle Marche n. 46/14 del 18 febbraio 2014 , in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento, relativo all’anno di imposta 2006, per Ires, Irap ed Iva emesso nei confronti della società S. s.r.l.
- L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La difesa della ricorrente deduce che i giudici dell’ordinanza di cui si chiede la revocazione sarebbero incorsi in una svista percettiva delle risultanze documentali, ex art. 395, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., là dove hanno supposto l’inesistenza della sentenza della Commissione tributaria regionale delle Marche n. 215/5/14 emessa in data 9 giugno 2014, depositata il 4 luglio 2014, passata in giudicato il 28 ottobre 2014, prodotta con la memoria depositata ai sensi dell’articolo 378 cod. proc. civ., il giorno 29 maggio 2015. Deduce che, con tale memoria, aveva eccepito l’effetto preclusivo del giudicato esterno formatosi tra le stesse parti del giudizio di Cassazione, ed avente ad oggetto la medesima questione, poiché entrambe le pretese traevano origine dal medesimo rilievo, a contenuto identico, cioè quello secondo cui la società ricorrente, negli anni in questione, si sarebbe avvalsa di fatture per operazioni in parte oggettivamente inesistenti, aventi ad oggetto prestazioni di servizio pubblicitario nel settore delle gare automobilistiche, emesse dalla società P. s.r.l., amministrata dal sig. C.L., sulla base di dichiarazioni da quest’ultimo rese nell’ambito di un’indagine penale.
2. Dagli atti di causa risulta che la società ricorrente, con la memoria depositata in data 29 maggio 2015, pendente il ricorso in Cassazione, aveva eccepito il giudicato esterno formatosi a seguito di sentenza della Commissione tributaria regionale delle Marche del 4 luglio 2014, passata in giudicato il 28 ottobre 2014, intercorso tra le stesse parti, avente ad oggetto l’accertamento fiscale per l’anno
3. Sebbene la produzione di tale sentenza, in allegato alla memoria, è senz’altro ammissibile, considerato che il divieto di produrre nuovi documenti, stabilito dall’articolo 372 cod. proc. civ., riguarda esclusivamente i documenti prodotti nel giudizio di merito mentre non si estende a quelli riguardanti la successiva formazione del giudicato esterno formatosi in pendenza del ricorso per Cassazione (v. Sez. U. del 16/06/2006 n. 13916), l’omessa considerazione di tale documentazione da parte della Corte di Cassazione, non sostanzia un errore revocatorio decisivo per il
3.1 E’ principio consolidato (Sez. U, 16/11/2004, 21639; Sez. U., 17/11/2005, n. 23242) che il giudicato, sia esso interno od esterno, costituendo la “regola del caso concreto” partecipa della qualità dei comandi giuridici, di guisa che, come la sua interpretazione non si esaurisce in un giudizio di fatto, ma deve essere assimilata, per la sua intrinseca natura e per gli effetti che produce, all’interpretazione delle norme giuridiche, così l’erronea presupposizione della sua inesistenza, equivalendo ad ignoranza della “regula juris”, rileva non quale errore di fatto, ma quale errore di diritto, inidoneo, come tale, a integrare gli estremi dell’errore revocatorio contemplato dall’art. 395, n. 4), cod. proc. civ., essendo, in sostanza, assimilabile al vizio del giudizio sussuntivo, consistente nel ricondurre la fattispecie ad una norma diversa da quella che reca, invece, la sua diretta disciplina, e, quindi, ad una falsa applicazione di norma di diritto.
3.2 Nella specie, nonostante i giudici di legittimità abbiano deciso nell’errata presupposizione della insussistenza del giudicato esterno, ciò non costituisce errore di fatto, rilevante ai fini della revocazione, ma errore di diritto, essendo il giudicato, destinato a fissare la regola del caso concreto in quanto la sua interpretazione va assimilata, per natura ed effetti, a quella delle norme giuridiche.
3.3 Vieppiù, l’errore denunciato manca dei caratteri della decisività anche in quanto la esatta percezione della sua sussistenza non avrebbe potuto mutare gli esiti (rigetto) del E’ prinicipio consolidato (v. Sez. U., 23/01/2009, n. 1666) che una sentenza può essere oggetto di revocazione solo quando sia effetto del preteso errore di fatto e cioè unicamente nell’ipotesi in cui il fatto che si assume erroneo costituisca il fondamento della decisione revocanda o rappresenti l’imprescindibile, oltre che esclusiva, premessa logica di tale decisione, sicché tra il fatto erroneamente percepito, o non percepito, e la statuizione adottata intercorra un nesso di necessità logica e giuridica tale da determinare, in ipotesi di percezione corretta, una decisione diversa.
3.4 In proposito mette in conto di evidenziare, che l’efficacia esterna del giudicato richiede che l’accertamento compiuto nel giudizio definito con sentenza irrevocabile abbia ad oggetto elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumono carattere “tendenzialmente permanente”, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante allorquando l’ accertamento relativo ai diversi anni di imposta si fonda su presupposti di fatto potenzialmente mutevoli (ex pluribus, , 30/09/2011, n. 20029; Cass 15/09/2017 n. 21395) . Nel caso in esame anche se l’accertamento giudiziale divenuto definitivo per l’anno 2007 ha accertato l’effettività delle spese per gli spazi pubblicitari nel settore delle gare automobilistiche, ciò non costituisce un presupposto “permanente” per il precedente anno d’imposta del 2006, essendo potenzialmente possibile che i costi di ritenuti effettivi per l’anno d’imposta 2007, siano invece stati fittizi per l’annualità d’imposta 2006.
5. Il ricorso per revocazione va, pertanto, dichiarato inammissibile.
6. Per il principio della soccombenza le spese di giudizio si pongono a carico della società ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in complessivi 3.800,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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