CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 settembre 2021, n. 25713
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso per revocazione
Rilevato che
1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione degli avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Caserta, aveva accertato sinteticamente, ai sensi dell’art. 38, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, nei confronti di I.V. per gli anni d’imposta 2007 e 2008 con riferimento all’acquisto, da parte della predetta contribuente, con atto pubblico stipulato in data 01/08/2011, del quaranta per cento della quota societaria posseduta dagli eredi di V.V., per un corrispettivo di 840.000,00 euro, che l’amministrazione finanziaria riteneva incremento patrimoniale intervenuto a partire dal periodo d’imposta 2007, nel decidere sul ricorso per cassazione proposto dalla ricorrente avverso la sfavorevole sentenza della CTR della Campania n. 5198/07/2014, depositata in data 26/05/2014 e notificata in data 21/10/2014, la Quinta sezione civile di questa Corte, con l’ordinanza in epigrafe indicata, discussione processuale tra le parti e la sua decisività (Cass. sentenza n. 19987/2017)», sostenendo che «nel caso in esame, la ricorrente non ha fornito tali indicazioni necessarie (la ricorrente deduce solo di aver prodotto la documentazione suddetta innanzi alla C.T.P.), né ha chiarito la decisività dei documenti, il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice di appello, e la loro idoneità, secondo una valutazione ex ante, a giustificare una diversa decisione; sotto altro profilo, l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti; invero, sulla circostanza del pagamento, nella sentenza di appello si afferma che gli assegni prodotti dalla contribuente, a giustificazione della spesa sostenuta nel 2011, non risultano negoziati e sono da intendersi come mera promessa di pagamento e, quindi, del tutto inidonei a provare che l’incremento patrimoniale, destinato, poi, all’acquisto delle azioni, sia avvenuto nell’anno 2011».
2. Avverso l’ordinanza di questa Corte la V. propone ricorso per revocazione affidato a due motivi, cui non replica l’intimata Agenzia delle entrate.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale la ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
1. Con un primo motivo di revocazione la ricorrente deduce l’errore di percezione in cui sarebbe incorsa la Corte, con riferimento alla questione dedotta con il secondo e terzo motivo di ricorso, in cui aveva lamentato che «la Commissione di appello ha assolutamente omesso di considerare il dato di fatto, risultante dalla dichiarazione ricognitiva del 23.10.2009, da cui emergerebbe che la prima parte del prezzo non è stata versata ai cedenti dalla Sig.ra I.V., ma anticipata dalla s.r.l. V.S. Autotrasporti, né fa alcun riferimento alla lettera del 04.08.2011, i cui avvisi di ricevimento ne confermano la data certa, da cui si ricaverebbe che prima dell’i agosto 2011 la ricorrente non aveva pagato il saldo del prezzo, corrispondente a 196.000,000 euro», ha affermato che la «ricorrente deduce solo di aver prodotto la documentazione suddetta innanzi alla C.T.P.». Affermazione, questa, in contrasto, secondo la ricorrente, con il contenuto del ricorso per cassazione in cui la stessa aveva elencato e descritto quattro documenti (ovvero: la dichiarazione ricognitiva del 23/10/2019; la coeva procura irrevocabile a vendere; la cessione delle quote sociali effettuata con atto in data 01/08/2011; la lettera raccomandata in data 04/08/2011) evidenziandone la decisività ai fini della decisione.
2. Con il secondo motivo di revocazione deduce che la Corte nell’ordinanza impugnata per revocazione, aveva erroneamente «negato l’esistenza dei documenti decisivi», indicati nel precedente punto, «per non aver percepito che il loro contenuto e la rispettiva localizzazione risultavano testualmente riprodotti e indicati, ed infine per aver negato che la ricorrente avesse illustrato, nel rispetto delle regole che presiedono il giudizio di legittimità, il perché detti documenti erano stati prodotti e cosa dimostrassero».
3. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi tra loro, sono manifestamente inammissibili.
4. Invero, è principio giurisprudenziale assolutamente condivisibile, quello secondo cui «In tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione per errore di fatto, nel caso in cui la declaratoria di inammissibilità, contenuta nella sentenza revocanda, si regga su due autonome “rationes decidendi “, una sola delle quali revocabile perché viziata da errore percettivo, la permanenza della seconda comporta il venir meno del requisito indispensabile della decisività dell’errore revocatorio, ossia dell’idoneità a travolgere la ragione giuridica sulla quale si regge la sentenza impugnata, che, ex art. 395 n. 4 c.p.c., è richiamato dall’art. 391-bis c.p.c. per la revocazione delle sentenze della Cassazione» (Cass., Sez. 1, sentenza n. 25871 del 31/10/2017, Rv. 646006 – 01).
5. Orbene, nella specie, la ricorrente ha censurato soltanto una delle ragioni della decisione di inammissibilità del secondo e terzo motivo di ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza della CTR, ovvero quella in cui questa Corte con l’ordinanza impugnata ha rilevato la violazione degli artt. 366, primo comma, n. 6), c.p.c. e 369, secondo comma, n. 4), c.p.c., omettendo però di censurare l’ulteriore ragione, rinvenibile nell’ordinanza in esame, di inammissibilità dei predetti motivi di ricorso per cassazione, avendo la Corte espressamente affermato che «sotto altro profilo, l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti; invero, sulla circostanza del pagamento, nella sentenza di appello si afferma che gli assegni prodotti dalla contribuente, a giustificazione della spesa sostenuta nel 2011, non risultano negoziati e sono da intendersi come mera promessa di pagamento e, quindi, del tutto inidonei a provare che l’incremento patrimoniale, destinato, poi, all’acquisto delle azioni, sia avvenuto nell’anno 2011».
6. La questione, peraltro oggetto di espressa menzione nella proposta del relatore, non ha formato oggetto di alcun rilievo da parte della ricorrente che si è limitata a presentare memoria sulla diversa questione, pure rinvenibile nella predetta proposta, della non essenzialità e decisività dell’errore revocatorio, il cui esame è, allo stato, del tutto superfluo.
7. In estrema sintesi, il ricorso va dichiarato inammissibile senza necessità di provvedere sulle spese in mancanza di costituzione dell’intimata.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 38120 depositata il 30 dicembre 2022 - Quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimità, si fonda su distinte ed autonome 'rationes decidendi', ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 14045 depositata il 22 maggio 2023 - L’impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione è ammessa nell’ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, errore che…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 19 ottobre 2018, n. 26460 - Il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio per cui quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimità, si fonda su distinte ed autonome "rationes decidendi"…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 6684 depositata il 6 marzo 2023 - In materia di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, l'errore di fatto di cui all'art. 395 n. 4, c.p.c. deve consistere in una disamina superficiale di dati di fatto che abbia…
- CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 35933 depositata il 7 dicembre 2022 - Il combinato disposto dell'art. 391 bis e dell'art. 395, n. 4, c.p.c. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l'errore di diritto, sostanziale o processuale, e…
- Corte di Cassazione sentenza n. 29145 depositata il 6 ottobre 2022 - La revocazione presuppone, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto, riconducibile all'art. 395, primo comma, 4, cod. proc. civ., che consista in un errore di percezione, o in una…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il verbale di conciliazione deve essere sottoscrit
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25796 depositata il 5 settembre…
- Processo tributario: la perizia estimativa e la co
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26798 depositata il 19 settembre…
- Il dipendente che effettua un furto di piccolo imp
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27353 depositata il 26 settembre…
- Sanzioni tributarie: prescrizione e decadenza in c
Le sanzioni tributarie sono soggette, in tema di prescrizione e decadenza, ad un…
- Interessi sul ritardato pagamento dei tributi: pre
La prescrizione degli interessi sul ritardato pagamento dei tributi costituiscon…