CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 29542 depositata il 24 ottobre 2023

Tributi – Costi afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti intrattenute con i fornitori – Recupero imposte dirette e indirette – Nullità dell’atto impositivo per omessa allegazione degli atti relativi ai fornitori – Indagini anagrafiche – Rigetto

Rilevato che

1. Il contribuente D.C.S., esercente l’attività di costruzione di edifici residenziali e non residenziali, ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta (…), notificato nel 2013, con il quale – a seguito di richiesta di documentazione – venivano recuperate imposte dirette e indirette per effetto del recupero a tassazione di costi per Euro 73.400,00, ritenuti costi afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti intrattenute con i fornitori E.C. S.r.l. e E.D. S.r.l. Il ricorrente ha dedotto, per quanto qui ancora rileva, difetto di motivazione dell’atto impositivo per omessa allegazione delle indagini relative ai fornitori della società contribuente, nonché – nel merito – l’effettiva esistenza delle operazioni sottostanti.

2. La CTP di Caserta ha accolto il ricorso.

4. La CTR della Campania, con sentenza in data 21 luglio 2015, ha rigettato l’appello dell’Ufficio e ha accolto l’appello incidentale del contribuente. Il giudice di appello ha valorizzato, in particolare, la documentazione di cantiere relativa alle norme di sicurezza, i verbali di collaudo, i pagamenti e la documentazione di trasporto. Il giudice di appello si è, poi, pronunciato su una specifica eccezione del contribuente appellato (come risultante dalla narrativa della sentenza impugnata) e ha ritenuto formatosi il giudicato interno circa la nullità dell’atto impositivo per omessa allegazione degli atti relativi ai fornitori. E’, poi, stato accolto l’appello incidentale del contribuente, ritenendo l’atto nullo per mancato contraddittorio endoprocedimentale benché l’atto impositivo non facesse seguito a un accesso nei locali dell’impresa.

5. Propone ricorso per cassazione l’Ufficio, affidato a cinque motivi.

Resiste con controricorso il contribuente. 

Considerato che

1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. c) e art. 41-bis nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto violato il contraddittorio endoprocedimentale, ritenendo insussistente un generale principio del contraddittorio nell’ordinamento interno.

2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia ed extrapetizione, per non essersi la sentenza impugnata pronunciata sul motivo di appello con il quale si lamentava che il contribuente non avesse addotto alcuna documentazione in relazione ai lavori compiuti dalla società E.D. S.r.l.

3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, nella parte in cui il giudice di appello si è limitato a richiamare la documentazione di parte contribuente senza uno specifico esame della stessa, ritenendo che la documentazione prodotta non fosse idonea a provare l’esistenza delle operazioni sottostanti. Ripropone, inoltre, l’eccezione di inidoneità della documentazione prodotta con specifico riferimento al contratto di subappalto prodotto da parte contribuente, su una visura camerale e sul verbale di fine lavori e collaudo.

4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 115 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha affermato che l’omissione della allegazione all’avviso degli atti relativi ai due fornitori era sufficiente per infirmare la validità dell’accertamento. Osserva parte ricorrente che il giudice di appello non avrebbe tenuto conto della circostanza relativa alla natura dei fornitori quali soggetti privi di organizzazione, circostanza che non sarebbe confutata dalla documentazione prodotta da parte contribuente.

5. Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 19 e 21 e degli art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., nella parte in cui il giudice di appello ha confermato nel merito l’annullamento dell’accertamento. Osserva parte ricorrente di avere dedotto sin dal primo grado di giudizio che le operazioni, per come fatturate, non potessero essere state oggettivamente poste in essere, deducendo che il contratto di subappalto non fosse ricollegabile a specifici lavori edili, avendo il contribuente l’onere di produrre documentazione relativa ai capitolati delle opere da eseguire.

6. Preliminarmente deve rilevarsi – come correttamente dedotto dal controricorrente (pag. 24 controricorso) – che la sentenza impugnata è fondata su una pluralità di rationes decidendi, una delle quali non risulta impugnata dall’odierno ricorrente. La sentenza impugnata, infatti, dà atto che il contribuente ha sin dal primo grado eccepito la nullità dell’atto impositivo per difetto di motivazione, essendo basato “su elementi non conosciuti”. In relazione a tale statuizione, il giudice di primo grado, come rileva la sentenza impugnata, ha accolto tale motivo di ricorso, ritenendo che non fossero stati prodotti né gli atti relativi alle indagini anagrafiche effettuate nei confronti delle imprese “cartiere”, né la corrispondenza intrattenuta tra la società contribuente e i suddetti fornitori. In relazione a tale statuizione del giudice di primo grado, il giudice di appello ha rilevato che l’appello dell’ufficio era infondato “anche in relazione alla mancata censura alla decisione dei primi giudici che l’omissione dell’allegazione all’avviso degli atti relativi ai due fornitori era già di per sé sufficiente”, così accogliendosi l’eccezione formulata dal contribuente in appello di formazione del giudicato interno sulla statuizione del giudice del primo grado di merito.

7. Tale statuizione del giudice di appello non è stata oggetto di censura ed è idonea a stabilizzare la decisione impugnata quale autonoma ratio decidendi (relativa alla nullità dell’atto impositivo per mancata allegazione degli atti presupposti) che, in quanto non oggetto di impugnazione, priva di interesse il ricorrente dall’esame del proprio ricorso, in quanto detto esame non risulterebbe idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione non oggetto di censura (Cass., Sez. III, 13 giugno 2018, n. 15399; Cass., Sez. VI, 18 aprile 2017, n. 9752). I motivi di ricorso sono, pertanto, inammissibili per difetto di interesse, così dichiarandosi assorbite le ulteriori eccezioni di parte controricorrente.

8. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo. 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.800,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, 10% rimborso forfetario e accessori di legge.