CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 3845 depositata il 12 febbraio 2024
Lavoro – Licenziamento – Illegittimità della revoca – Inefficacia – Ripristino rapporto – Pagamento retribuzioni maturate – Inammissibilità
Rilevato che
1. La Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato l’illegittimità della revoca del licenziamento oralmente intimato da G.S.& Co. S.r.l. a T.P. di cui ha poi accertato l’inefficacia e ha condannato la società a ripristinare il rapporto di lavoro con orario di venti ore settimanali ed a pagare alla lavoratrice le retribuzioni maturate dall’11.6.2020 alla effettiva riammissione in servizio avendo riguardo all’importo mensile di € 868,05 oltre interessi e rivalutazione monetaria.
1.1. Il giudice di appello, per quanto qui ancora interessa, ha ritenuto che – stante la pacifica intimazione del recesso in forma orale e la conseguente inefficacia dello stesso – la successiva revoca era priva di rilevanza e perciò era inapplicabile l’art. 18 comma 10 dello Statuto dei lavoratori.
1.2. Ha quindi ricordato che alla fattispecie del licenziamento orale non si applica il regime della decadenza previsto dall’art. 6 della legge n. 604 del 1966 ed ha osservato che non è immaginabile la revoca di un recesso totalmente inefficace.
Inoltre, ha evidenziato che non vi era prova dell’avvenuta comunicazione alla lavoratrice della revoca, inviata tramite PEC solo al suo difensore, e che comunque con tale provvedimento era previsto un ripristino del rapporto con un orario inferiore rispetto a quello accertato in giudizio con statuizione passata in giudicato (18 ore invece che 20).
2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la G.S. & Co s.r.l. affidato ad un unico motivo. T.P. ha resistito con tempestivo controricorso.
Ritenuto che
3. Con l’unico motivo di ricorso è denunciata la falsa applicazione dell’art. 18 commi 1, 2 e 10 della legge n. 300 del 1970 e si sostiene che la revoca di cui al comma 10 dell’art. 18 dello Statuto si applica anche al licenziamento inefficace perché oralmente intimato.
4. Il ricorso è inammissibile.
4.1. Qualora la sentenza impugnata si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione secondo l’iter logico-giuridico seguito sul punto in questione nella sentenza impugnata, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione, di taluna (o anche di una soltanto) di tali ragioni determina l’ inammissibilità, per difetto di interesse, anche del gravame proposto avverso le altre, in quanto l’eventuale accoglimento del ricorso non inciderebbe sulle ” rationes decidendi” non censurate (o sulla “ratio decidendi” non censurata), con la conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe pur sempre fondata su di esse. (cfr. Cass. 21/06/2017 n. 15360, Cass. s.u. n. 16602 del 2005 e n. 2273 del 2005).
4.2. Nella specie la sentenza impugnata trova fondamento in due distinte rationes decidendi: con una si sostiene che il licenziamento inefficace non potrebbe essere revocato. Ed è questo l’oggetto della censura formulata con il ricorso. Per altro verso, però, la Corte di merito afferma che, anche ammessa la revocabilità del recesso, comunque la ricorrente non aveva dato la prova dell’avvenuta comunicazione della revoca alla lavoratrice e si sottolinea che la stessa risultava comunicata solo alla pec dell’avvocato. Tale seconda ratio di per sé idonea a sorreggere l’accoglimento della domanda della lavoratrice non è stata specificatamente impugnata dalla società. Ne consegue che, seppure si dovesse ritenere che effettivamente anche il licenziamento orale è revocabile, tuttavia, resterebbe ferma l’inefficacia della revoca che si è accertato non essere stata mai effettivamente comunicata alla lavoratrice.
5. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in € 5.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.