CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 luglio 2021, n. 20636
Tributi – Riscossione – Cartella di pagamento ex art. 36-bis, del DPR n. 600 del 1973 – Controllo automatizzato della dichiarazione – Imposte dichiarate e non versate
Rilevato che
1. la società P. Srl, in liquidazione, propone ricorso, con sei motivi, illustrati con una memoria, nei confronti dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia Nord Spa, che resistono con distinti controricorsi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (“CTR”) del Veneto, sezione staccata di Verona, che, nel contraddittorio dell’ufficio e del concessionario della riscossione, ha rigettato l’appello della contribuente avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso della società contro la cartella di pagamento, emessa dall’Amministrazione finanziaria in seguito a controllo automatizzato ex art. 36-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973, che recuperava a tassazione, ai fini IRES, per il 2008, imposte dichiarate e non versate, oltre a sanzioni e interessi moratori;
2. la Commissione regionale, schematicamente, ha disatteso i motivi di appello della contribuente sulla base delle seguenti considerazioni: (i) quest’ultima era una società di comodo come attestato dal fatto che non aveva mai svolto, nel corso degli anni, l’attività per la quale era stata costituita nel 2001, e si era limitata a detenere, nel corso degli anni, un’area edificabile, ragion per cui, nel 2004, era stata acquistata da E. Srl, la quale avrebbe dovuto effettuare un “intervento edilizio” che invece non aveva mai fatto; (ii) il ruolo da cui era scaturita la cartella di pagamento era stato formato, in esito a un controllo automatizzato, in quanto la contribuente aveva presentato la dichiarazione, con l’indicazione del reddito minimo calcolato ex lege, ma non aveva poi provveduto a versare le imposte autoliquidate; (iii) erano inammissibili le istanze della contribuente di essere rimessa in termini per impugnare i dinieghi di interpello disapplicativo della disciplina delle società di comodo, relativi ai periodi d’imposta precedenti (annualità 2006 e 2007), posto che la società (che pure non lo aveva fatto) avrebbe potuto contestare, nel corso del processo, la pretesa tributaria; (iv) erano prive di pregio le eccezioni di omessa indicazione del responsabile del procedimento di emissione della cartella e del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo, in quanto questi ultimi (cioè A.B. e E.B. Licito), come già rilevato dal primo giudice, erano stati ritualmente menzionati; (v) era infondata l’eccezione di nullità e/o inesistenza della notifica a mezzo posta della cartella poiché, per costante giurisprudenza, è riconosciuta al concessionario la facoltà di notificare la cartella mediante raccomandata a.r.; (vi) diversamente da quanto eccepito dall’appellante, non è affetta da nullità la cartella priva di sottoscrizione; (vii) era destituita di fondamento anche l’eccezione di omessa indicazione, nella cartella, dell’organo giurisdizione avanti al quale impugnare l’atto sia perché tale aspetto risultava sufficientemente specificato nella cartella medesima, sia perché una simile omissione non è causa di nullità dell’atto; (viii) la cartella non era nulla per omessa esplicazione del criterio di calcolo degli interessi e dei compensi dell’agente della riscossione, essendo conforme al modello normativo e ministeriale; (ix) infine, la cartella era sufficientemente motivata, con l’indicazione di tutti gli elementi idonei a giustificare la pretesa e a consentire un’adeguata difesa;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso [«I. Nullità della sentenza di secondo grado: violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.; violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 153, comma secondo, c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c. Motivo opponibile all’Agenzia delle entrate»], si censura la sentenza impugnata che, pur riconoscendo che quella processuale era la sede in cui la contribuente avrebbe potuto contestare la fondatezza della pretesa impositiva, aveva poi omesso di statuire sul punto, e non aveva preso in considerazione l’argomento difensivo della società in base al quale il mancato esercizio dell’attività era stato causato dalla revoca delle necessarie autorizzazioni amministrative. Sotto altro profilo, si ascrive alla CTR di avere dichiarato inammissibile l’istanza di rimessione in termini per l’impugnazione del diniego dell’interpello disapplicativo per gli anni precedenti, con ciò privando l’interessata della possibilità di contestare la pretesa impositiva;
2. con il secondo motivo [«II. In subordine, illegittimità della sentenza di secondo grado per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 bis, d.p.r. 600/1973, nonché dell’art. 30, comma 4 bis, L. 724/1994, nella formulazione successiva alla novella di cui all’art. 1, commi 109 e 326, I. 296/2006, e, per quanto compete, alla novella di cui all’art. 1, comma 128, I. 244/2007, in combinato disposto con l’art. 37 bis, comma ottavo, d.p.r. 600/1973, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. per l’effetto, violazione del principio di capacità contributiva, ex art. 53 Cost. Motivo opponibile all’Agenzia delle entrate.»], la contribuente addebita alla CTR, per un verso, di non avere considerato che la mera compilazione, in dichiarazione, del prospetto relativo al test di operatività non può costituire titolo per la riscossione delle somme mediante lo strumento di cui all’art. 36-bis, d.P.R. n. 600 del 1973, giacché tale ipotesi non è sussumibile alla liquidazione automatica; per altro verso, di avere attribuito alla compilazione della dichiarazione dei redditi valore confessorio o natura negoziale, anziché quello di dichiarazione di scienza, senza porre mente alla giurisprudenza di legittimità secondo cui, in sede contenziosa, è consentito emendare la dichiarazione. Da una diversa angolazione giuridica – adducendo l’insussistenza del presupposto per l’applicazione della disciplina delle società di comodo, di cui all’art. 30, comma 4-bis, legge n. 724 del 1994 —, la contribuente censura la sentenza impugnata per essersi soffermata sulla circostanza, non controversa, che l’appellante era titolare di un’area edificabile, senza tuttavia vagliare le ragioni addotte dalla contribuente a dimostrazione dell’oggettiva impossibilità di esercitare la propria attività e di conseguire ricavi;
3. con il terzo motivo [«III. Illegittimità della sentenza di secondo grado per violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma secondo, d.p.r. 602/1973 e dell’art. 7, comma primo, L. 212/2000, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. Motivo opponibile all’Agenzia delle entrate o, in subordine, ad Equitalia Nord Spa»], la contribuente si duole della nullità della cartella per carenza di motivazione, per erronea indicazione dell’autorità avanti alla quale impugnare l’atto e della controparte processuale, nonché a causa della mancata esplicazione del fondamento giuridico e del calcolo degli interessi e dei compensi della riscossione;
4. con il quarto motivo [«IV. Illegittimità della sentenza di secondo grado per violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma secondo, L. 212/2000, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. Motivo opponibile all’Agenzia delle entrate o, in subordine, ad Equitalia Nord Spa»], la contribuente reitera le eccezioni di nullità della cartella per apparente indicazione del responsabile del procedimento di emissione e di notificazione e del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo poiché l’indicazione dei detti responsabili, nella cartella impugnata, essendo comune a ogni cartella di pagamento emessa per le province di Verona, Vicenza, Padova e Pavia, rappresentava una mera clausola di stile;
5. con il quinto motivo [«V. Illegittimità della sentenza di secondo grado per violazione e falsa applicazione dell’art. 26, comma primo, d.p.r. 602/1973, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. Motivo opponibile ad Equitalia Nord Spa»], la contribuente reitera l’eccezione, sollevata nei gradi di merito, secondo cui il concessionario della riscossione non è legittimato a notificare la cartella di pagamento direttamente a mezzo posta;
6. con il sesto motivo [«VI. Illegittimità della sentenza di secondo grado per violazione e falsa applicazione dell’art. 25, d.p.r. 602/1973, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. Motivo opponibile ad Equitalia Nord Spa»], la contribuente censura la sentenza impugnata per avere disatteso l’eccezione di omessa sottoscrizione della cartella muovendo dall’erroneo presupposto giuridico che la firma a stampa dell’atto era idonea a sostituire la firma autografa;
7. il primo motivo, nella sua complessa formulazione, è infondato;
contrariamente a quanto prospetta la contribuente, la CTR si è pronunciata su tutti i motivi di appello: innanzitutto, ha dichiarato (vedi la decima pagina della sentenza) “proceduralmente” inammissibile le istanze di rimessione in termini per l’impugnazione dei dinieghi d’interpello disapplicativo per gli anni 2006 e 2007. Dopodiché, affrontando il merito della controversia, con un accertamento di fatto, non attinto da specifica censura, la Commissione regionale è pervenuta alla conclusione che la contribuente era una società di comodo, soggetta alle regole impositive dettate per tale tipologia di ente. In particolare, ad avviso della CTR (ibidem), la contribuente, gravata del relativo onere probatorio, non aveva fornito alcuna prova; comunque, prosegue la sentenza, «dalla stessa prospettazione formulata dalla società appellante emerge che la stessa non ha mai esercitato nel corso degli anni l’attività di commercio per la quale è stata costituita ancora nel 2001 limitandosi a detenere un’area edificabile, motivo che aveva successivamente determinato nel 2004 l’acquisizione del capitale sociale da parte di un’altra società, la E. s.r.l., che avrebbe dovuto effettuare un intervento edilizio mai realizzato. La società, quindi, non può che essere considerata di comodo»;
8. il secondo motivo, nella sua complessa formulazione, è inammissibili;
la ricorrente, in realtà, si duole dell’erronea decisione della CTR che, come sopra accennato (vedi p. 7), ha stabilito che la contribuente era una società di comodo. Un simile rilievo critico, però, travalica il limite del vizio della violazione di legge ed è diretto, in modo non consentito, a sollecitare questa Corte, cui spetta esclusivamente il controllo della legalità e della logicità della decisione (Cass. 24/11/2016, n. 24012, cui danno continuità Cass. nn. 8867/2019, 12533/2021), a compiere un apprezzamento di profili fattuali già esaminati e fatti propri dalla CTR, con argomentazioni non censurabili in questa sede processuale;
9. il terzo motivo, nella sua complessa formulazione, è in parte infondato e in parte inammissibile; la CTR, senza che la sua statuizione fosse oggetto di specifica contestazione, ha stabilito che la cartella era sufficientemente motivata in quanto conteneva gli elementi essenziali della pretesa erariale. Sotto altro profilo, è esente da censure il passo della decisione impugnata secondo cui la cartella era conforme al dettato dell’art. 7, comma 2, legge n. 212 del 2000, perché indicava sia l’autorità giudiziaria avanti alla quale era possibile impugnare l’atto (segnatamente la Commissione tributaria provinciale territorialmente competente), sia la direzione/ufficio a cui notificare il ricorso (l’ufficio che ha emesso il ruolo), nello specifico la direzione provinciale di Verona, cui apparteneva l’ufficio territoriale di Legnano che, appunto, aveva emesso in ruolo. Inammissibili invece sono le altre due doglianze, in punto di calcolo degli interessi moratori e dell’aggio spettante al concessionario, a causa della genericità delle censure, neppure traguardate attraverso l’indefettibile paradigma normativo del quale si assume la violazione, ferma la constatazione che la CTR ha stabilito che la cartella era del tutto conforme al modello normativo e ministeriale rispetto alla quantificazione degli interessi moratori e in relazione al “compenso di riscossione” spettante all’agente;
10. il quarto motivo è infondato;
la CTR, alla stregua di un accertamento di fatto, insuscettibile di emenda nel giudizio di legittimità, ha statuito che la cartella recava i nomi del responsabile del procedimento di emissione e notificazione dell’atto e di quello del procedimento di iscrizione a ruolo;
11. il quinto motivo è infondato;
il dictum della Commissione regionale è conforme all’orientamento sezionale, cui va data continuità, in virtù del quale, in tema di riscossione delle imposte è consentito che la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento (Cass. 12/11/2018, n. 28872, consolidata ex aliis da Cass. n. 10037/2019, che ha chiarito che, in tale ipotesi, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n. 890 del 1982);
12. il sesto motivo è infondato;
la decisione di appello è in linea con la giurisprudenza di questa Corte (ex multis Cass. 04/12/2019, n. 31605), secondo cui «In tema di riscossione delle imposte sul reddito, l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che, a norma dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo l’apposito modello approvato con d.m., che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice.»;
13. in conclusione, il ricorso va rigettato;
14. le spese del giudizio di cassazione sono regolate in dispositivo;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida a favore di AGENZIA DELLE ENTRATE in euro 4.100,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito, a favore di EQUITALIA NORD SPA, in euro 4.100,00, a titolo di compenso, in euro 200,00, a titolo di esborsi, oltre al 15% sul compenso, a titolo di rimborso forfetario delle spese generali, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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